Ps3 - Qui tutte le news relative all'hardware e ai videogames

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  1. DarkSonicNapoli
     
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    jonny complimenti hai fatto davvero un bello e grande lavoro bravo!!!!!
     
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    ha fatto sempre grandi lavori
     
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    PSM americano, nel suo ultimo numero, ha pubblicato nuove informazioni (molte ottenute dagli sviluppatori) riguardanti PlayStation 3 e i giochi che verranno.

    - Uno sviluppatore ha dichiarato che lo sviluppo dei giochi è più facile su PS3 che su XBOX 360.

    - Sony ha già accettato richieste per il kit di sviluppo finale di PS3, che sarà inviato agli sviluppatori in Dicembre.

    - I titoli multy (PS3, XBOX 360) appariranno alquanto simili tra le varie versioni. Spiccheranno solo i titoli programmati esclusivamente per una console.

    - Ovunque PS3 potrebbe essere disponibile prima dell' Estate 2006.

    - Il servizio online di PS3 dovrebbe essere simile a XBOX Live, una vera "Online Community" con tanto di liste di amici ecc.

    - Al prossimo TGS Sony non presenterà in maniera completa la PS3, ma è intenzionata a farlo al CES di Gennaio a Las Vegas.

    - All' uscita prevista per Marzo, PS3 potrebbe contare su pochi titoli First-Party e su alcuni giochi EA. Probabilmente però arriveranno titoli ancora segreti.

    - Lo sviluppatore di Madden, Triburon, ha il kit di sviluppo PS3 da più tempo di qualsiasi sviluppatore americano. RockStar North possiede il kit di sviluppo da Agosto.

    - RockStar North utilizzerà un engine grafico completamente nuovo per Grand Theft Auto 4, che utilizza contemporaneamente l'alto trasferimento dati di CELL CPU e RSX GPU e il Blu-Ray per trasferire fluidamente dati del gioco. In GTA4 la città sarà realistica come nella realtà, e lo stesso accadrà per i modelli poligonali.

    - PSM, attraverso proprie fonti, descrive Metal Gear Solid 4 come un incrocio tra Rambo e Black Hawk Down. Stavolta Snake è catapultato in un teatro di guerra, dove proiettili volano ovunque intorno a lui, e compagni controllati dal computer combattono al suo fianco. Inoltre è presente una rinnovata telecamera 3D.

    PSM ha pubblicato inoltre una lista dei titoli in sviluppo, molti dei quali già confermati:

    Activision
    Spider-Man 3

    Bandai
    Mobile Suit Gundam

    EA
    Need For Speed Underground 3
    Madden NFL 2007
    Medal of Honor
    NBA Live 2007
    Fight Night Round 3
    Def Jam 3
    Tiger Woods PGA Tour 2007
    New SSX
    New Burnout

    Majesco
    The Darkness

    Buena Vista Interactive
    Pirates of the Caribbean: Dead Man's Chest

    Capcom
    Ritorno di una famosa serie di Picchiaduro (Super Street Fighter?)
    New Ghouls N' Ghosts
    Devil May Cry 4
    Resident Evil 5

    Rockstar
    GTA 4
    Western-Action (probabilmente Red Dead Revolver 2)

    Sony
    Nuovo Titolo dal Team di ICO
    Genji 2
    Warhawk
    I-8
    The Getaway 3
    Killzone 3
    Gran Turismo 5
    New Hot Shots Golf
    MotorStorm
    Eyedentify
    Heavenly Sword
    Formula One 2007
    New Wipeout

    Sony Online Entertainment
    Marvel Comics MMORPG
    New Fantasy MMORPG

    Namco
    Tekken 6
    Ridge Racer 6

    Eidos
    Tomb Raider Next-Gen

    LucasArts
    Star Wars: Clone Wars
    Indiana Jones (in uscita con il nuovo film)

    Konami
    Metal Gear Solid 4
    New Suikoden
    New Castlevania

    Midway
    Unreal Tournament 2007
    Mortal Kombat
    Stranglehold

    Atari
    Test Drive Unlimited

    THQ
    New WWE Project

    Sega
    Fifth Phantom Saga
    Sonic The Hedgehog
    Condemned: Criminal Origans

    Tecmo
    Project Zero 4

    Ubisoft
    Prince of Persia 4
    Killing Day

    Koei
    Ni-oh

    Altri giochi in lavorazione: Dark Sector, Dirty Harry, Battle Angel Alita, Project Avalon, Endless Saga, Lair, Possession, Death Jr., Metronome, Psychopath, Final Fantasy XIII e Alan Wake.

    Fonte: Spaziogames.it
     
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  4. Homer123
     
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    :o: Beeello!
     
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    Ci sono alcuni titolo fantastici!
     
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  6. Homer123
     
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    [16/11/2006]
    Sorpresa, sorpresa: PlayStation 3 sarà ben più personalizzabile di Xbox 360.


    A volte le cose accadono per caso: succede che ti pare di aver notato un'imperfezione nel "cofano" frontale di PlayStation 3 e provi a indagare. Il risultato? Che il suddetto cofano ti rimane in mano, o meglio, solamente la placca con la scritta PlayStation 3. Non è la nostra PS3 a essere difettata, la scocca della console Sony è palesemente pensata per poter far scivolare a incastro tutta la maschera frontale. E' sufficiente spingere delicatamente con le dita la placca di plastica verso il basso. In questo modo la console si rende disponibile a ulteriori personalizzazioni che di sicuro non mancheranno, proprio come succede con Xbox 360.
    Alleghiamo qualche foto realizzata proprio sulle nostre scrivanie pochi minuti fa, appena ci siamo accorti della faccenda
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    Fonte: gamesradar.it
     
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  8. aragorn87
     
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    Straordinario...la play 3 sarà la migliore...e poi che games fantastici...
    soprattutto ho visto delle immagini di final fantasy 13 su PSM...da paura!
    Poi finalmente tornerà need for speed UNDERGROUND...e vai di gran tuning...che con gli ultimi 2 titoli è stato preso sottobraccio...e poi gran turismo....BASTA...già mi viene l'acquolina in bocca ma dovrò aspettare una bella scesa del prezzo...sob :(
     
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  9. jonny100000
     
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    Time Crisis 4

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    Sistemi: PS3
    Genere:Sparatutto
    Sviluppatore: Namco Bandai Games
    Supporto:Blu Ray
    Età consigliata:ND.
    Lingua:ND.
    Giocatori: 1-2
    Supporto online:ND.
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:ND.
    Res. video:720p

    Il "Costoso accessorio" diventa "Essenziale Add-On"

    Quando Time Crisis venne lanciato nel mercato arcade, ormai dieci anni fa, portò una ventata di freschezza indescrivibile nel ramo degli shooter con Light Gun: l'introduzione dell'elemento “tempo” e dell'ormai celeberrima pedana, da premere con il piede per nascondersi dietro ad un riparo ed evitare quindi il fuoco nemico, decretarono la sua rapida ascesa nelle classifiche di gradimento mondiali. Il conseguimento del trono di miglior shooter, conteso negli anni da saghe storiche come House of the Dead eVirtua Cop, fu un passo compiuto con una rapidità mai vista precedentemente nel mondo del videogame.
    Erano gli anni in cui la prima Playstation sbarcava in Europa forte del vasto supporto di Namco, che con i suoi Ridge Racer, Starblade Alpha e Tekken, aveva fatto lievitare a dismisura le vendite della neonata piattaforma da gioco Sony. A pochi mesi di distanza la software house di Kazuya Mishima presentava una versione per home console di Time Crisis, che sarebbe stato distribuito insieme ad una Light Gun appositamente disegnata: la Guncon. Per la prima volta il mercato del videogioco casalingo “metabolizzava” una periferica di gioco supplementare: certo, di light gun negli anni ce ne sono state molte, come la Zapper del NES o il Super Scope del Super Nintendo, ma tutte hanno ricevuto un supporto modesto da parte delle software house ed hanno vissuto un'esistenza all'ombra del Joypad... I tempi da allora sono rapidamente mutati e le majors del business videoludico si sono orientate sempre di più verso periferiche alternative all'ormai completo ma complesso pad: tappetini, tamburi, chitarre, telecomandi e sensori di movimento abbondano sugli scaffali dei negozi per la gioia di coloro che proprio col Joypad non riescono a rapportarsi e degli sviluppatori, che intravedono, nei nuovi controller, infinite possibilità di evoluzione del videogame...
    Il momento di incontro più importante dell'anno (o almeno così era fino al 2006...) l'E3 di Los Angeles, ha confermato questa tendenza all'introduzione di nuovi dispositivi da gioco; il clamore che ha provocato Wii Balance Board di Nintendo ha fatto passare quasi inosservata un nuovo controller che, a nostro avviso, potrebbe offrire parecchi spunti di riflessione a qualsiasi sviluppatore operante sulla promettente Playstation 3.
    Il nome del controller è GunCon 3, e sarà venduta in abbinamento a Time Crisis 4.

    Time Crisis 4

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    Il quarto capitolo della saga Time Crisis è approdato nelle sale giochi nipponiche durante i primi mesi dello scorso anno ed è un gioco ormai visivamente datato, basato su una scheda denominata “Super System 256” derivata dall'hardware di Playstation 2. A dispetto del comparto tecnologico il nuovo shooter Namco introduce delle novità nel gameplay piuttosto intriganti, nononstante lo spirito della serie rimanga immutato. I giocatori impersonano due agenti della VSSE, Giorgio Bruno ed Evan Bernard, incaricati di indagare su un misterioso mercato nero di armamenti individuato lungo la costa californiana. Aiutati dal Capitano dell'esercito statunitense William Rush i due scopriranno presto una vastissima organizzazione che crea armi e le rivende ai ricchi offerenti, nonchè il loro prodotto più importante: i Terror Bites, insetti geneticamente modificati estremamente aggressivi e letali. Ai vertici di questa nuova minaccia, come sempre, c'è Wild Dog, l'acerrimo nemico della VSSE sempre più armato e inenzionato ad eliminare qualsiasi ostacolo ai suoi piani.
    Una delle novità più importanti introdotte nel gameplay di Time Crisis 4 è sicuramente il multi screen/multi hiding System: durante certe (molte) fasi del gioco sarà chiesto al giocatore di effettuare un fuoco di copertura “a 360°”, eliminando quindi non solo i nemici dritti davanti a noi ma anche quelli che arrivano dal fianco o da dietro. In queste particolari situazioni sarà possibile ruotare di 90° la telecamera semplicemente indicando con la Guncon la direzione verso cui si vuole combattere. Alcune frecce posizionate sullo schermo indicano, con il loro colore, la vicinanza del nemico al giocatore e quindi la necessità di intervento difensivo. In realtà questa feature è nuova solo al mercato arcade ma ha natali da ricercarsi nello spin off “Time Crisis – Project Titan” uscito al termine della carriera di Playstation 1. In quell'occasione però la rotazione veniva attivata colpendo due frecce poste sui lati dello schermo e dava origine a più di qualche incomprensione tra il gioco ed il giocatore... In Time Crisis 4 il multi hiding system funziona egregiamente e regala sessioni sparatutto davvero esaltanti.
    A corredo di questa feature è stato implementato un nuovo sistema di armamento, che consente ai due agenti speciali di usufruire di quattro differenti bocche da fuoco, ciascuna delle quali trova un utilizzo peculiare contro alcune tipologie di nemici: dovete fermare l'avanzata di uno sciame di insetti velenosi? Lo shotgun è quel che fa per voi. Il nemico è corazzato? Un colpo di lanciagranate ed il gioco è fatto. Naturalmente i colpi non sono illimitati e vanno recuperati dai corpi dei guerrieri sconfitti, ma la scelta dell'arma dona a Time Crisis 4 una nuova vena leggermente strategica.
    Il lunghissimo story mode contiene una grande quantità di ambientazioni e situazioni di combattimento peculiari, molte delle quali vanno affrontate a bordo di mezzi di trasporto quali autovetture o anche elicotteri. Scontri urbani, battaglie sotterranee (in cui l'oscurità è diradata solo localmente dalla luce della nostra torcia) o feroci dogfight si susseguono con ritmo molto superiore a quello dei primi capitoli della saga, ed è spezzato soltanto dai filmati di intermezzo (tutti in Computer Grafica) e da alcune fasi bonus in cui, per esempio, eliminare entro il tempo limite un certo quantitativo di Terror Bites.
    La versione per Playstation 3 di Time Crisis 4 gioverà solo parzialmente del nuovo e potente hardware Sony: non vi sarà un aumento del dettaglio poligonale nei modelli dei personaggi, nè una revisione delle ambientazioni o una maggiore cura per l'illuminazione. L'unico evidente “enhancement” del comparto video riguarderà la risoluzione video, che raggiungerà lo standard 720p. Si potrebbe dire insomma che Time Crisis 4 sia un “porting” alla stregua di quel Tekken Dark Resurrection venduto a 10€ nel Playstation Store ma così non è, e buona parte del motivo di tale differenza alberga all'interno della nuova Guncon....

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    Guncon 3

    Guncon 3 è un oggetto piuttosto originale sia dal punto di vista estetico che da quello ergonomico e funzionale: innanzi tutto è progettata per interagire con qualsiasi schermo, sia esso un CRT di primissima generazione o un videoproiettore. Il segreto di tale funzionamento è piuttosto “Pulcinelliano”: Guncon 3 si avvarrà di due sensori ad infrarossi da piazzare ai fianchi dello schermo, un po' come la sensor bar che lavora in simbiosi con il Wiimote di Wii. Il “plus” che ne deriva ai fini della possibilità di usare la pistola con qualsiasi schermo è, tra i tanti, il meno importante: i nuovi sensori permettono di rilevare con più precisione il punto dove si sta mirando ma anche gli spostamenti fisici della pistola. Una leggera rotazione sul fianco della Guncon può significare la volontà del giocatore di sporgersi leggermente dal proprio riparo, così come un rapido movimento diagonale potrebbe essere interpretato come un colpo alla testa con il calcio dell'arma. Stesso dicasi per i movimenti “in profondità”, che vengono rilevati e possono essere letti come movimenti del giocatore.
    Guncon 3 offre molto di più di una comune Light Gun e lo si capisce dalla prima occhiata alla versione “mock up” presentata in fiera a Los Angeles: una seconda impugnatura, del tutto simile ad un “mezzo sixaxis”, con tanto di stick analogico e due tasti dorsali, è sistemata sul fianco sinistro della bocca da fuoco (poveri mancini...). Un secondo stick è sistemato in corrispondenza del “cane” della pistola e sotto di lui sono ospitati altri due tasti; due ulteriori bottoni sono presenti sul fianco dell'arma. Ah, non dimenticate che la Guncon 3 ha anche un grilletto...
    Insomma Guncon 3 somiglia sempre di più ad un joypad e tale idea non ci dispiace affatto; il messaggio lanciato da Namco è abbastanza evidente, questa erede delle Light Gun ha tutte le carte in regola per essere utilizzata con grande successo nell'ambito dei First Person Shooter. Spostamenti affidati allo stick analogico sinistro, rotazione della visuale mediante stick destro e puntamento con pistola, una strada già intrapresa qualche shooter per Wii ma che probabilmente potrebbe trovare pari (se non superiori) applicazioni tramite Guncon 3. Le piattaforme da gioco Next Generation potrebbero rivelarsi l'ambiente ideale per questo genere di esperimenti: i giochi del Playstation Network e di Xbox Live (nonostante per ora Time Crisis 4 sia un'esclusiva Playstation 3), con i loro costi accessibili ed accattivanti, consentono un supporto più che ottimale a questo genere di periferiche e nel contempo una sperimentazione sulla loro implementazione nei gameplay di vecchia data. Inoltre il download di aggiornamenti, in caso di utilizzo fruttuoso, consentirebbe a certi giochi del passato di guadagnare nuova linfa vitale ( l'idea di una partita a Resistance – Fall of Men, giocata con Guncon 3 è piuttosto allettante...)

