Parafrasi di Petrarca

Sonetti

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  1. zlatan90
     
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    Ecco a te:
    LA VITA FUGGE E NON S’ARRESTA UN’ORA
    Parafrasi:
    La vita fugge e non si arresta un attimo e la morte viene dietro a grandi tappe, mi tormentano i ricordi della vita passata, le circostanze di quella presente, le previsioni di quella futura; e il ricordar e l’aspettar mi angosciano sia che mi rivolga al passato che all’avvenire, così che in verità, io mi sarei già liberato di questi affanni, se non avessi pietà della mia anima. Cerco di ricordarmi se il mio triste cuore ebbe mai alcuna gioia; e per quanto riguarda il futuro, vedo gli affanni che mi attendono; vedo tempesta anche in porto: pesino la morte, che avrebbe dovuto essere il mio porto di tranquillità, mi si preannuncia agitata, e stanco ormai il mio spirito, vedo rotti gli alberi e le funi della mia nave e vedo spenti per sempre i begli occhi di Laura che solevo contemplare.
    Analisi del testo:
    Questo drammatico sonetto, tutto percorso da un ritmo rotto ed agitato, nasce nell’animo del Petrarca in un’ora di grave turbamento, di pesante e cupo sconforto. Laura è morta: egli avverte con sgomento la fugacità della vita, sente dietro di se il passo affrettato della morte, e non sa riconoscere alcun motivo di conforto nei ricordi del passato, non intravede alcuna luce di speranza nell’avvenire. Tutto intorno a lui è rovina e tempesta. L’ultimo verso, infatti, addensa una tragica oscurità, poiché dimostra un naufragio esistenziale. Il tema non è un tema nuovo, è ancora la fugacità del tempo, ma torna con un’insistenza maggiore e lo fa come una prospettiva differente da quella precedente nei sonetti “In vita di Madonna Laura”; in questo sonetto vuole essere il compimento della storia spirituale raccolta nel Canzoniere. Inoltre, il tema riprende il motivo della vanità del tutto che è già annunciato nel sonetto premiale (“Quanto piace al mondo è breve sogno”). Il sonetto è diviso in due quartine e in due terzine secondo lo schema ritmico ABBA ABBA CDE CDE. Nella prima quartina, dal primo verso, si annuncia l’inesorabilità del tempo che Petrarca vede come una cosa materiale, come se fosse un nemico che gli fiata sul collo, infatti, la morte si presenta nell’immaginazione del poeta come un pauroso fantasma. Dal punto di vista stilistico-linguistico la fugacità del tempo è resa mediante la struttura sintattica del polisindeto che domina tutto il discorso poetico conferendogli un andamento incalzante, quasi affannoso. Infatti, l’incalzarsi delle preposizioni, sottolineato dal ripetersi della congiunzione e, determina un ritmo assai stentato e faticoso. Anche l’utilizzo di apostrofi e forme elise e tronche dà l’idea di questa lacerazione interiore, in quanto presentano un ritmo spezzato, sincopato. Gli altri strumenti con cui Petrarca riesce a descrivere questo suo tormento interiore sono l’affollarsi di verbi di movimento, che dimostrano, appunto, affanno (“fugge”, “vien”, “tornami”) e le forti apposizioni binarie (antitesi). In questo sonetto, inoltre, sono presenti due metafore di notevole importanza, poiché anche queste descrivono lo sconvolto paesaggio dell’animo del poeta. All’inizio del sonetto vi sono le metafore che riguardano la guerra (“a gran giornate”, “mi danno guerra”), le quali, entrambe, descrivono l’angoscia dei piani temporali del presen6te e del passato, che ormai non sono più capaci di dare una qualche consolazione al poeta. Mentre, alla fine, vi sono le metafore del navigare e del porto. Tramite la prima di queste il poeta afferma che la sua vita futura gli appare come una navigazione in un mare in tempesta. Invece, la metafora del porto, contrariamente a quanto ci si possa aspettare non rappresenta tanto la salvezza dalla tempesta, quanto il tramonto della vita, che è, per definizione, la morte, nella quale si dovrebbe trovare sollievo. In realtà, Petrarca raffigura anche il porto in tempesta (“fortuna”), da qui si deduce la sua visione tormentata della morte.

     
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10 replies since 14/2/2008, 17:03   24628 views
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