    Provocante Namco

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    Per enfatizzare il nuovo controller sarà inserita in Time Crisis 4 la “Modalità Guncon”, un gioco a sè stante capace di sfruttare tutte le feature del controller. Si tratta a tutti gli effetti di un First Person Shooter ambientato nell'universo di Time Crisis, con massima libertà di azione ed ambientazioni piuttosto complesse in cui combattere gli avversari. Poche sono le informazioni finora emerse a proposito di questo corposo extra e di tutte le altre modalità comprese in Time Crisis 4; si sa che nel “Guncon Mode” saranno disponibili molte più armi che nella modalità Arcade e che tra loro vi saranno coltelli e bombe a mano (saranno attivate da un semplice click o da un preciso movimento eseguito con la pistola? Dai filmati si direbbe la seconda ipotesi...). Oltre a queste due modalità di gioco saranno presenti le “Crisis Missions”, di cui però non è dato sapere altro se non il nome, ed una nutrita serie di minigiochi, molti dei quali da affrontare in multiplayer.

    COMMENTO FINALE

    Il ruolo dei controller alternativi è drasticamente cambiato negli ultimi anni e Namco potrebbe trarne grande vantaggio: Guncon 3 sulla carta ha i numeri per diventare un eccellente alternativa ai joypad ed alla loro parziale implementazione negli FPS.
    Dal canto suo Time Crisis 4 si rivela un titolo ideale per il lancio di questo controller: i patiti del genere avranno la possibilità di giocare ad un sequel davvero ben fatto, ricco di novità, frenetico ed avvincente; una volta esaurito l'interesse per il “prodotto principale” rimarrà quello “sperimentale” in cui saggiare le potenzialità della nuova pistola. La “frettolosa” conversione dell'arcade potrebbe avere un certo peso nel giudizio finale del gioco, ma potrebbe anche avere ripercussioni positive sul prezzo del bundle “gioco+console”

    Wipeout HD

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    Sistemi: PS3
    Genere:Racing Game
    Sviluppatore:Studio Liverpool
    Supporto:PSN Download
    Età consigliata:PEGI 3+
    Lingua:ND.
    Giocatori:Multiplayer e Online
    Supporto online:ND.
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:DTS
    Res. video:1080p
    Distribuito da: Sony
    Evento: E3 2007

    Cardiodrome

    Gli ultimi spiragli nella cortina di omertà levatasi a nascondere i contenuti della Press Conference Sony di Santa Monica, durante la scorsa settimana, avevano lasciato trapelare un rumor secondo cui un nuovo episodio della serie Wipeout stava per approdare su Playstation 3; la notizia ha avuto un seguito di conferme più o meno ufficiali ed a poche ore dall'inizio dell'evento sono emerse ulteriori informazioni riguardanti questo nuovo episodio della storica saga esclusiva delle macchine da gioco Sony...
    Il nome del prodotto in questione sarà Wipeout HD e non si tratterà del seguito di quel Wipeout Fusion che tanta amarezza ha lasciato nei ricordi degli utenti di Playstation 2; il nuovo gioco di Studio Liverpool sarà a tutti gli effetti un remake in alta definizione del capostipite della serie, uno dei titoli presenti al lancio europeo di Playstation 1 negli ultimi mesi del 1996. Inoltre Wipeout HD sarà destinato alla distribuzione digitale e quindi acquistabile soltanto dal Playstation Network.
    Una specie di Tekken Dark Resurrection quindi? Un gioco del passato ripulito nel comparto video e rivenduto ad un prezzo comunque conveniente? Assolutamente no...

    DOH-T

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    Wipeout HD è stato mostrato durante la Press Conefence e le successive giornate di manifestazione in forma di filmato; successivamente è stato diffuso un secondo video composto però da sequenze di gioco prese direttamente dal cockpit di uno dei velivoli in gara. Le informazioni che ne sono emerse sono parecchie e tutte offrono un quadro più che positivo di quel che sarà il prodotto finale.
    Wipeout, il primo storico episodio (programmato dagli ormai divisi “Psygnosis”) poteva contare su un numero piuttosto limitato di tracciati su cui competere (Soltanto sette di cui uno da sbloccare), poche modalità di gioco ed un sistema di collisioni ancor primitivo (ogni contatto con il bordo pista provocava l'arresto immediato della nostra navicella). I successivi episodi hanno portato ad una naturale evoluzione del gameplay, con conseguente miglioramento delle collisioni, del sistema di controllo, del parco velivoli e circuiti e l'esperienza maturata verrà riversata direttamente in quest'ultimo capitolo Full HD di Wipeout.
    Da subito appare evidente che le armi utilizzate durante la gara non sono le "originali" e derivano dal più recente Wipeout Pure: più di una volta è possibile osservare la traiettoria avvitata del missile tracciante che ha esordito proprio in questo episodio esclusivo per PSP ed altrettanto spesso dalle aeromobili si sprigiona il classico bagliore dell' “assorbimento”, una feature introdotta di recente che consente di trasformare la potenza dell'arma in nostro possesso in energia per lo scudo, compensando così la rimozione delle “Pit Lane” dal tracciato. Altrettanto sostanzioso si può considerare l'aggiornamento dei controlli e della “fisica”, ora meno ruvida e, soprattutto, influenzata dalla gravità: affrontando le curve paraboliche il velivolo tende a slittare verso il fondo del tragitto proprio perchè attratto dalla gravità.
    Conseguentemente a quest'ultima affermazione nasce spontaneo un dubbio: una delle inquadrature iniziali del filmato ufficiale mostra una pista la cui pavimentazione è “verticale” e quindi impossibile da affrontare in condizioni normali di gara. Che i programmatori di Studio Liverpool abbiano deciso di inserire la “Mag Strip” anche in Wipeout HD? Per coloro che non seguono le tumultuose vicende dell'handheld Sony è d'obbligo a questo punto una spiegazione: tra le novità più interessanti di “Wipeout Pulse”, il prossimo capitolo portatile della saga in uscita a settembre in tutto il mondo, ci sono appunto le Mag Strips, ovvero zone del tracciato “magnetiche” da cui il velivolo non si può staccare e per questo può procedere anche a testa in giù.
    Gli episodi portatili di Wipeout sono fonte di ispirazione anche per quanto riguarda i controlli ed i “trick” eseguibili con le molte aeromobili: prima fra tutti si segnala la presenza del “Barrel Roll”, una manovra che, se eseguita correttamente, mette in avvitamento il nostro velivolo e gli fa guadagnare notevole velocità (a scapito dell'energia dello scudo). Inoltre sarà possibile effetturare il cosiddetto “Side Step”, che fa letteralmente traslare le nostre AG.
    Molto probabilmente in Wipeout HD non saranno presenti soltanto tutti i maggiori team ma anche i circuiti più famosi ammirati nella lega Anti Gravity Racing League attraverso i cinque episodi finora commercializzati. E' ormai sicuro che saranno ripresi i tracciati storici del primo e del secondo episodio ma è anche vero che nel filmato appaiono nomi come Anulpha Pass e Chengou, location su cui si snodano alcuni dei più tortuosi circuiti di Wipeout Pure. I quattro team in gara nel capostipite della saga saranno affiancati dagli agguerritissimi Piranha, Harimaru, Assagi ed il design dei velivoli sarà anch'esso aggiornato alle versioni appartenenti all'ultimo campionato, decisamente più complesse ed accattivanti.

    Afro Ride

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    Wipeout comprenderà sicuramente sia una modalità single player che un gioco online per sedici partecipanti, una delle novità più gradite agli appassionati della saga. Non è ancora dato sapere quali saranno le tipologie di sfida, se saranno implementate, se vi saranno gare ad eliminazione, senza armi o chissà cos'altro; non sappiamo nemmeno se anche questo Wipeout HD avrà accesso al portale di prossima apertura www.wipeout.com, da cui gli Studio Liverpool metteranno a disposizione dei loro fan una comunità virtuale e contenuti esclusivi per il gioco; per adesso questi extra sono dedicati a Playstation Portable (Wipeout Pulse ne farà grande utilizzo) ma non escludiamo che in un futuro dallo stesso sito potremo prelevare aggiornamenti per la versione PS3 del loro racing game.
    Considerando Wipeout HD come un prodotto del PSNetwork, e quindi un gioco realizzato con budget ridotto da vendere ad un prezzo inferiore a quello dei titoli “in Blu Ray” non si può che ammirare l'ottimo lavoro svolto: le location in cui si snodano i tracciati sono estremamente più complesse di quelle apparse nei precedenti Wipeout ed anche le AG sono disegnate con grande attenzione al particolare. Ottima la profondità di campo, come sempre eccellente la velocità con cui scorre l'azione di gioco ed incrollabile il framerate, che si mantiene sui 60 frames al secondo nonostante l'aumento di risoluzione fino allo standard FullHD. Nulla è ancora dato sapere sulla Soundtrack, ma vogliamo sperare che vengano ripresi i più famosi brani delle splendide soundtrack che hanno accompagnato i cinque precedenti campionati (o che, al massimo, venga implementata la lettura degli MP3 presenti sull'hard disk...)

    COMMENTO FINALE


    Ad un esame approfondito quello che inizialmente poteva sembrare un'operazione commerciale bella e buona si rivela uno dei prodotti più interessanti in dirittura d'arrivo nel Playstation Network: Wipeout HD potrebbe meritare l'acquisto (ovviamente a prezzo “da PSN”) soltanto per la presenza della modalità Online ma si spinge oltre e regala agli utenti PS3 un “quasi sequel”, probabilmente molto ricco e sicuramente complesso ed appagante. Il nuovo comparto video non è sicuramente paragonabile a quello delle cosiddette “grandi produzioni” mavisto nell'ittica del download appare splendido, molto pulito e fluido anche nelle situazioni più concitate. Entro la fine di quest'anno, quindi, avremo la possibilità di giocare Wipeout HD sulle Playstation 3 europee e probabilmente sarà una delle più interessanti sfide online a cui partecipare su Playstation 3: ci vediamo tutti a Vohl Square!
    The Darkness

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    Sistemi: XBOX 360 | PS3
    Genere:First Person Shooter - Action
    Sviluppatore:Star Breeze Studios
    Distributore:Take2
    Versione:PAL
    Supporto:Blu Ray
    Età consigliata:PEGI +18
    Lingua:Inglese (doppiaggio), Italiano (sottotitoli)
    Giocatori:1-16
    Supporto online:Sì
    Audio:--

    Sito Ufficiale: Link
    Data di pubblicazione:
    Versione PS3 PAL: 29/06/2007

    COMMENTI VERSIONE PLAYSTATION 3

    La recensione di questo gioco si riferisce alla prova effettuata sulla versione Xbox 360. A seguito di un secondo test effettuato anche sulla versione Playstation 3, Everyeye.it ha redatto il seguente paragrafo comparativo, contente un giudizio aggiornato ed informazioni sulle eventuali differenze tra le due versioni, siano esse nuove modalità di gioco, nuove missioni o personaggi, migliorie o peggioramenti degli elementi portanti,qualità della conversione. E'ovviamente consigliabile la lettura preventiva dell'articolo originale, seguita da quella del commento aggiuntivo.

    Una Ventata D'Aria Fresca

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    Sviluppato dai misconosciuti Starbreeze Studio, noti al grande pubblico più per il lodato The Cronicles of Riddick che per gli altri due progetti piuttosto marginali nel panorama videoludico (Enclave e Knights of the temple), The Darkness arriva a solleticare i palati dei videogiocatori, rinfrescando un’estate arida di novità rilevanti. Il titolo, dopo aver monopolizzato l’attenzione della comunità videoludica nei mesi che hanno preceduto l’uscita, si mostra in prova diretta capace di regalare un’esperienza eccitante e gradevole da percorrere, sopratutto in virtù della cura tecnico-stilistica e della meticolosa realizzazione di una sceneggiatura di primo livello.
    Non è difficile infatti riconoscere che in The Darkness sia l’impianto narrativo a reggere tutta la struttura ludica: l’impostazione da FPS tende a svilupparsi in funzione del racconto, cedendo di fronte a qualche evidente difetto di produzione, ma dimostrandosi perfettamente funzionale ad inserirsi nel continuum del racconto. Non che il gameplay del titolo manchi d’ispirazione: come vedremo gli impianti eseguiti sulla base classica riescono marginalmente a svecchiare meccaniche di gioco ormai collaudate, senza però che queste riescano a diventare elemento caratterizzante della produzione.

    Dal Fumetto Al Videogioco

    La trama di The Darkness è basata su quella dell’omonimo fumetto pubblicato da Tow Cow. Lavorando a stretto contatto con gli sceneggiatori della serie cartacea i creativi di Starbreeze sono riusciti a digitalizzare un contesto narrativo di primo livello, caratterizzandolo con una minuziosa opera in grado di renderlo sempre coerente. Da una parte la sceneggiatura, le numerose linee di testo che “dipingono” in maniera perfetta il carattere dei personaggi principali e li incastrano ad hoc nel quadro generale, dall’altra un’incredibile realizzazione tecnica, in grado di ricreare con maestria la decadenza dei sobborghi urbani e la tenebra che li avvolge. Accade così che il giocatore sia proiettato in uno degli universi creativi fra i più affascinanti, che concorre attivamente a rendere la trama di gioco interessante e avvincente. Questa, a dirla tutta, dimostra una leggera tendenza a correre dietro agli abusati cliché della sanguinosa vendetta personale sullo sfondo di una lotta mafiosa per il dominio della città, eppure riesce a salvarsi dalla mediocrità non solo per l’ottima caratterizzazione dei personaggi, quanto per un incedere suggestivo.
    La storia racconta di un giovane malavitoso, Jackie Estacado, nipote del boss al controllo di New York, travolto da un insolito destino il giorno del suo ventunesimo compleanno. Se da una parte gli annosi dissidi con lo zio gli daranno non pochi grattacapi, altri problemi deriveranno dalla Tenebra, un demone antichissimo che sembra aver scelto il protagonista come ospite da sfruttare. Le tinte noir della storia principale, sebbene ormai dilavate dall’uso che ne ha fatto il cinema, in ambito videoludico riescono ancora a dimostrarsi marginalmente originali (un titolo così crudo e cupo non si vedeva forse dai tempi di Max Payne), ma quello che più conta è la sapiente organizzazione degli eventi. Questi, in sequenze che si legano senza soluzione di continuità con l’avventura principale, vissuti quindi attraverso gli occhi di Jackie come tutto il resto del gioco, riescono a stupire l’utente per merito indubbio della sceneggiatura: le situazioni susciteranno emozioni che non è facile provare di fronte ad un videogioco, e le sorprese non mancano (anche quando l’ambientazione urbana lascia il passo ad altre lande surreali). Forse questo aspetto sarà meno interessante per chi già conosce The Darkness nella sua versione da edicola, eppure anche in questo caso il titolo Starbreeze potrebbe riuscire ad entusiasmare più del consueto.

    Un Gameplay al servizio della storia

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    Il gameplay di The Darkness mescola molte eredità ludiche sul retroterra tipico dei First Person Shooter. Sostanzialmente il gioco richiede di seguire pedissequamente la trama (tendendo quindi a diventare assai lineare in alcuni frangenti) sbarazzandosi nel frattempo di tutti gli avversari che si incontrano, siano essi scagnozzi dello zio Paulie Franchetti o poliziotti corrotti. Fortunatamente i poteri di Tenebra di Jackie arrivano in soccorso di una struttura assai antica, per variare le possibilità offerte al giocatore e rendere l’approccio al gioco più malleabile. La padronanza della Tenebra permette infatti al protagonista di sfruttare una serie di poteri paranormali che, conquistati gradualmente nel corso dell’avventura, fanno sì che si possa interagire in maniera particolare con l’ambiente. Anzitutto Jackie sarà in grado di richiamare, da apposite voragini collocate negli angoli più scuri, i Darklings. Queste piccole creature offriranno un aiuto sicuro al protagonista, in dipendenza dalle loro abilità. Sebbene non tutti disponibili fin dal principio, i tipi di Darklings saranno quattro: il Berserker si lancerà contro i nemici cercando di assaltarli in corpo a corpo, il Pistolero potrà raggiungerli con i proiettili della propria mitraglia, il Kamikaze li travolgerà con una devastante esplosione, mentre l’Eliminaluce svolgerà funzione di supporto, rimuovendo tutte le fonti luminose e permettendo al protagonista di nascondersi nella tenebra da cui trae la propria forza (restando troppo alla luce Jackie sarà impossibilitato ad usare i suoi poteri oscuri). I Darklings si dimostrano in certi casi assai utili (indispensabili a volte per superare alcuni enigmi: spostare oggetti pesanti o far saltare qualche muro), e non è raro che possano tenere impegnati gli avversari mentre Jackie li crivella di colpi. E’ possibile mandarli anche in avanscoperta, e saranno perfettamente in grado di risolvere le situazioni meno intricate. Eppure il loro ruolo non è determinante come quello che giocano i poteri di Tenebra: si tratta di una sorta di magie oscure che permettono di affrontare le situazioni di gioco in maniera solitamente creativa. Se grazie alla Tenebra Strisciante è possibile controllare un tentacolo in grado di spostarsi non visto anche lungo i muri, per assaltare gli avversari dalla distanza, utilizzando il Tentacolo si può sollevare qualsiasi oggetto (dai cassonetti fino alle auto), per poi scaraventarlo contro folti gruppi di nemici. In più, nelle fasi avanzate dell’avventura Jackie potrà usufruire delle Dark Pistol, dei giocattoli invero non molto utili, e di un piccolo Buco Nero in grado di attrarre nemici per travolgerli e sconquassarli senza pietà. Insomma, avrete capito, le alternative ad un approccio classico sono molte, ed il sistema di gioco si rivela da questo punto di vista assai adeguato ad offrire una buona varietà. Eppure il buon lavoro concettuale viene per la maggior parte compromesso da una disarmante incompetenza degli avversari. Nonostante la difficoltà di gioco sia sufficientemente elevata (a causa della debolezza del protagonista), le routine comportamentali dei nemici sono disdicevoli. Questi tendono infatti a prendere posizione e sparare, cercando timidamente di nascondersi dietro le coperture e sbucare ad intervalli regolari. Gli avversari non si muovono, non tentano tattiche di accerchiamento, ne hanno una minima idea del lavoro di squadra. Sostanzialmente sembra che siano stati posizionati in modo che il giocatore possa dar sfogo alla sua creatività travolgendoli con i poteri di tenebra, o avanzando ampie dosi di piombo. Quest’idea è sostenuta anche dalla notevole imprecisione del sistema di puntamento: utilizzando la mira automatica – che per fortuna è possibile disattivare – al giocatore sembrerà di avere un controllo solo superficiale sugli spostamenti del protagonista, ed anche senza questa si dovrà faticare un poco per gestire le rotazioni e direzionare i colpi. Ci sono poi dei difetti concettuali: ad esempio gli avversari sono troppo resistenti ai colpi al corpo, e cadono senza vita con un head shot. Questo fa sì che paradossalmente siano le armi di piccolo calibro (pistole su tutti) a risultare più utili: soprattutto quando il mirino si posiziona automaticamente sulla testa dei malcapitati, risulta deleterio utilizzare i fucili. Considerando che è quasi impossibile uno scontro ravvicinato a viso aperto (poiché Jackie cederebbe sotto i colpi degli avversari ben prima di raggiungerli), l’ampia gamma di bocche da fuoco fornite nella seconda parte dell’avventura risulta tutt’altro che indispensabile. Alla fine la risoluzione delle sparatorie si dimostra comunque gratificante. Vuoi per la possibilità di eseguire delle esecuzioni violente riuscendo ad avvicinarsi non visti ai nemici, vuoi per la soddisfazione di divorare loro il cuore (aumentando così il potere della tenebra, la sua resistenza ai colpi e alla luce), o ancora per il gusto di sconquassare l’ambiente con i poteri di Tenebra, la sottile inconsistenza che deriva dai difetti sopra espressi tende a passare in secondo piano.

    Tecnicamente al top delle produzioni next gen

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    Dal punto di vista tecnico The Darkness è uno dei più validi videogiochi del panorama attuale. Il motore creato da Starbreeze è in grado di rivaleggiare col sopravvalutato Gears of Wars, senza paura di sfigurare ed anzi dimostrando una qualità sensibilmente superiore nella gestione delle fonti luminose, seppure cedendo di fronte a modellazioni dei personaggi ben meno valide ed ispirate.
    The Darkness mette al centro della scena ambientazioni sub-urbane della periferia di New York. Collegati da due stazioni della metropolitana, i sobborghi della città sono ricreati in maniera perfetta, con uno stile visivo e concettuale unico e gradevole. E non è solo la struttura artistica che appare di prim’ordine (vi bastino gli scorci della fermata a Fulton, con derivazioni quasi pittoriche), quanto il comparto tecnico che colora e illumina le architetture. L’utilizzo di mappe superficiali allo stato dell’arte permette di creare ambienti immersivi, con effetti di superficie assolutamente credibili, anche grazie all’aiuto di Texture praticamente perfette. Correlata al gameplay stesso, è poi la gestione delle fonti di luce che risulta la più bella e credibile mai vista in un videogioco. Gli effetti di riflessione sul treno che passa, la diffrazione sulle strutture in muratura, persino il riverbero sulle livree metalliche delle auto o sui cassonetti appare credibile.
    Sfortunatamente a minare la bellezza della scena si trovano delle modellazioni dei personaggi non pienamente riuscite. Tutt’altro che efficaci le realizzazioni di alcuni comprimari, e soprattutto assai legnose le animazioni. Soprattutto durante le sequenze che sviluppano la trama, questo problema potrebbe infastidire non poco: la mancanza di espressività di alcuni volti, unita a movimenti non sempre naturali, tende ad intaccare un lavoro tecnico altrimenti praticamente perfetto.
    Dal punto di vista sonoro si registrano ottimi risultati. Il doppiaggio (in inglese, sottotitolato) è espressivo e ben realizzato, le interpretazioni dei numerosi attori sono tutte di alto livello. La recitazione è del resto un elemento di fondamentale importanza nella presentazione della trama. Le musiche selezionate sono anch’esse molto efficaci, nei momenti in cui devono sottolineare eventi portanti del comparto narrativo: epiche e struggenti, malinconiose o aggressive, aggiungono spessore alla scena. Molto più anonimi gli accompagnamenti che si ascoltano durante le sequenze d’azione, sovrastati solitamente dal fragore degli spari (ben campionato) o dalle voci degli avversari (e dei Darklings), anch’esse ben caratterizzate e, soprattutto, varie.

    Multiplayer

    La modalità multiplayer di The Darkness è un mero riempitivo. Opzioni di gioco piuttosto classiche non riescono a prolungare la longevità oltre la durata dell’avventura principale: in mancanza di un substrato narrativo che possa coinvolgere il giocatore, gli evidenti difetti di calibrazione dei movimenti e le pecche nella struttura da FPS diventano un deterrente piuttosto opprimente. Non basta la possibilità di trasformarsi in Darklings (che permette di eseguire lunghi balzi e di muoversi a velocità elevata, ma costringe at attaccare solo in corpo a corpo) per risollevare le sorti di una modalità poco curata nelle fondamenta, che mostra un NetCode instabile ed ampi problemi di Lag.

    The Darkness: Commento alla versione Playstation 3

    The Darkness è un ottimo gioco: questo First Person Shooter sviluppato da Starbreeze inizialmente fa storcere il naso per l'eccessiva linearità e l'omogeneità delle ambientazioni ma, dopo alcuni eventi cruciali, la struttura del gameplay si ramifica e le molte sub quest a contorno dell'avventura principale si rivelano come vere e proprie espansioni alla narrazione e non banali pretesti per allungare la durata del gioco. Jackie Estacado, il protagonista, è un personaggio carismatico, pregno di del fascino oscuro dell'anti-eroe americano, doppiato in modo splendido e “raccontato” in cut scene davvero memorabili; al pari del personaggio principale anche tutti i malviventi (è difficile individuare un personaggio completamente positivo in questa vicenda...) comprimari sono perfettamente caratterizzati, doppiati con cura godono di script eccellenti; raramente ci si trova di fronte ad un gioco con dei dialoghi così coinvolgenti e ben recitati. Fortunatamente anche le location, proseguendo nel gioco, diventano più eterogenee, così come le tipologie di avversari da affrontare si diversificano in modo tutto sommato soddisfacente.
    Il gameplay routa attorno ai poteri della Tenebra, alla loro evoluzione ed ai modi di sfruttarli per approcciare il nemico. La tenebra strisicante è sicuramente l'abilità più “corposa” sia dal punto di vista ludico che da quello visivo; i lunghi tentacoli che Jackie può far scivolare su qualsiasi superficie per sorprendere ed attaccare gli sgherri di “Zio Paulie” sono straordinariamente appaganti una volta che ci si è impratichiti a sufficienza e la spettacolare visione dei nostri nemici terrorizzati dall'avvicinarsi dell'oscuro nemico è tragicamente realistica nella sua cruda violenza. A contorno dell'opera ci sono elementi “coreografici” di tutto rispetto come i Darkling, grotteschi e malvagi fino al midollo ma sempre esilaranti nei loro volgari ed irriverenti commenti alle nostre gesta ed a quelle dei loro avversari. Ottimi anche gli extra, che si sbloccano chiamando i numeri indicati nei bigliettini che si recuperano completanto le side quests ed esplorando con attenzione le complesse locazioni (molte delle conversazioni telfoniche, tra l'altro, sono anche piuttosto interessanti...); oltre ai classici artwork sono presenti i volumi del fumetto originale e delle altre opere che completano la collana.
    Questo però non significa che The Darkness sia un gioco perfetto: i suoi problemi li ha e non sono nemmeno così celati. Innanzi tutto il comparto video è piuttosto altalenante, afflitto spesso da vistoso aliasing e da cali di framerate sopportabili ma non più di tanto, alle soglie di una console generation che promette faville e scintille... Le ambientazioni urbane, come già accennato, sono molto curate ma poco variegate e risultano spesso troppo anonime; tale valutazione non si può fortunatamente applicare alle location dell'“altro mondo” (di cui non sarebbe giusto raccontare oltre...) che godono invece di una adeguata varietà e di una maggiore pulizia visiva.
    I problemi di The Darkness, però, non sono limitati alla realizzazione tecnica: in generale il protagonista, Jackie Estacado, è dotato di poteri che lo rendono fin troppo forte se confrontato ai propri avversari sia per merito della tenebra che grazie al gran numero di armi da fuoco di cui si può dotare. Ne deriva che il livello di sfida è ridotto rispetto a prodotti della concorrenza e la mira assistita contribuisce in modo vistoso a questo livellamento verso il basso del tasso di difficoltà. Ultima critica va mossa al gioco online, un vero cardine di ogni First Person Shooter che però in The Darkness è appena abbozzato sia nelle modalità che nella gestione delle partite.
    Nonostante i difetti elencati questo gioco di Starbreeze è più che consigliabile a tutti gli utenti Playstation 3 per merito della grande componente emotiva collegata alla narrazione delle vicende, ed al buonissimo gameplay capace di mixare adeguatamente elementi degli FPS a tratti adventure di qualità.

    COMMENTO FINALE

    The Darkness è un gioco particolare. Il suo scopo principale è quello di raccontare una storia. A fronte di questo, il gameplay perde spessore: l’impostazione da FPS è quasi una “maschera”, allineata con il contesto dipinto dal fumetto e magistralmente riproposto da Starbreeze, ma non troppo significante a causa di alcuni difetti che rendono l’esperienza ludica non troppo determinante, anche se corposa. Perché se da un lato è vero che The Darkness offre un sistema di gioco poliedrico, mutevole, vario, si deve ammettere che esso non trova un suo spazio: per l’assenza di un’IA decente l’opera del giocatore è quasi uno “sfogo”, che possa condurlo per mano e senza eccessive difficoltà verso la prossima scena interattiva. Certo si deve riconoscere alla trama di The Darkness l’indubbio pregio di commuovere, esaltare, entusiasmare, ma forse anche in questo campo chi è troppo avvezzo alle storie di “caduta e rivalsa” (o chi conosce il fumetto) potrebbe non trovare un prodotto eccellente, come ci è sembrato, dal punto di vista scenografico. Varrà comunque la pena, per l’indubbio merito artistico e tecnico, per la cura maniacale nel “confezionamento”, affrontare per una volta l’avventura di Jackie. Nelle dieci ore che saranno sufficienti per completarla si potrebbe trovare serio divertimento ed insolite emozioni. Tuttavia, una volta esaurito, il gioco avrà ben poco da offrire: non le subquest che tentano di sviare il procedere assai lineare, non i livelli di difficoltà più elevati, tantomeno la scarna modalità multiplayer potranno far resistere The Darkness nel tray della console. Resterà, bisogna ammetterlo, un’esperienza gradevole e non facile da dimenticare.

    LA PAGELLA

    GRAFICA E TECNICA: 9
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 8.5
    GIOCABILITA': 7.5
    LONGEVITA': 6.5

    VOTO FINALE: 8

    Rise Of The Argonauts

    Sistemi: PC | XBOX 360 | PS3
    Genere:Action RPG
    Sviluppatore:Liquid Entertainment.
    Supporto:Blue Ray
    Età consigliata:ND.
    Lingua:ND.
    Giocatori:ND.
    Supporto online:ND.
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:ND.
    Res. video:ND.

    Il Fascino Della Mitologia Greca

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    Dopo millenni di storia, guerra e catastrofi naturali la mitologia greca è sempre più d’attualità. Miti e eroi tramandati di generazione in generazione tramite racconti, favole e leggende giungono ai giorni nostri carichi di significato e simbologia. Si passa dal campo del cinema dedicato ai più piccoli, con film come “Hercules” (prodotto da Disney e uscito nel 1997) a quello più spettacolare e cruento, con le interpretazioni di Brad Pitt/Achille e Eric Bana/Ettore in Troy, apparso nelle sale di tutto il mondo nel 2004 o il recente successo ottenuto da 300. L’intramontabile fascino ellenico ha contagiato inevitabilmente anche il mondo videoludico: citiamo a titolo di esempio Rygar: The Legendary Adventure per Playstation 2 (correva l’anno 2002) e i due God of War, osannati a buon merito da pubblico e critica.
    Oggi il team Codemasters, conosciuto dai più per aver dato il via alla celebre serie Colin Mc Rae Rally, è impegnato nel progetto Rise of the Argonauts, titolo sviluppato dai ragazzi di Liquid Entertainment e in uscita nel 2008 per Playstation 3, XBox 360 e PC.

    La Storia

    Il mito di Giasone e della rocambolesca ricerca del vello d’oro viene narrata nelle differenti versioni delle Argonautiche, scritte da Publio Terenzio Varrone, Apollonio Rodio e Gaio Valerio Flacco. Tutto ha inizio dal mito dei fratelli Elle e Frisso, figli di Attamante, costretti a fuggire dalla matrigna su un montone alato dal vello d’oro. Durante il viaggio, Elle cade e muore dando il nome allo stretto dell’Ellesponto; Frisso invece, una volta giunto, immola il montone affidandone il dorato pelo ad un drago. Una volta narrato l’antefatto, comincia la vicenda di Giasone, pretendente al trono di Iolco. Per impedirgli l’ascesa, il malvagio zio Pelia manda il nipote nel Colchide a recuperare il leggendario vello. Giasone parte allora con un manipolo di uomini (secondo alcuni 45, per altri 51 o 55) a bordo della nave Argo (da qui Argonauti). Dopo una lunga serie di avventure, Giasone verrà aiutato da Medea, figlia del re Eeta e sua futura sposa, riuscendo nello scopo. L’eroe greco torna così pochi giorni dopo a Pegase, suo paese natale, da vincitore. Si noti infine che Giasone, dopo pochi anni di matrimonio, abbandona Medea per amore di Glauce, figlia del re Creonte.

    Licenze Poetiche

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    Il gioco, un action 3D con elementi GDR, prende numerose libertà narrative rispetto al mito ellenico. La ricerca del vello d’oro, ad esempio, non nasce dalla sfida dello zio Pelia, bensì dalla necessità di riportare in vita la moglie defunta (Medea, Glauce o forse una donna fittizia) grazie ai taumaturgici poteri del pelo. Attraverso i 15 livelli/isole dell’arcipelago greco, come detto, visiteremo luoghi, incontreremo decine di personaggi e svilupperemo le capacità fisiche e intellettuali del nostro alter ego digitale e dei suoi compagni di viaggio. Analogamente, la mitica imbarcazione Argo assumerà differenti caratteri in base a chi prenderà parte alla spedizione e alle loro peculiarità.
    Come nei migliori Giochi di Ruolo, i personaggi scelti a comporre il nostro personalissimo party daranno al gruppo una precisa personalità: se selezioneremo uomini forti e capaci, punteremo sull’attacco diretto e fisico; donne agili e rapidi invece privilegerebbero l’attacco a distanza per mezzo di archi, coadiuvato dalla capacità di curare la salute e lanciare incantesimi. I personaggi selezionabili saranno numerosi e estremamente famosi: nei video rilasciati negli scorsi giorni, era possibile scorgere le figure di Ercole e Atalanta, oltre a quella di Giasone. Secondo gli sviluppatori, non mancheranno altri epici eroi della mitologia greca come Odisseo (Ulisse) e Achille, che conferiranno al titolo un fascino del tutto particolare. La mitologia greca influenza in modo importante lo svolgimento del filo narrativo di Rise of the Argonauts: in una missione, ad esempio, dovremo andare alla ricerca di Adone (tramutato in un cinghiale gigante) per ordine di Artemide, cioè Diana secondo i latini. L’obiettivo ricalca il mito secondo il quale Artemide mandò un cinghiale ad uccidere il bel Adone per essersi vantato di essere un cacciatore migliore della dea della caccia.

    Elementi Di Giocabilità

    Gli sviluppatori hanno annunciato di aver voluto ridurre al minimo l’aspetto gestionale del titolo, composto genericamente da numerosi menu con i quali scegliere l’equipaggiamento più adatto al nostro team avventuriero. La maggior parte delle scelte avverrà invece “on screen”, senza lunghe sessioni di gioco effettuate tra finestre pieni di settaggi uno diverso dall’altro; Rise of the Argonauts, pertanto, sembra ispirarsi più al genere Action che a quello GDR. Un’ipotesi che trova conferma nel sistema di telecamere progettato da Liquid Entertainment, spesso e volentieri ricco di riprese cinematografiche innaffiate dal sangue dei nostri nemici, come visto nelle scene più cruente. Nonostante queste scelte, non mancheranno le possibilità di sviluppare (grazie all’esperienza ottenuta nei combattimenti) le capacità di Giasone e compagnia. Come traspare dal paragrafo precedente, l’eroe Giasone verrà affiancato da due personaggi di supporto, ognuno dei quali dotato di caratteristiche e particolarità proprie. La loro avventura verrà benedetta e favorita da quattro divinità, cioè Apollo, Ares, Atena e Hermes: un obiettivo raggiunto nella grazia di uno di questi quattro dei ci permetterà pertanto di sviluppare un dato aspetto dei nostri alter ego digitale. La conquista di un accampamento nemico, ad esempio, renderà felice Ares (ovvero il dio della guerra Marte secondo i latini) e ci permetterà di sviluppare la nostra forza in battaglia. Anche in questo caso, la mitologia greca ha fornito al team di programmatori gli spunti per sviluppare un sistema di crescita del personaggio in modo originale e innovativo.

    COMMENTO FINALE

    Rise of the Argonauts, in uscita nel 2008 per Playstation 3, XBbox 360 e PC, è ben lungi dall’esser concluso. Quel poco che si è potuto vedere però lascia intendere molto: il titolo è un action 3D con elementi GDR intriso nella mitologia greca e nella grandiosa avventura vissuta da Giasone, alla ricerca del vello d’oro. La leggenda ellenica coinvolge trama, luoghi e personaggi del titolo, nonché il sistema di gestione degli stessi, realizzato in modo originale e innovativo. È ancora presto per scommettere sul futuro di questo gioco sviluppato da Liquid Entertainment, ma siamo sicuri che nel corso dei prossimi mesi verranno messe a disposizione nuove informazioni e indiscrezioni da parte dei produttori del team Codemasters.

    Raimbow Six: Vegas

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    Sistemi: XBOX 360 | PS3 | PC | PSP
    Genere: First Person Shooter
    Sviluppatore: Ubisoft
    Distributore: Ubisoft
    Supporto: Blu-ray Disc
    Supporto online: Sì
    Audio:Dolby Digital 5.1
    Res. video:720p, 1080i

    Sito Ufficiale: Link
    Distribuito da: Ubisoft

    Premessa

    Dopo sei lunghissimi ed estenuanti mesi l’ultima fatica di Ubisotf, tratta dai racconti di Tom Clancy, vede la luce anche sull’ultima nata di casa Sony. Le promesse erano molte e Playstation 3 soffriva la mancanza di un FPS tattico di qualità. Rainbow Six: Vegas risponde con titolo davvero molto godibile e longevo, che lascia però l’amaro in bocca di una conversione non troppo curata. Ubisoft purtroppo dimostra come, dal canto suo, ci sia ancora molto da lavorare per spremere l’engine della PS3 a regime ottimale. I fans della serie avranno comunque qualcosa di cui compiacersi visto che il gioco ha mantenuto il medesimo livello di giocabilità e atmosfera della versione per Xbox360.

    Attacco A Las Vegas

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    Logan Keller, caposquadra dei Rainbow Six, viene mandato in missione in una piccola e sperduta città del Messico in cui un gruppo terroristico locale, capitanato da una spietata donna di nome Irena Morales, sembra aver preso in ostaggio alcuni innocenti cittadini...
    Il primo stage non è altro che un introduzione alla lunga storia narrata durante il gioco, ma anche un buon tutorial dove prendere la mano con il sofisticato armamentario e le nuove abilità degli agenti speciali. Tra colpi di scena e cruenti trasmissioni radio verrete poi catapultati all’interno del cuore pulsante di Las Vegas, centro di molteplici attentati a catena che metteranno a dura prova la squadra Rainbow. Lo spirito dei capolavori di Tom Clancy viene esaltato dall’ottimo doppiaggio e da una narrazione lenta ma profonda, mai banale e molto immersiva. Non ci troviamo sicuramente di fronte alla trama piu’ genuina ed innovativa del secolo, sia chiaro, ma l’enfasi e la cura che traspare dai dialoghi e dai filmati terroristici e’ davvero superlativa. Complice di tutto cio’ e’ anche l’ottimo sistema di controllo che permette a chi ha vissuto a pane e dualshock di trovare immediatamente il giusto approcio al gameplay. Alcune novita’ rispetto ai vecchi capitoli della serie sono la possibilita’ di ripararsi dietro a muri, casse, auto, lampioni, pali o qualsiasi cosa sia sufficientemente grande da offrirvi del vantaggio nello scontro a fuoco. Una volta accucciati potrete fare fuoco di copertura, poco preciso ma adatto a creare caos negli schieramenti nemici, o sporgervi per eseguire dei colpi mirati e sicuramente piu’ fruttuosi. Interessante e’ anche l’utilizzo della corda che in molte occasioni permette attacchi improvvisi dall’alto o il raggiungimento di stanze attraverso le mura esterne dei palazzi creando il classico “effetto a sorpresa”. Anche la funzionalita’ di sensore di Sixaxis viene sfruttata per l’utilizzo della microcamera con la quale Logan potra’ sbirciare attraverso porte e spioncini per meglio valutare la tattica di assalto

    Fuoco Indiscreto

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    Ubisoft Montreal dimostra ormai un ottima dimestichezza con il design delle mappe e degli ambienti di gioco, creando delle strutture perfette e giocabili a trecentosessanta gradi. Ogni stanza, casinò e corridoio puo’ essere sfruttato e gestito a proprio piacimento creando innumerevoli combinazioni di riuscita della missione. Gli attacchi non saranno mai uguali e non porteranno mai al medesimo risultato lasciando spazio alla fantasia ed astuzia tattica del giocatore. Le variabili in campo sono davvero moltissime; oltre alle strutture con cui interagire avremo quantita’ industriali di armi suddivise per genere (mitraglie, mitragliette leggere, fucili d’assalto, fucili da cecchino, carabine) e una varieta’ di granate da far impallidire i Seals (fumogenere, incendiarie, a frammentazione, luminose). Potremo impartire ordini su quale sia l’obbiettivo primario, su come irrompere in una stanza, sul tipo di atteggiamento del team e molto altro. Riuscire a gestire tutto cio’ e studiare una tattica adeguata avra’ un incidenza assolutamente non superficiale. Il Game Over sara’ sempre dietro l’angolo ed una manovra azzardata sara’ fatale per il giocatore anche con un livello di difficolta’ ridotto. L’ IA dei terroristi e’ molto sofisticata e impostando il realismo al massimo la sfida rischia di diventare tanto frustrante quanto appagante.
    Per quanto riguarda il comparto grafico siamo su livelli qualitativamente sufficienti. Stando alle parole di Ubisoft questa conversione per Playstation 3 avrebbe dovuto avere un impatto visivo superiore alla controparte per Xbox360, ma purtroppo la realta’ e’ ben diversa. L’effetto blur presente in molti frangenti sulla console Microsoft e’ completamente sparito rendendo molto piu’ pulita e nitida la visuale, ma c’e’ il rovescio della medaglia. Aliasing e texture scadenti sono ora maggiormente visibili (mentre prima erano offuscate dal blur) ma non e’ tutto qui. Il motore di gioco pur basandosi sul fantomatico Unreal Engine, lasciando la parte fisica al PhysX di Agea, mostra alcune lacune che pur senza limare l’esperienza videoludica lasciano un po’ l’amaro in bocca. Piccole compenetrazioni con i muri, la povera interattivita’ con gli elementi dei fondali in alcune occasioni, la sparizione quasi immediata dei cadaveri dei terroristi e altre piccolezze rendono il reparto tecnico/visivo la parte meno convincente del titolo. Di tutt’altro stampo gli effetti di luce, realisitici e ben implementati specialmente sulle superfici riflettenti come vetri e specchi. Di ottima fattura anche le movenze dei vari personaggi e le espressioni facciali.

    I Terroristi Invadono La Rete

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    Oltre all’immancabile modalita’ storia Rainbow Six: Vegas vi permette di partecipare ad una vera e propria sfida di resistenza single player. Verrete catapultati in una mappa di vostra scelta con un numero preciso di terroristi (che varia a seconda del livello di difficolta’ impostato) e lo scopo e’ quello di eliminare ogni minaccia ed uscire illesi da una situazione di tremendo svantaggio numerico. Niente aiutanti stavolta, niente squadra, sarete voi, un radar, il vostro fucile e 25,30,50 avversari che al minimo rumore vi seguiranno come zanzare in piena estate. La medesima modalita’ e’ presente anche tra le numerose sfide in cooperativa giocabili online sul Playstation Network. Fino a 14 utenti potranno sfidarsi in classici deathmatch, ad eliminazione singola o a squadre. In Attacco e Difesa ci saranno degli obbiettivi da portare a termine, come recuperare ostaggi o scortarli al riparo, recuperare oggetti e riportarli alla base e molto altro. Potrete rivivere l’intera storia giocandola con gli amici escogitando tattiche ancora piu’ complesse per una longevita’ davvero superba. Online esiste anche la possibilita’ di crearsi un giocatore completamente personalizzabile che cresce e migliora a seconda dell’esperienza accumulata nel gioco in rete. Man mano che avanzerete di grado avrete a disposizione nuovi equipaggiamenti, nuove armi, migliorerete le vostre abilita’ di difesa, resistenza e movimento in battaglia. Come nella versione originale anche su PS3 e’ presente un sistema di riconoscimenti che portando a termine alcuni obbiettivi, sia in multiplayer che singleplayer, vi permettera’ di sbloccare trofei, medaglie e molto altro ancora.

    COMMENTO FINALE

    Rainbow Six: Vegas si presenta come una conversione ben fatta, seppur di poco inferiore alla controparte per console Microsoft. Un titolo sicuramente valido e longevo, specialmente grazie all'ottimo online. Un vero peccato che non tutte le promesse di Ubisoft siano state realizzate per questa versione che doveva essere migliorata ed arricchita di ogni bene. In attesa del secondo capitolo di GRAW (che promette davvero faville) ormai in uscita a breve, godiamoci questo primo ed ottimo FPS tattico per Playstation 3.

    LA PAGELLA

    GRAFICA E TECNICA: 7
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 7.5
    GIOCABILITA': 8
    LONGEVITA': 8

    VOTO FINALE: 7.5

    FRACTURE

    Sistemi: XBOX 360 | PS3
    Genere:3rd Person Shooter
    Sviluppatore:Day 1 Studios
    Supporto:ND.
    Età consigliata:ND.
    Lingua:ND.
    Giocatori:ND.
    Supporto online:ND.
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:ND.
    Res. video:ND.

    Evento: E3 2007

    Lo sconvolgimento ambientale secondo Lucasarts

    Effetto serra, riscaldamento globale, buco nell’ozono. Il problema della salute del nostro pianeta è sempre uno dei punti salienti delle discussioni fra le potenze mondiali. La paura di arrivare ad un punto di non ritorno e dover affrontare uno sconvolgimento geologico-climatico di dimensioni colossali si è fatto avanti a grandi passi, la sensazione di essere arrivati troppo tardi è papabile.
    Uno scenario veritiero (anche se un po’ troppo catastrofico) che ha stuzzicato la fantasia dei ragazzi di Day one studios (divisione Lucasarts) dando loro spunto per la realizzazione di Fracture, un action/shooter in terza persona.
    Siamo nell’anno 2161 e, come ovviamente possiamo immaginare, siamo arrivati troppo tardi: il nostro bel pianeta è stato sconvolto da cataclismi ecologici: tra inondazioni, innalzamento del livello dei mari, terremoti e riscaldamento atmosferico, i continenti sono stati dilaniati e la popolazione è sconvolta. L’America è stata letteralmente tagliata a metà, gli stati centrali sprofondati nelle acque oceaniche, le due coste est ed ovest ultimi baluardi di quella che fu la nazione più importante del mondo. Come se la situazione non fosse già grave di suo, ecco venire fuori antichi rancori e nuovi dissidi fra gli esseri umani, dissapori che hanno portato ad una divisione molto simile a quella accaduta nel post seconda guerra mondiale fra USA ed URSS: da un lato la costa est e l’Europa si sono riunite nell’alleanza atlantica (specializzatasi in ricerche sulla cibernetica), dall’altro costa ovest ed Asia hanno dato vita alla repubblica di pacifica (orientatisi invece sull’ingegneria genetica).
    Il nostro compito sarà quello di indossare i panni dell’esperto demolitore Mason Briggs e tentare di sbaragliare, fucile in spalla, le avanguardie della repubblica di pacifica.
    Detto così questo Fracture sembrerebbe il classico shooter in terza persona senza infamia né lode, buono solo a fare numero. Cosa rende dunque l’ultimo lavoro di casa Lucas così meritevole di attenzione?

    Il potere di un Dio nelle nostre mani

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    Terrain deformation, questo il nome della tecnologia messa a punto nel 2090 dall’alleanza atlantica. Grazie ad essa forze armate specializzate sono in grado di poter rimodellare a loro vantaggio il terreno che li circonda. Ecco quale sarà il nostro potere speciale, il nostro asso nella manica che ci permetterà di avere ragione del nemico: grazie a tutta una serie di ritrovati tecnologici infatti il nostro buon Mason avrà a sua disposizione poteri incredibili: avrà la possibilità di poter muovere a proprio vantaggio nientemeno che la crosta terrestre. Più nello specifico, i mezzi a nostra disposizione saranno delle granate: le tectonic granades ci daranno la possibilità di sollevare intere zolle da usare a mò di scudo, le subsonic granades agiranno diametralmente all’opposto (andando cioè a creare delle depressioni), ed infine le spike grenades creeranno delle veree e proprie stalagmiti di roccia che ci permetteranno di organizzare una sorta di ascensore naturale.
    Gli utilizzi però non si fermano qui, in quanto avere dalla nostra parte un potere così immenso ci permetterà di poter influire in maniera attiva sulla strategia non solo nostra, ma anche e soprattutto su quella dei nostri avversari: immaginiamo di avanzare lungo una stretta gola quando ad un certo punto ecco pararsi di fronte a noi una nutrita pattuglia di soldati. In situazioni normali dovremo rimboccarci le maniche e tentare di sopravvivere all’attacco, in Fracture invece potremo decidere di far sprofondare in un baratro i nostri nemici, oppure creare una sorta di linea Maginot per proteggerci (e trovare un’altra via di fuga).
    Ecco svelato l’arcano, ecco qui l’aspetto che ha solleticato le nostre fantasie durante la visione della demo presentata in quel di Santa Monica.

    Quando Popolous incontra Gears Of War

    Non solo granate modellanti però: non dimentichiamoci che il gioco è uno sparatutto in terza persona. Ecco quindi comparire un primo set di armi, tutte però ovviamente riadattate alla particolare interazione fornitaci nel gioco: e così tramite il fuoco secondario del bulldog, un semplicissimo mitragliatore, potremo scavare nella roccia degli improvvisati gradini oppure farci largo attraverso punti altrimenti inaccessibili. Oppure il bangalore, che da semplicissimo lanciarazzi può diventare una letale arma in grado di sparare i propri colpi anche sottoterra (Tramite un effetto visivo molto simile a quello del film Tremors). Ed è impossibile non citare, infine, il boulder gun, fucile-aspiratore con il quale creeremo dei giganteschi ammassi di detriti rotolanti.

    L'amore per la terra dà solo buoni frutti

    Tecnicamente parlando il titolo, pur essendo ancora ben lontano dalla sua data di pubblicazione (terzo quadrimestre 2008) presenta già un comparto grafico più che dignitoso.
    La parte del leone ovviamente la fanno gli elementi di deformazione del terreno: l’effetto di sollevamento di intere zolle piuttosto che di colonne rocciose è veramente ottimo, la sensazione di poter comandare un qualcosa di estremamente solido, pesante e letale è indescrivibile, acuita dalle ottime texture alle quali è stato applicato l’arcinoto effetto di bump mapping. Buona anche la generale caratterizzazione del livello mostrato in demo, una baia di San Francisco oramai divenuta desertica: il Golden Gate che campeggia sullo sfondo unito alla desolazione generale ed ai fatiscenti edifici che incontreremo rende bene l’idea del disastro ecologico alla base del plot. Ci hanno colpito in positivo anche il frame rate, già piuttosto stabile nonostante lo stato ancora altamente incompleto di sviluppo, ed il motore fisico messo in evidenza da esplosioni, frane e “sopraelevazioni” varie:un particolare questo che acuisce il senso di spettacolarità e di potenza infuso dai grafici di Day one.
    Non pienamente convincenti invece il modello poligonale e la caratterizzazione del buon Briggs e dei suoi avversari: il primo sembra essere il classico impavido eroe alquanto stereotipato, sorta di rivisitazione futuristica del marine americano; i secondi invece, complice la tuta da combattimento indossata, soffrono di una certa ripetitività e di una certa mancanza di carisma.
    Alti e bassi anche nel gameplay: se da un lato l’utilizzo intensivo del nostro arsenale sembrerebbe conferire a questo Fracture una grande varietà di situazioni, dandoci la possibilità di variare le nostre strategie offensive e difensive in qualsiasi istante, la parte più squisitamente “classica” soffre di una certa mancanza di spessore; difetto questo dovuto soprattutto alla quasi totale assenza di IA nemica nelle fasi di combattimento (i nostri avversari non facevano poi molto per evitare il nostro fuoco offensivo).
    Il gioco completo presenterà, secondo quanto detto dai programmatori, anche una parte multiplayer, tuttavia non è stato presentato o annunciato nessun particolare in merito alle modalità che avremo a disposizione.

    COMMENTO FINALE

    In definitiva il titolo in fase di realizzazione negli studi della Lucasarts risulta essere molto interessante, grazie a tutta una serie di trovate in grado di dare nuova linfa ad un genere, quello degli shooter in terza persona, decisamente sovraffollato e povero di idee innovative.
    Confidiamo dunque nell’esperienza del team Day 1 (autori fra l’altro di Mechassault 2 su Xbox e della conversione di F.E.A.R. su Ps3 e Xbox360) ed aspettiamo con fiducia nuovi dettagli per quel che concerne lo sviluppo di Fracture sia dal punto di vista tecnico (benché si attesti già su un buon livello) sia in particolar modo per quel che riguarda il gameplay e l’intelligenza artificiale dei nemici.

    Heavenly Sword

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    Una lunga attesa

    Un anno or sono, in occasione dell'E3 06 e della presentazione ufficiale della Playstation 3, nuova ammiraglia in casa Sony, una tra le demo giocabili nello showfloor attirò particolarmente l'attenzione di curiosi e scettici: l'azione a dir poco cinematografica e un impatto visivo d'altri tempi rese Heavenly Sword uno dei giochi più chiacchierati dell'intera fiera californiana.
    Per molti la notevole ristrettezza della demo era sinonimo di vaporware, un progetto tutto fumo e niente arrosto, qualcosa che non esisteva; altri invece videro subito l'enorme potenziale di cui il gioco si faceva carico.
    Seppur ambientati in una ristretta arena, simile a quelle per gladiatori, i primi minuti di gameplay mostravano già molte delle peculiarità del prodotto: notevole interattività con gli elementi circostanti, azione adrenalinica, gameplay vario (in termini di mosse) ed una notevole cura per ogni dettaglio tecnico.
    Quest'anno HS ha mostrato tutto quello che l'anno scorso era mancato, rispettando gran parte delle aspettative di coloro che tuttora credono nell'ambizioso progetto che, ancora una volta, ha recitato la parte del protagonista (assieme a MGS4) nella conferenza si apertura della Sony, publisher ufficiale del prodotto.
    Per noi italiani questo gioco possiede anche un significato in più, che ci riscatta parzialmente in un mondo dal quale siamo quasi completamente tagliati fuori; il giovane team Ninja Theory, nato nel 2004 e diventato, grazie ad Heavenly Sword punta di diamante per la Sony, annovera tra le sue fila ben 2 italiani: Alessandro Taini, concept artist del gioco e Marco Salvi che collabora alla realizzazione del motore grafico, degli shader e diversi altri tool.
    Il titolo è previsto esclusivamente per Sony Playstation 3 ed è in uscita entro la fine di settembre.

    Gloria, vendetta e coraggio

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    Il background narrativo sul quale Heavenly Sword si impernia è un abile mix di contenuti piuttosto triti ma amalgamati con rinnovata verve che dona alla vicenda una connotazione emotivamente coinvolgente, grazie soprattutto alla scelta di una donna bellissima come protagonista.
    Nariko, la rossa in questione, è l'ultima nata in un clan acclamato da secoli per il valore e la gloria in battaglia e portatore del sangue guerriero per antonomasia.
    La sua comparsa, tuttavia, contrasta un'antica profezia che annunciava la venuta di un predestinato (maschio) che avrebbe portato l'intero clan alla gloria eterna grazie ad uno strumento leggendario, la Heavenly Sword, custodito con cura millenaria nel loro villaggio.
    Tale artefatto divino scatena di lì a poco le brame di un malvagio rè di nome Botham che grazie ad un vastissimo esercito invade il villaggio di Nariko, massacrandone i valorosi guerrieri ed, inevitabilmente il padre.
    La fanciulla mossa da un ardente desiderio di vendetta brandisce la pericolosa spada, decisa più che mai ad inondare di sangue la strada che la separa dal malvagio Botham.
    La bella Nariko non sa cosa l'aspetta: la Heavenly Sword può essere domata solo da coloro che possiedono poteri divini; nelle mani sbagliate la sua incontrollabile ed incommensurabile potenza si ciba letteralmente dell'energia del portatore, estinguendone in breve la fiamma vitale.
    Il filo conduttore dell'intera avventura sarà quindi la costante corsa contro il tempo per tentare di slegare la fanciulla da quello che sembra essere un fato ormai indissolubile ed il continuo ricorso alla violenza per nutrire il magico artefatto delle anime dei nemici.
    Saranno perciò infinitesimi i momenti di riflessione nei quali avremo il tempo necessario per affrontare argomenti quali la giustizia o il decadimento morale portato dal rancore e dalla sete di vendetta.

    Un film interattivo

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    Il gameplay di Heavenly Sword riprende strutture già viste in capolavori quali God Of War, Legacy Of Kain e Devil May Cry, per citarne alcuni, riproponendole con un rinnovato vigore dato da spiccati elementi di teatralità e spettacolarità che rendono HS, grazie anche ad alcune particolari meccaniche, un vero e proprio film interattivo.
    Durante l'intera avventura saremo chiamati quasi esclusivamente a combattere ed è proprio per questo che, in fase di sviluppo, il combattimento è stato approfondito in maniera a dir poco maniacale, nel tentativo di unire ad una gran varietà di combinazioni una comoda e completa fruizione del Sixaxis utilizzando come collante un semplice quanto efficace sistema di controlli.
    Nariko utilizzerà principalmente la Heavenly Sword, dotata di 3 possibili configurazioni d'attacco, ognuna con il suo peculiare set di mosse: in configurazione normale (tasti liberi) le lame saranno 2 e gli attacchi, rapidi e di media potenza, saranno efficaci dalla corta distanza.
    Nella configurazione “Light” (agendo sui dorsali L) le due lame si legheranno alle braccia tramite delle catene che permetteranno attacchi ancor più veloci a scapito della potenza, acrobatiche proiezioni in aria ed un raggio d'azione leggermente più ampio.
    Ultima ma non meno importante la “Heavy Stance” (R) che permetterà a Nariko di fondere le spade in una sola, molto più grande ed enormemente più potente ma con un pesante malus in manegevolezza e velocità.
    Questi 3 stili di lotta non saranno mai vincolanti, dando la possibilità di passare dall'uno all'altro in qualunque momento per effettuare lunghe e spettacolari combo, a terra come a mezzaria, da intervallare con prese e contromosse.
    Le prese, relegate al tasto X, consentiranno a Nariko non solo di sbalzare gli avversai lontano con movimenti che uniscono teatralità e grazia femminea ma anche di raccogliere e scagliare o calciare -senza interrompere le combo- qualunque oggetto presente nello scenario (compresi i cadaveri); non bastasse saremo anche in grado di raccogliere da terra qualsiasi arma lasciata dai nostri avversari.
    A seconda del posizionamento di avversari e pupa digitale la pressione del tasto X porterà ad una proiezione diversa, grazie ad un algoritmo che calcolerà le posizioni di entrambi i corpi e la dinamica legata ad ogni possibilità di contatto.
    Il tasto Triangolo è legato alle contromosse che, utilizzate con il giusto tempismo, potrebbero porre immediatamente fine alla vita degli avversari, mostrando il tutto tramite un'ampia serie di animazioni dedicate.
    Quando porteremo a segno delle combinazioni particolarmente ispirate o importanti ci verrà data l'opportunità di terminare il nemico in maniera “speciale”: appariranno a schermo dei tasti da premere in sequenza, alla stregua di un Quick Time Event, che condurranno l'avversario ad una tra le tante, cruente, morti previste; anche in questi frangenti non mancherà un taglio tipicamente cinematografico con tanto di acrobazie in slow motion e telecamere dinamiche.
    Recentemente sono state confermate le voci che volevano Nariko affiancata da un'altra affascinante ragazza di nome Kai.
    Quest'ultima, esperta nel combattimento dalla distanza, fungerà da comprimaria ed aiuterà la rossa protagonista in situazioni particolarmente delicate che richiedono la precisione degna di una maestra tiratrice.
    Per quel che si è potuto vedere Kai è in possesso unicamente di un arco il cui utilizzo cambia a seconda delle “Stance”, proprio come la spada della bella eroina: in un caso potremo mirare semplicemente grazie ad un indicatore, lasciando la freccia al suo naturale percorso; nell'altro, grazie all'abilità della ragazza, potremo controllare la freccia -una volta scoccata- in prima persona tramite le funzioni “motorie” del Sixaxis oppure tramite lo stick destro.
    Controllando la freccia avremo la facoltà di mirare qualunque parte del corpo dei nemici provocando reazioni diverse; facendo passare la suddetta freccia attraverso il fuoco, inoltre, la renderemo incendiaria aumentandone notevolmente il potere distruttivo.
    Entrambe le donzelle saranno dotate anche di mosse diversive quali salti e schivate eseguibili ruotando con tempismo il Sixaxis sull'asse orizzontale oppure, più semplicemente, facendo leva sullo stick destro.
    Il ritmo frenetico dei combattimenti è spezzato qua e là da magistrali cut-scene che raccontano lo svolgersi dei fatti, spettacolari QTE e sessioni “alternative” dove vedremo, ad esempio, la nostra Nariko respingere l'attacco di alcune truppe tramite una sorta di lanciarazzi.
    I QTE in particolare, grazie alle suggestive inquadrature, permettono di ammirare i meravigliosi panorami e di esprimere al meglio tutte le potenzialità del motore grafico e del motore fisico del gioco.
    E' importante ricordare che il fattore tempo avrà un'importanza vitale nello svolgersi dell'avventura in quanto ogni secondo sarà strettamente legato alla sopravvivenza della protagonista la cui vita, in assenza di cadaveri, verrà continuamente assorbita dalla spada; proprio per questo i vari stage saranno accompagnati da un vero e proprio conto alla rovescia che sancirà l'eventuale game over.

    Nariko & Kai on the showfloor

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    Durante l'Electronic Enterteiment Expo 07 appena conclusa sono stati mostrati ben due livelli giocabili inediti di Heavenly Sword che mostrano appieno tutte le caratteristiche finora descritte.
    Il primo livello vede Nariko su un pilastro di roccia, collegato ad un'altro tramite delle gigantesche funi: dopo i primi attimi di stupore nell'ammirare il panorama offerto dalle cascate e dalla rigogliosa vegetazione sottostante ci gettiamo nel primo QTE.
    Premendo freneticamente X acceleriamo la nostra corsa lungo una delle funi verso il pilastro centrale, dove una mezza dozzina di nemici ci attende per un aperitivo; i maleducati pensano però di renderci la vita più difficile, tagliando la suddetta fune con un secco colpo d'ascia.
    Senza perdersi d'animo ruotiamo il Sixaxis verso sinistra, facendo compiere alla nostra eroina un acrobatico balzo verso sinistra, schivando contemporaneamente il ritorno elastico della fune spezzata.
    Ben presto anche questo secondo appoggio viene a mancare ma, sempre premendo X, scivoliamo sulla corda già spezzata e deformata utilizzandola come trampolino per un salto in avanti che si conclude, previa pressione del tasto QUADRATO, con un perfetto atterraggio preceduto da un poderoso calcio volante votato a far precipitare uno dei malcapitati.
    Conclusa questa prima battaglia Nariko spezza anche l'ultimo tirante, precipitando assieme all'enorme pilastro verso il basso, in una zona, nemmeno a farlo apposta, ricca di nemici.
    Dopo essersi salvata a bruciapelo dallo schianto l'eroina prende parte all'ennesimo scontro in cui, grazie alla presenza di botti, sedie e tavoli, vengono mostrate alcune peculiarità del motore fisico.
    Ogni collisione con uno degli elementi dello schermo comporta una reazione che, a seconda della violenza, può andare dal semplice spostamento alla rottura; ciò che si rompe non sparisce come accade in molti dei titoli considerati “next gen” ma rimane sul terreno di gioco, continuando a muoversi a seguito di ulteriori urti.
    Tutti questi oggetti, oltretutto, sono utilizzabili da Nariko come armi da scagliare addosso ai nemici.

    La seconda demo giocabile presenta Kai come unica protagonista, nell'intento di raggiungere ed uccidere uno dei capitani dell'armata nemica.
    La fanciulla si trova su un montacarichi di legno sospeso nel vuoto, tramite il quale deve attraversare il baratro che la separa dal nascondiglio del suo bersaglio; ad ostacolarla, di fronte e su un camminamento alla sua sinistra, un buon numero di soldati, armati a loro volta di arco e freccie.
    Una volta eliminati -riparandosi grazie alle paratie del montacarichi- quelli laterali e superata la metà del percorso, i soldati in fronte a noi, decisamente più numerosi, cominciano ad attaccare in massa.
    La vicinanza ed il copioso numero di frecce concorre presto a frantumare in maniera estremamente realistica l'intera cabina passeggero composta interamente in legno.
    Kai, con l'agilità di un felino, si appende con le gambe al sostegno metallico che reggeva la cabina, rimanendo a testa in giù e costringendoci a combattere da questa posizione; tutte le frecce scagliate “al rovescio” e seguite in prima persona come precedentemente descritto, saranno accompagnate da telecamera rovesciata, come se guardassimo a testa in giù, rovesciando di conseguenza anche i movimenti da effettuare con il Sixaxis.
    Eliminati i nemici e raggiunta la sponda ci accorgiamo che l'edificio in cui il nostro uomo si nasconde è barricato e non consente un accesso diretto; sfruttando ancora una volta le doti balistiche di Kai scocchiamo una freccia attraverso una fessura, direzionandola contro delle botti contenenti polvere da sparo per far saltare in aria il malcapitato.

    Sogno o son desto?

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    Tecnicamente Heavenly Sword è senza ombra di dubbio la punta di diamante dell'intera lineup PS3, a cominciare dalla realizzazione di ciascuno dei personaggi principali.
    Nariko, rè Botham e Kai sono modellati con un livello di dettaglio mai visto prima (il viso presenta addirittura le caratteristiche impercettibili della pelle) e animati in maniera ultra realistica attraverso lunghe e complesse sessioni di motion capture, svoltesi in un apposito laboratorio in Nuova Zelanda utilizzando persone reali letteralmente ricoperte dai classici marker per recitare ogni cut scene presente nel gioco.
    Ne risultano sequenze che sembrano tratte da un film e non hanno nulla da invidiare, soprattutto perchè realizzate con grafica di gioco anziché CG, al film Final Fantasy, uscito nelle sale qualche anno fa.
    Ogni volto presenta una gamma di espressioni la cui varietà e paragonabile all'essere umano: zigomi in evidenza per un sorriso, fronte corrugata, labbra in perfetta sincronia con il parlato e, infine, gli occhi più belli mai visti in un videogioco, tanto da sembrare anch'essi, data la ricchezza di riflessi e movimenti, reali.
    Leggermente meno curati vestiti, capigliature e corpi, sempre in movimento e di pregevole fattura ma connotati da una realizzazione di qualità inferiore alla perfezione dei volti; si notano, in particolare, alcune imperfezioni appena percettibili se si osservano accuratamente le giunture e le dita che si presentano ancora un po' spigolose.
    Le movenze di Nariko sono fluide, ben realizzate e talmente diversificate che serviranno diverse sessioni di combattimento e non per ammirarle tutte.
    Durante l'azione anche i personaggi secondari si muovono bene e sembrano essere caratterizzati da una quantità piuttosto vasta di animazioni differenti che, al momento, fanno soffrire il motore grafico nei momenti più concitati causando consistenti perdite di frame rate; gli stessi sviluppatori, tuttavia, hanno dichiarato di essere in fase di bugfixing concentrata proprio su questo aspetto.
    I panorami ammirabili durante l'avventura sono mozzafiato, ricchi di elementi in movimento quasi fossero vivi ed arricchiti da un uso massiccio di HDR, effetti particellari (polvere, schizzi d'acqua) allo stato dell'arte, una palette di colori vivace ed una gamma di effetti di luce da far impallidire il Sole.
    Texture (con abbondante uso di normal map) e shader non sono da meno: ogni superficie assume le sue caratteristiche e il suo “spessore” rendendo notevolmente più realistico qualsiasi panorama; non si nota nemmeno l'aliasing caratteristico delle ultime produzioni su monolito Sony.
    Come il motore grafico anche il motore fisico è stato perfezionato ed offre un'ottima resa sia per quanto riguarda le collisioni sia per la distruttibilità degli elementi a schermo; in qualche frangente si notano ancora fastidiose compenetrazioni poligonali ma si spera che questi ultimi mesi di messa a punto siano sfruttati per limare anche questi difetti.

    COMMENTO FINALE

    Nonostante nei prossimi mesi ci siano diversi prodotti in grado di fare la voce grossa nella lineup Sony (vedi MSG4 o Killzone 2), siamo del parere che Heavenly Sword, grazie al suo collocarsi come primo successore Next Gen a God Of War e grazie al suo immenso comparto tecnico, fungerà da ariete per aprire nuove strade a Sony in un mercato che, in questa nuova era, non la vede ancora protagonista.
    Consci che il team di sviluppo è piuttosto giovane e che vi fanno parte due ragazzi italiani, siamo ancor più orgogliosi di affermare che, se Heavenly Sword procederà per questa strada, sarà senz'altro una delle KA del prossimo autunno-inverno.

    Fonte: Everyeye.it

    Edited by jonny100000 - 2/8/2007, 00:55
     
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  10. jonny100000
     
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    Need For Speed : Pro Street

    Sistemi: XBOX 360 | PS3 | PC
    Genere:Racing Game
    Sviluppatore:Electronic Arts
    Supporto:DVD
    Età consigliata:PEGI 12+
    Lingua:All Italiano
    Giocatori:Multiplayer e Online
    Supporto online:xbox live
    Requisiti di sistema:xbox 360
    Audio:Stereo
    Res. video:fino a 1080i

    Distribuito da: Electronic Arts
    Evento: E3 2007

    Pro Street

    La serie di Need for Speed negli ultimi anni si è assestata su standard qualitativi decisamente buoni: ottimo comparto tecnico, buona giocabilità, gioco online, customizzazione delle macchine e tanto divertimento. Il reale problema del brand risiede nella poca varietà riscontrabile tra un capitolo e l'altro, che spesso ha reso praticamente inutile comprare il nuovo titolo se si era già in possesso dell'edizione precedente.
    Nonostante tutto il franchise è uno dei più solidi e redditizi a disposizione di EA, fattore che contribuisce a garantire sempre una qualità produttiva d'eccezione. Nel corso dell'E3 2007 è stato presentato il nuovo Need for Speed, Pro Street, ma bisogna premettere che le premesse sono molto “fumose”!

    Quando il fumo non da fastidio agli occhi

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    Sembrerà banale o riduttivo, ma il motivo per cui si ricorderà questo capitolo di Need for Speed sarà per l'effetto fumo che gli svilupptori sono stati in grado di riprodurre. I grafici EA stavolta si sono superati, ricreando il fumo più realistico mai visto in un videogioco, dotato di una sua consistenza e “fisicità”. Questo vuol dire che nel caso ci mettessimo a sgommare prima della partenza, potremmo ammirare il fumo diventare sempre più denso fino ad ostacolare completamente la visuale di gioco. In questa situazione se ruotassimo la telecamera potremo vedere lo stesso fumo circondare in maniera realistica i pneumatici dai quali è prodotto. È evidente come questo aspetto incida davvero poco sulla qualità globale del titolo in questione, ma è anche indubbio che chiunque visioni il filmato rimanga rapito dalla maestria con la quale questo effetto è riprodotto.
    Rimanendo in ambito di realizzazione tecnica si nota come il lavoro complessivo svolto sia egregio, soprattutto considerata la natura multipiattaforma del titolo; le macchine sono molto belle, definite e piene di superfici riflettenti, la pista provata era ricca di dettagli e di ostacoli interattivi, quali piloni dell'elettricità o birilli da frantumare liberamente durante la corsa (anche se ai fini del gioco potrebbe non essere una buona idea).
    La fisica e la dinamica degli incidenti sono state rivedute e corrette, rendendo il tutto molto più realistico, sia dal punto di vista estetico, attraverso un'ottima resa dei danni subiti, sia dal punto di vista della meccanica di gioco, in quanto i danni influenzeranno le perfarmances della macchina.
    Il motore grafico del gioco non ha mostrato incertezze, esibendo sempre un frame rate costante.
    Dalla demo emergono comunque delle sbavature che si spera verranno corrette prima della pubblicazione finale. La prima riguarda l'effetto pop-up che coinvolge soprattutto i lampioni e gli altri oggetti al bordo della strada. Il secondo difetto è frutto più che altro frutto di un'impressione: quella che sull'asfalto si ripetano sempre le stesse textures, piuttosto belle, ma dopo alcuni minuti monotone. L'ultimo appunto vorremmo farlo alla sensazione di velocità restituita dal gioco, tutt'altro che trascendentale.

    Prova su strada

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    Rispetto alle edizioni precedenti è stato promesso un maggiore realismo, riscontrabile, come già accennato, nel nuovo sistema di gestione delle collisioni e nel modello di guida proposto. Questo significherà un diverso approccio alle gare, fatto non più di sportellate e fuoripista, ma di frenate e sorpassi millimetrici. Sicuramente non arriveremo ai livelli di Forza 2, ma la differenza rispetto al passato si sentirà tutta. Lo stile di gioco rimarrà immutato, ma la sensazione di guida garantirà maggior profondità, soprattutto allorché decideremo di disattivare tutti gli aiuti disponibili.
    Minimizzare i danni della propria vettura risulterà particolarmente importante per avanzare nel gioco; ogni scenario (le gare saranno suddivise in scenari autonomi, non ci saranno più città da percorrere alla ricerca di sfide) sarà affrontabile con un numero limitato di macchine. Una volta distrutte tutte quelle a disposizione il gioco ci costringerà a ripetere tutte le gare affrontate fino a quel momento.
    Ogni scenario offrirà una grande varietà di sfide diverse, quali gare di dragster, di velocità, di sbandate, al termine delle quali ci verrà proposta la sfida con un “boss” di fine livello. Affronteremo quindi il Drift King, lo Speed King, il Drag King e così via.
    Tra le nuove caratteristiche risalta la presenza di una nuova intelligenza artificiale capace di rendere lo stile dei vari piloti molto personale nelle linee seguite e nell'aggressività, oltre che di renderli molto più “umani”, capaci quindi di commettere errori.
    Anche se non specificato o sottolineato le fasi di customizzazione delle macchine rivestiranno ancora grande importanza nell'economia di gioco, saranno sempre molto ricche e particolareggiate, mentre il reparto online presenterà tutte le opzioni e caratteristiche che ormai sono diventate uno standard per questo genere di produzioni.
    La pubblicazione è prevista negli ultimi mesi dell'anno.

    COMMENTO FINALE

    Anche quest'anno la serie di Need for Speed si presenta all'appuntamento natalizio sfoggiando una solidità e completezza dei propri contenuti ammirevoli. Alla EA hanno cercato di rimescolare le carte di una formula che ormai appariva quasi stantia. L'approccio alle gare è stato modificato, rendendo il modello di guida un po' meno arcade e dando molta importanza ai danni delle vetture. Si è scelto di abbandonare l'esplorazione libera delle città a favore di una maggiore centralità delle gare e si è introdotto il concetto di “boss finale”. Come ultima chicca il comparto grafico risulta essere molto convincente, con un effetto fumo e una restituzione visiva dei danni subiti davvero eccezionali. In altre parole questo sembra essere un prodotto che difficilmente deluderà le aspettative dei fan della serie, anche se non ha la volontà di rivoluzionarla.

    NBA '08

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    Sistemi: PS2 | PS3 | PSP
    Genere:Simulazione Sportiva
    Sviluppatore:SCE Studios San Diego
    Supporto:Blue Ray
    Età consigliata:ND.
    Lingua:All Italiano
    Giocatori:Multiplayer e Online
    Supporto online:Si
    Audio:DTS
    Res. video:720p - 1080p

    Distribuito da: Sony
    Evento: E3 2007

    Uno sport in ascesa

    Da alcuni anni, grazie alle numerose emittenti televisive satellitari, si è diffusa anche in Italia una particolare passione per le leghe sportive americane (NBA, NFL, NHL) che propongono sport come il basket, il football e l'hockey a livelli agonistici massimizzati.
    Parallelamente a questa crescita d'interesse si sono diffusi e sviluppati sempre più titoli che propongono simulazioni, più o meno riuscite, delle suddette discipline; nella battaglia EA Sports vs. 2KSports, che si spartiscono di anno in anno questo mercato, si è inserita, a partire dal 2007 anche Sony, proponendo qualcosa di leggermente diverso.
    NBA '08, in uscita nel tardo inverno su Sony Playstation 3, Playstation 2 e PSP, si ripropone di migliorare gli spunti già proposti dal capitolo precedente, ponendosi come punto di riferimento alternativo alle simulazioni pure, grazie soprattutto alla sua impostazione prettamente Arcade.
    Nel corso dell'E3 appena terminata Sony ha svelato una nuova build del gioco, capace di mostrare gran parte delle caratteristiche che andranno a comporre il gameplay di NBA '08.

    E' davvero basket?

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    Lo scorso anno il titolo Sony non aveva impressionato particolarmente, presentandosi come uno sconosciuto outsider dal dubbio valore.
    Intelligenza artificiale appena sufficiente, poca varietà nel gameplay e nelle situazioni di gioco e, per finire, una scarsa sensazione di padronanza del gioco da parte del videogiocatore che, unita ad una realizzazione tecnica sottotono, ha contribuito a svalutare catastroficamente il prodotto.
    Il team SCE Studios di San Diego, responsabile dello sviluppo, ha quindi deciso di rimboccarsi le maniche, guardare qualche partita in più e riprovarci con la consapevolezza di non aver nulla da pardere dopo il primo flop.
    Data la connotazione arcade del titolo, è stato inserito un sistema di progressione che, dopo un certo numero di rimbalzi conquistati, triple, schiacciate, stoppate e via discorrendo, permette di sbloccare degli elementi interessanti da utilizzare in single come in multiplayer.
    Alcune cose mostrate risultano davvero pazzesche: un'ampia gamma di accessori per gli atleti e campi da basket costruiti in hangar militari o addirittura su navi da crociera.
    Gli sviluppatori si sono quindi concentrati sull'implementazione dei controlli ed, in particolare, delle funzionalità motorie del Sixaxis: è stato quindi sviluppato un sistema -chiamato Freesix- che permette al giocatore di eseguire finte, progressioni, virate sul piede perno e molte altre movenze tipiche del basket semplicemente ruotando il controller lungo i suoi assi; questo sistema, dalla prova sul campo, ha mostrato una maggior immediatezza nel controllo dei giocatori ed una maggior precisione nei movimenti.
    Sempre in ambito controlli è stato implementato un altro algoritmo battezzato Key Control che consente di prendere le redini di ben due giocatori contemporaneamente; tale sistema assegna il controllo del giocatore principale alla levetta analogica sinistra e del giocatore secondario alla levetta destra.
    Grazia a questa novità sarà possibile fare dei rapidi aggiustamenti in difesa, sistemando due uomini alla volta e ricreando, per la prima volta manualmente, ogni schema difensivo che frullerà nel nostro cervello di coach.
    In attacco, invece, avremo la possibilità di eseguire mosse spettacolari come gli Alley Hoops in maniera estremamente facile oppure, per chi preferisse il gioco più “terra terra”, smarcare gli avversari facendo uso di complesse reti di passaggi e cambiando frequentemente posizione.
    Anche l'IA della CPU è stata migliorata ed ora si comporterà adattandosi al videogiocatore grazie ad un completo sistema di statistiche che memorizzerà accuratamente tutte le tendenze del giocatore umano: giocando maggiormente sugli esterni, ad esempio, la CPU proporrà una stretta difesa a uomo per stroncare i tentativi di tiro da fuori, al contrario, se ci affideremo troppo alle penetrazioni, la difesa si disporrà a zona.
    Data la connotazione arcade del titolo, tuttavia, non sarà possibile ricavare moltissima varietà da tutte queste features e non si vedrà un -anche solo accettabile- livello simulativo; schemi, blocchi e circolazione di palla, quindi, non sempre (per non dire quasi mai) saranno più efficaci di una cavalcata solitaria verso il canestro con conseguente schiacciata, rendendo pressochè inutili tutte le features introdotte e rendendo eccessivamente ripetitiva l'azione di gioco.

    NBA '08 presenterà anche una corposa modalità multiplayer online sulla quale i game developer non si sono ancora sbottonati più di tanto.
    Ci è dato sapere che la stessa mole di statistiche presenti offline sarà presente anche online e i giocatori, prima del match, potranno consultare la scheda dell'avversario per valutarne le tendenze e preparare la controffensiva.

    Anche l'occhio vorrebbe la sua parte

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    Tecnicamente, dai primi filmati in-game rilasciati, NBA '08 sembra piuttosto sottotono; anni luce paiono separarlo dalla cura con la quale vengono realizzati fin nei minimi dettagli giocatori e palazzetti nei titoli concorrenti con i quali, inevitabilmente, si confronta.
    I giocatori presentano una mole di poligoni piuttosto scarsa che si traduce a schermo con la mancata somiglianza con le controparti reali; somiglianza non certo migliorata da un comparto animazioni non troppo vario e qualitativamente non a livello della current generation.
    Fortunatamente texture e shader che caratterizzano i vari palazzetti sono di buon livello e contribuiscono, grazie ad effetti luce azzeccati, a ricreare almeno in parte l'atmosfera di una vera partita di basket.
    Per quanto riguarda la fisica della palla non sembrano stati fatti passi avanti: durante l'azione rimane quasi incollata alle mani dei giocatori per poi staccarsi in maniera innaturale e compiere, in aria, traiettorie altrettanto innaturali.
    Di particolare rilievo, in senso negativo, l'effetto della sfera che si infila nel canestro, tradotto con un'animazione che, anche sulla schiacciata, blocca la palla a livello del ferro e la fa entrare dolcemente nella retina.

    COMMENTO FINALE

    Alla luce dei fatti, per quanto le informazioni in nostro possesso siano piuttosto esigue, NBA '08 non sembra ancora avere la solidità necessaria per confrontarsi con le maggiori produzioni sul mercato.
    Anche se il suo essere volutamente arcade non lo mette in diretta competizione con brand fortissimi del calibro di NBA 2K ed NBA Live, NBA '08, figlio di una realizzazione tecnica al limite della sufficienza e di un gameplay che ancora risente di un'eccessiva ripetitività di routine fin troppo sfruttate, non sembra riuscire ad imporsi come una valida alternativa o come un divertente affiancamento.
    Per ora possiamo dare atto a Sony di averci provato anche in questo campo ma, senza dei consistenti miglioramenti alla struttura portante ed al look esteriore, il brand non avrà lunga storia e farà inevitabilmente la fine dell'oramai dimenticato NBA Courtside.

    Star Wars : Force Unleashed

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    Sistemi: PS3 | XBOX 360
    Genere:Azione/Avventura
    Sviluppatore:Lucas Arts
    Supporto:Blu Ray
    Età consigliata:ND.
    Lingua:ND.
    Giocatori:ND.
    Supporto online:ND.
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:ND.
    Res. video:ND.

    Evento: E3 2007

    La Forza delle Guerre Stellari

    Come tutti gli appassionati di Guerre Stellari sapranno, la cosiddetta Forza è “un campo di energia mistica generato da tutti gli esseri viventi che pervade l'universo e tutto ciò che esso contiene, venerato dai Cavalieri Jedi che sono in grado di sfruttarlo per ottenere poteri sovrumani” (tratto da wikipedia.it). I suoi effetti sono molteplici: controllo delle menti più deboli, telecinesi, telepatia, magnetismo, facoltà di controllare potenti scariche elettriche. In occasione dell’E3, in corso nell’assolata Santa Monica a due passi da Los Angeles, Lucas Arts ha mostrato ai fortunati presenti i progressi fatti nello sviluppo di Star Wars: Force Unleashed, in uscita per Playstation 3 nella primavera del 2008.

    Affascinanti Tech Demo

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    Lo scorso mese di febbraio, i programmatori hanno organizzato una conferenza dove presentare alla stampa specializzata alcune tech demo fondamentali per il motore grafico e fisico di "Force Unleashed". Il realismo del titolo poggia su due pilastri tecnologici: il Digital Molecular Matter e il Natural Motion’s Euphoria. Il primo gestisce la fisica di materiali, muri e oggetti inanimati: i filmati mostrati pochi mesi fa mettevano in evidenza come il motore fisico non gestisse la distruzione di una parete di legno (ad esempio) tramite logaritmi precalcolati, bensì simulava la disintegrazione della stessa in base alle dimensioni, alla traiettoria e alla velocità dell’oggetto dalla quale veniva colpita (nel caso della tech demo, un mini-modello di D2R2). Il Natural Motion’s Euphoria, invece, arricchisce l’intelligenza artificiale dei nostri avversari: il particolare programma creato da Lucas Arts porta i personaggi digitali ad agire autonomamente per sopravvivere ai nostri attacchi. Il lancio di una guardia imperiale contro una trave posta a 20 metri di altezza, ad esempio, porterà il malcapitato ad aggrapparsi con tutte le sue forze a quel appiglio; nel caso venisse lanciato un secondo avversario, quest’ultimo si attaccherà disperatamente alle gambe del primo costringendolo alla caduta. Una tale innovazione nella gestione del comportamento dei nostri nemici può non solo approfondire il gameplay di Star Wars: Force Unleashed, ma anche rendere l’uso della Forza estremamente interessante e affascinante, mentre si osservano i vani tentativi dei nostri avversari di porsi in salvo. La presentazione di queste tech demo, in contemporanea con l’annuncio della stretta collaborazione tra il team di sviluppo e la Industrial Light & Magic (artefice degli effetti speciali visti in Episodio I, II e III), fa sicuramente ben sperare.

    Il Lato Oscuro della Forza

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    Il plot narrativo di Star Wars: Force Unleashed prende avvio dalla fine di Episodio III: la vendetta dei Sith. Come ricorderete, Anakin Skywalker abbandona la retta via insegnatagli dal maestro Obi Wan Kenobi per abbracciare il Lato Oscuro della Forza, sotto il comando di Palpatine/Darth Sidious. Nel videogioco prenderemo il controllo di un ancora innominato e segreto apprendista di Darth Fener (o Darth Vader nella versione inglese), incaricato di realizzare i malvagi piani del padrone affinché possa divenire imperatore dell’intero universo. Contrariamente alla tipologia classica di videogioco, quindi, stavolta impersoneremo un personaggio fortemente negativo e oscuro, insensibile alla morte e alle sofferenze altrui.
    Il titolo del videogioco prodotto da Lucas Arts è particolarmente indicativo: Force Unleashed (da “leash”, guinzaglio) significa forza sguinzagliata, incontrollata, liberata, sfoderata. Il poliedrico potere, come visto nell’ultimo trailer presentato all’E3, giocherà un ruolo fondamentale nella giocabilità del titolo. Dimenticate le poche pietre fatte levitare dai poteri di Luke Skywalker in occasione del duro allenamento condotto dal maestro Yoda in Episodio V: L’Impero colpisce ancora. In Force Unleashed il nostro alter ego digitale avrà la facoltà di controllare e muovere enormi casse e oggetti; nel trailer mostrato recentemente in California, addirittura un’enorme astronave veniva bloccata a terra grazie alla Forza del protagonista!

    Modalità d'attacco

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    Oltre alla Forza, non poteva mancare la luminescente spada laser rossa tipica dei Sith e dei loro allievi. Le due modalità di attacco, a giudicare dai filmati, potranno essere intercalate per eseguire poderosi e spettacolari attacchi: un campo di forza generato a terra, ad esempio, sbalzerà in aria lo sfortunato avversario, rendendolo così vulnerabile ai nostri attacchi volanti. La spada laser, inoltre, potrà essere lanciata e controllata dalla Forza per colpire nemici sulla lunga distanza. Analogamente, una guardia imperiale infilzata potrà venir proiettata in aria grazie ad un semplice cenno della mano per poi essere lanciata (ad esempio) contro un gruppo di avversari.
    L’interazione dei livelli presenta una gestione fisica degli oggetti circostanti piuttosto realistica, soprattutto grazie al sopra citato Digital Molecular Matter: un campo di forza generato dal malvagio allievo di Darth Fener comporterà non solo l’allontanamento istantaneo dei nemici nelle immediate vicinanze, ma anche la contemporanea distruzione di strutture, vetri e casse presenti a pochi metri da lui. I poteri derivati dalla Forza non si fermano qui: il nostro alter ego digitale potrà lanciare potenti scariche elettriche dalle proprie mani, nonché sollevare in aria i nemici circostanti per poi lanciarli fuori dalle finestre. Allo stesso modo, delle casse potranno venir controllate e conseguentemente lanciate verso TIE fighter impegnati a sorvolare i cieli della città. Inutile dire come la conseguenza dell’inconsueto attacco sarà la completa distruzione del nostro obiettivo, per la gioia del nostro maestro Darth Fener.

    COMMENTO FINALE

    Star Wars: Force Unleashed non sembra essere un semplice titolo videoludico ispirato ad una delle più famose e redditizie saghe cinematografiche della storia. L’impegno profuso nella creazione di motori grafici e fisici ad hoc promettono un’interazione notevolmente realistica ed una gestione dell’Intelligenza Artificiale dei nostri nemici. Il fatto che manchino ancora 8 mesi alla sua uscita, rende il titolo largamente perfezionabile e correggibile fin nei più minimi dettagli. Vedremo se l’occasione verrà sfruttata per realizzare un titolo di assoluta qualità, e non un semplice tie-in dalla facile commercializzazione e vendita. Per ora, citando il mitico Darth Fener, possiamo solo dire: la Forza è potente in questo videogioco.

    Edited by jonny100000 - 2/8/2007, 01:18
     
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  11. jonny100000
     
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    User deleted


    F.E.A.R. 2

    Sistemi: PC | PS3 | XBOX 360
    Genere:First Person Shooter
    Sviluppatore:Monolith
    Supporto:Blue-Ray Disc
    Età consigliata:ND.
    Lingua:ND.
    Giocatori:ND.
    Supporto online:ND.

    Evento: E3 2007

    La paura ha un nuovo volto

    Non ha neppure un nome ma fa già parlare di sé. Ci riferiamo all’attesissimo sequel di F.E.A.R., valido sparatutto in prima persona che ha mandato in delirio i giocatori di mezzo mondo grazie alla particolarità della sua sceneggiatura a metà strada tra horror e fantascienza. In attesa di risolvere la questione legata ai diritti d’autore (Vivendi non cede tanto facilmente un marchio così prezioso), Warner Bros e Monolith, rispettivamente publisher e team di sviluppo, hanno presentato proprio ieri una demo contenente un abbozzo del primo livello di gioco della nuova produzione. E siccome riusciremo a vederla sui nostri scaffali non prima del 2008, cercheremo di farci un’opinione con quel poco che abbiamo.

    Il ritorno di Alma

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    Ambientato durante l’ultima mezz’ora di gioco del suo predecessore, questo sequel avrà inizio all’interno di un ospedale o quantomeno in un ambiente molto simile a quello ospedaliero. Il protagonista si sveglierà nel bel mezzo di un’infermeria per poi assistere ad una violenta deflagrazione che lo metterà KO ancora per un bel pezzo. Al suo risveglio, troverà tutto il personale morto stecchito: solo pochissimi fortunati sono scampati all’esplosione ma solo per finire trucidati dai crudeli corpi speciali che si aggirano nell’edificio, presunti responsabili del massacro. Se da un lato potrebbe far discutere la scelta di un nuovo personaggio principale, dall’altro le rassicurazioni degli sviluppatori sulla decisione di mantenere l’assoluta continuità rispetto trama precedente fanno dormire sonni tranquilli: Alma, l’inquietante ragazzina dotata di poteri psichici, sarà di nuovo l’elemento chiave del titolo, il collante che reggerà una storia ugualmente intensa e truculenta.

    Nel primo episodio, difatti, lo spirito della ragazzina (sarà un caso, ma Alma vuol dire “anima” in spagnolo) incideva attivamente sul gameplay sotto forma di manifestazioni paranormali che si traducevano in veri e propri cambiamenti dell’ambiente di gioco: sbalzi di corrente, visioni, spostamento di oggetti e persino soldati incendiati dalla furia distruttiva della piccola. Sebbene non si conoscano ancora maggiori dettagli riguardo al ruolo che sarà affidato alla pestifera sensitiva, quello che invece risulta chiaro fin da ora è che in questo sequel dovrete vedervela ancora una volta contro degli scagnozzi super tecnologici armati fino ai denti.

    Il pericolo sarà dunque in agguato dietro ogni angolo e per facilitare i giocatori nell’assicurarsi un riparo dal fuoco nemico, Monolith offrirà la possibilità di crearsi una copertura servendosi degli elementi presenti nel campo di gioco; una pensata che appare a dir poco elettrizzante se pensate alla soddisfazione del poter interagire appieno con le location in modo da sfruttare ogni cosa a proprio vantaggio. Pareti, macchinari e casse non saranno più l’unico spazio solido che vi separerà dagli oppositori e a tal fine il team di sviluppo ha sottolineato la presenza di numerosissimi oggetti da raccogliere e riposizionare negli scenari in modo da crearsi una rapida protezione nelle situazioni più difficili.

    Nessuna notizia è invece trapelata sulla tipologia di armi in dotazione al personaggio anche se, verosimilmente, ci si aspetta di vedere i solito mix di strumenti di offesa composto da granate, fucili, mitragliette, laser dalla potenza inaudita e via discorrendo. Nonostante il cambio di protagonista, il novello eroe sarà in grado di utilizzare il potere di rallentare il tempo, una caratteristica posseduta dal main character del primo capitolo e che, soprattutto a livello visivo, funzionava alla grande.

    Il miglioramento più significativo, ad ogni modo, sembra consistere nell’implementazione dell’intelligenza artificiale che, a quanto pare, verrà gestita in maniera del tutto dinamica. Niente più script o comportamenti prestabiliti (sequenze filmate escluse ovviamente); le azioni dei nemici dipenderanno solo ed esclusivamente dalle mosse del giocatore rendendo le situazioni di gioco più realistiche e meno prevedibili. Particolare merito va all’ampliamento degli “stati d’animo” dei combattenti che conterà una consistente varietà di atteggiamenti associati ad una determinata condizione: se punterete un’arma addosso ad un nemico, ad esempio, la sua prima reazione sarà quella di mettersi fuori dalla vostra portata accucciandosi, rotolandosi o gettandosi in acqua ove possibile. In alcuni casi, addirittura, vi capiteranno a tiro soldati talmente codardi che, al vostro cospetto, inizieranno a farsi prendere letteralmente dal panico. Niente male come presupposti, senza contare che il vecchio “sistema di energia” basato sulla raccolta e sull’utilizzo manuale dell’oggetto curativo verrà sostituito dal più attuale health system progressivo che ricaricherà le proprie forze in maniera automatica ogni qualvolta il giocatore riuscirà ad evitare di subire danni per un determinato periodo di tempo (in genere basta una manciata di secondi).

    COMMENTO FINALE

    Poche informazioni, molte promesse. Attorno a questo titolo ruota un’aura estremamente positiva ma che tuttavia viene giustificata non dalla realtà dei fatti, bensì dalle semplici impressioni. In poche parole F.E.A.R. 2 (così lo chiameremo finchè sviluppatori e compagnia bella non avranno trovato un nome politicamente corretto, cosa che avverrà all’incirca durante il mese prossimo), si prospetta come una grande produzione ma non possiamo ancora averne la certezza assoluta. Ad ogni modo, visto e considerato che il titolo si trova ad uno stadio di sviluppo piuttosto avanzato, confidiamo nella bontà dei media per saperne di più nell’immediato futuro.

    Socom : Confrontation

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    Sistemi: PS3
    Genere:Azione in terza persona
    Sviluppatore:Slant Six Games
    Supporto:PlayStation Network - Blue-ray Disc
    Età consigliata:Rating Pending
    Lingua:ND.
    Giocatori:32 (solo online)
    Requisiti di sistema:Connessione broadband

    Evento: E3 2007

    Un "glorioso" passato

    Senza ombra di dubbio SOCOM è stata la punta di diamante del gioco online su PlayStation 2. Il titolo ha acquistato una fama sempre maggiore, conquistando traguardi prestigiosi grazie al supporto di una community in continua espansione. La creazione di un torneo italiano (L.I.S.O.) ed uno europeo (European Socom League) sono solo alcuni esempi della passione che migliaia di utenti hanno riversato in questo videogioco. In particolare il biennio 03-05, ha portato un aumento esponenziale di partecipanti on-line. Chi era attivo in quel periodo può ben confermare l’entusiasmo che ogni giorno scorreva nelle partite in rete tra screzi e collaborazioni fra clan italiani e di tutta Europa. Pian piano, tuttavia, il fenomeno è andato scemando, vuoi per una infrastruttura di rete non proprio ad-hoc (LAG ovunque), vuoi per un sistema di classifica realizzato pessimamente (ci riferiamo soprattutto a SOCOM II), vuoi per un drastico aumento di cheater in-game; gli utenti hanno iniziato progressivamente a migrare verso altri lidi.

    L’Expo 3 di Santa Monica ha fornito interessanti informazioni su quello che sarà SOCOM: Confrontation, il nuovo capitolo della saga tattica in esclusiva su PlayStation 3. La prima vera differenza coi precedenti capitoli, è il cambio totale degli sviluppatori. Nel progetto Zipper Interactive non è più coinvolta; a suo posto è stata chiamata alla realizzazione del gioco in questione Slant Six Games, first-party Sony, in attivo anche su SOCOM: Tactical Strike per PSP. La seconda differenza è quella dell’eliminazione totale del single-player a favore del solo gioco online. SOCOM: Confrontation, infatti, sarà scaricabile tramite PlayStation Network (quasi certa anche la distribuzione su Blu-ray Disc) e prevede una modalità multiplayer giocabile da oltre 32 utenti in contemporanea.

    Ciò che sarà

    Allo stadio attuale, gli sviluppatori hanno dichiarato che saranno presenti cinque ambientazioni differenti, prendendo come località di riferimento il Nord Africa. Non è dato sapere il numero totale delle mappe disponibili nel gioco finale, tuttavia, queste saranno perlopiù situate in luoghi e centri urbani ricchi di elementi con cui interagire (cannoni, mitragliatrici) e punti strategici (vie di fughe, postazioni stealth). Il gioco concentrerà l’azione su tre tipologie di mappe che, secondo la scala di grandezza (piccole, medie o grandi), saranno giocabili da 8, 16 o 32 giocatori contemporaneamente. Lo scopo della Slant Six Games è quello di ricreare un gran numero di locazioni invero non troppo estese, piuttosto claustrofobiche, ricche sì di edifici e piazze, ma limitate nella grandezza. Tutto questo per aumentare drasticamente l’affiatamento tra membri di uno stesso clan ed organizzare tattiche realmente ottimizzate, volte, in pratica, al progressivo compimento di micro-obiettivi, fornendo in tal modo un’esperienza quanto più vicina alla pura simulazione “urbana”. Ogni mappa vanterà la presenza di fondali e costruzioni interattivi, molti degli elementi dell’ambiente circostante saranno di fatto distruggibili.

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    Un aspetto interessante di cui non si hanno purtroppo notizie certe è il numero di armi a nostra disposizione. Indubbia la presenza dei vecchi armamenti e certa l’introduzione di nuovi modelli bellici, ma quali siano e quanto influiranno sull’effettiva giocabilità del titolo è ancora tutto da dimostrare. Diversamente, un elemento portante di cui si hanno informazioni solide, è l’introduzione del principio di personalizzazione. Tramite un editor intuitivo il normale membro potrà modificare il proprio alterego virtuale nell’aspetto, mentre il Capo Clan sarà in grado di creare uniformi a suo piacimento per contraddistinguere il suo team durante le fasi di gioco.

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    In SOCOM: Confrontation, oltre alle forze americane, saranno presenti forze speciali internazionali, ognuna delle quali avrà caratteristiche diverse. Inoltre, il gioco si avvarrà dell’utilizzo del SIXAXIS (vedremo in che modo) e di un uso intensivo dell’hard disk per migliorare i tempi di caricamento. La funzione HD sarà anche di fondamentale importanza per gestire i contenuti scaricabili on-line. A tal fine il supporto al gioco sarà immenso, con la possibilità di downlodare nuove mappe, modelli, forze speciali ed armi tramite PlayStation Network, ma probabilmente, sempre sotto pagamento. Slant Six Games ha inoltre affermato che un’integrazione con la piattaforma Home sarà obbligatoria, visto l'enorme potenziale del software.

    COMMENTO FINALE

    Le informazioni di gioco continuano a latitare, ma a fronte dei filmati rilasciati recentemente, possiamo vedere come lo spirito arcade/simulativo dei precedenti capitoli sia rimasto del tutto invariato. I vecchi fan di certo gioiranno nel ritrovare il feeling tipico della serie, insieme ad una rinnovata veste grafica e a situazioni di gioco del tutto inedite. SOCOM: Confrontation è la naturale evoluzione della "vecchia" quadrilogia; i presupposti per un valido gioco di guerra multiplayer (se non IL migliore su PS3) ci sono tutti, considerando anche l'enorme passo in avanti compiuto dall'intera infrastruttura on-line di casa Sony. Data di uscita prevista: novembre 2007 in territorio americano. Confidiamo nell'arrivo repentino nel suolo europeo, anche se l'esperienza passata, lascia intuire l'esatto contrario.

    I Fantastici 4 E Silver Surfer

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    Sistemi: PS3 | WII | XBOX 360
    Genere:Azione/Avventura
    Sviluppatore:2KGames
    Supporto:Blu Ray
    Età consigliata:PEGI 3+
    Lingua:All Italiano
    Giocatori:4
    Supporto online:No
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:Stereo
    Res. video:1080i

    Correva l'anno...

    I Fantastici 4 sono nati dalle matite di Stan Lee e Jack Kirby, in contemporanea con il primo albo a loro dedicato nel 1961. Come tutti gli appassionati di fumetti sapranno, la formazione “fantastica” della prima famiglia di supereroi di casa Marvel è composta da Reed Richards (Mister Fantastic), Susan Richards (la donna invisibile), Johnny Storm (la Torcia Umana) e Ben Grimm (La Cosa). I superpoteri dei quattro amici, originati da delle radiazioni cosmiche in occasione di un viaggio spaziale, sono ispirati ai classici quattro elementi: acqua, aria, fuoco e terra (da qui, la pelle a scaglie de La Cosa).
    Nel 2005 l’industria cinematografica di Hollywood, dopo aver già portato sul grande schermo numerosi eroi della carta stampata Marvel (Uomo Ragno, Daredevil e Hulk), ha coinvolto il regista Tim Story in un ambizioso progetto: trasportare l’universo dei Fantastici 4 su celluloide, grazie alle interpretazioni di Ioan Gruffudd (Reed), Jessica Alba (Sue), Chris Evans (Johnny) e Michael Chiklis (Ben). Il 15 giugno scorso è uscito in tutte le sale italiane il seguito, intitolato I Fantastici 4 e Silver Surfer, o nella versione originale Fantastic Four: the Rise of Silver Surfer.
    Poteva l’uscita di un tale colossal cinematografico non ispirare un omonimo videogioco? Ovviamente no: ci hanno pensato il team di sviluppo Visual Concepts per la pubblicazione di Take Two Interactive, in un videogioco per Playstation 3 non propriamente… fantastico.

    La storia

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    Poche settimane fa, il team Visual Concepts aveva annunciato di aver sviluppato un plot narrativo ispirato solo per il 50%­ alle movimentate avventure del team viste al cinema. Le promesse sono state mantenute: il videogioco per Playstation 3 prende spunto dalla sceneggiatura di Don Payne, John Thurman e Mark Frost per portare in scena alcuni dei nemici storici dei Fantastici 4. Il tutto prende avvio dai misteriosi fenomeni meteorologici causati dal passaggio di Silver Surfer: il team si dirige quindi verso una sperduta isoletta del pacifico, dove gli Skrull (specie extraterrestre creata da Lee e Kirby nel 1962) stanno costruendo una base segreta sotto il comando di Super Skrull, un’imponente creatura che può contare su tutti e quattro i superpoteri di Reed e Company. Seguirà una capatina presso la catena dell’Himalaya, dove Terrax (araldo di Galactus, proprio come Silver Surfer) si nasconde nel sottosuolo. Infine prenderemo il volo verso una base spaziale gestita dai russi, dove ci attenderà il malvagio professore Ivan Kragoff, alias Red Ghost, accompagnato dalle sue letali super scimmie. Il titolo, sviluppato su sei differenti livelli, può quindi contare su una storia avvincente e variata sia per il carisma dei personaggi presentati sia per le locations, specialmente per tutti i fan di lunga data dei Fantastici 4. Peccato che tutto questo non basti per risollevare le sorti afflitto da una giocabilità monotona e piatta quanto la tavola di Silver Surfer.

    E' tempo di... noia...

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    Come già detto in fase di anteprima, Fantastici 4 e Silver Surfer è ricalcato sul gameplay e sul sistema di controllo di Marvel: Ultimate Alliance. Il risultato è un action RPG piuttosto semplice e immediato: attacchi fisici che si eseguono premendo il tasto X e "quadrato", attacco speciale con il "cerchio" e salto con il tasto triangolo. Alla fine di ogni livello, l’esperienza accumulata potrà essere investita per potenziare offesa e difesa dei 4 personaggi a nostra disposizione. Il tutto è arricchito dall'azione dei tasti dorsali R2 e L2: con il primo, in combinazione con uno dei tasti classici del pad, potremo attuare uno dei quattro attacchi speciali del personaggio scelto (selezionabile tramite le frecce direzionali). Si passa così dal volo infiammato di Johnny Storm allo scudo energetico di Sue Richards, attraverso i ganci allungabili di Reed e dalle spallate di Ben. Il tasto L2, sempre in associazione con un altro tasto, permetterà un attacco combinato con un compagno di gruppo: il risultato è tanto spettacolare quanto efficace per la potenza dell’attacco, ma è un entusiasmo che si spegne dopo poche ore di gioco.
    Il problema principale del titolo risiede nell'aberrante monotonia che affligge il videogiocatore sin dal primo livello. Il tutto si limiterà ad una sola e semplice sequenza: entra nella stanza, uccidi tutto ciò che si muove e avanza verso il prossimo stage. Molte volte il videogiocatore si troverà nell’impossibilità di proseguire: tutti i pulsanti sono stati premuti, gli enigmi risolti… Perché quella porta non si apre? Semplicemente poiché non tutti i nemici presenti nel livello sono stati sconfitti: solamente l’uccisione dell’ultimo sopravvissuto aprirà, senza alcun motivo evidente, il prossimo portale.
    Alcuni facili puzzles non bastano a variare il monotono gameplay, soprattutto per la loro banalità: si va dalla pressione di pulsanti sopraelevati (per i quali sarà indispensabili l’intervento di Reed) a tragitti da percorrere su piattaforme sensibili al peso. In alcune particolari situazioni di gioco, saremo costretti ad affrontare i nemici alla guida di un solo componente del team: in questo caso bisogna menzionare i livelli dedicati all’Uomo Torcia, dove potremo controllarne il volo tramite un azzeccata implementazione del nostro Sixaxis di Playstation 3, come in occasione (ad esempio) dell’inseguimento di Silver Surfer attraverso il tunnel di un’autostrada di New York. Il joypad risponde bene e sensibilmente ai movimenti delle nostre mani, tanto da preferire il Sixaxis al controllo del nostro alter ego digitale per mezzo della levetta analogica sinistra.

    Next Generation, same old song...

    I modelli poligonali dei Fantastici 4 sono definiti e parecchio realistici. In particolare le fiamme sprigionate dalle mani della Torcia Umana e la conseguente illuminazione di stanze e pareti oscure sono di assoluta qualità. Purtroppo, questi pochi elementi sono gli unici aspetti positivi legati alla grafica e alla tecnica del titolo. Il chara design dei nemici, ad esempio, è poco ispirato e, soprattutto, ripetitivo all’inverosimile: ogni livello è affollato da avversari del tutto identici tra di loro, fatta eccezione per la loro funzione. Avremoi nemici base, quelli leggermente più veloci ed infine i più potenti, in grado di attaccarci dalla lunga distanza. Che l’avversario sia una scimmia, un robot o uno Skrull non importa: avremo sempre a che fare con lo stesso stile di attacco e, conseguentemente, con una medesima strategia di contrattacco. Le ambientazioni di gioco sono di una pochezza quasi straordinaria: i livelli sono freddi, sterili e vuoti, e non bastano certo pochi oggetti interattivi (come casse, pietre o pali da sollevare ed usare come arma) a risollevare il giudizio.
    Il sonoro del titolo si avvale di un doppiaggio in italiano abbastanza espressivo e ben recitato: più di una volta le continue provocazioni lanciate da Johnny nei confronti di Ben vi faranno sorridere, proprio come al cinema. Le musiche di gioco sono orecchiabili, ma spesso capita che vengano interrotte di punto in bianco lasciando il videogiocatore nel completo silenzio per diversi secondi: il perché, non si sa.
    La longevità si attesta sulle 10-15 ore, anche se il completo potenziamento dei vari personaggi richiederà anche una trentina di ore. Nel corso dell’avventura sarà possibile sbloccare classici artworks e trailer cinematografici raccogliendo i 36 gettoni F4 e scovando i 12 spy bots inviati da Van Doom: un po’ poco per incentivare la rigiocabilità di un titolo così noioso e, alla lunga, estenuante.

    COMMENTO FINALE

    I Fantastici 4 e Silver Surfer, sviluppato dal team Visual Concepts, è un action RPG afflitto da un gameplay pesante come La Cosa e piatto come la tavola di Silver Surfer. Il tutto si limita alla distruzione sistematica dei nemici, per avanzare nell’avventura e riprendere a distruggere. I pochi elementi positivi, come ad esempio la resa grafica di Johnny Storm o il doppiaggio in italiano, non bastano certo a risollevare le sorti del titolo. Vi ci vorrà una pazienza “fantastica”, insomma, per portare a termine questo videogioco.

    GRAFICA E TECNICA: 5
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 5
    GIOCABILITA': 5
    LONGEVITA': 5

    VOTO FINALE: 5

    Ninja Gaiden : Sigma

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    Sistemi: PS3
    Genere:Picchiaduro/Azione
    Sviluppatore:Team Ninja
    Supporto:Blu Ray
    Età consigliata:18+
    Lingua:Inglese con sottotitoli Italiano
    Giocatori:1
    Supporto online:Si
    Audio:DTS
    Res. video:1080p

    Data di pubblicazione:
    Versione PS3 PAL: 08/07/2007

    Pronti a non passare inosservati?

    Se è vero che la parola giapponese "gaiden" significa "storia parallela" allora mai un titolo fu più azzeccato: in questo primo blockbuster annunciato per PS3 corrono in parallelo la storia passata della scorsa generazione e quella della nuova, nonchè la storia futura della sfida tra Sony e Microsoft. E mentre tutti stanno a guardare ponendosi mille domande il lavoro sporco tocca farlo a noi. Ninja Gaiden Sigma si presenta come una riedizione della omonima killer app per la vecchia Xbox, quel gioco che nel 2004 fece la felicità di molti utenti e rovinò irrimediabilmente il fegato di altrettanti. Storico titolo per hardcore gamers il gioiellino del Team Ninja approda a pochi mesi dal lancio della piattaforma su PS3 pronto a farci sudare fino all' ultimo savepoint.

    Veloce come un ninja

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    Il gioco si presenta con un gameplay decisamente solido, basato sulla consolidata struttura: entra-ammazza tutti-esci, impreziosita però da un curato e complesso sistema di customizzazione del personaggio attraverso armi, oggetti e particolari attacchi. Vi basterà aver giocato ad un qualsiasi Devil May Cry oppure ad un God of War per capire perfettamente il senso di questa modalità. Analizzando prima l'aspetto "action" del titolo è inutile negare che ci troviamo davanti forse al re della categoria, l' azione è frenetica condita da splendide acrobazie che mai ne minano la fluidità scenografica e permettono di realizzare fin da subito combo tanto maestose da guardare quanto micidiali. Il sistema di controllo è precisissimo, anche nella realizzazione delle combinazioni più complesse, e risponde perfettamente nelle mani del giocatore permettendogli di avere sempre un ottima percezione di "quando" colpire e poter di conseguenza completare una buona serie di attacchi anche nelle situazioni concitate. Il vero punto forte del gioco è proprio questo, la sua freneticità tipica degli action game mescolata alla perfezione con un sistema di combattimento degno del miglior picchiaduro. Controllare Ryu è, insomma, una vera goduria. Analizziamo adesso la seconda parte del gameplay, quella dedicata all' evoluzione del personaggio: all' interno del menù (funzionale ma bruttino) trova posto tutto il bagaglio del protagonista, quello materiale e quello culturale, potremo infatti interscambiare le varie armi e quindi scegliere le migliori combinazioni in base ai combattimenti che ci aspettano,
    potremo anche potenziare queste armi tramite il fabbro presente in ogni livello. Troviamo un secondo menù che si occupa di gestire tutti gli oggetti secondari come mappe, pozioni, documenti di missione e una nutrita serie di bracciali e fazzoletti da polso in grado di migliorare determinati parametri (attacco, difesa, vitalità massima,
    etc.), nonchè gli appunti che contengono le combinazioni di tasti da eseguire per effettuare i colpi più devastanti. A differenza di quanto accade in molti giochi che cercano di mascherare in questo modo la loro banalità sarà davvero importante scegliere con cura i propri strumenti: in un livello potremo trovare nemici che attaccano singolarmente, cosicchè la spada sia la scelta migliore per eliminare un avversario alla volta, mentre in quello successivo potrebbero cambiare le routine comportamentali degli avversari, divisi adesso in squadre di 3-4 uomini pronti ad accerchiarci; in quel caso sarà più opportuno optare per dei nunchaku o per una lancia da far roteare colpendo tutto ciò che abbiamo intorno. E' però doveroso a questo punto segnalare un paio di dettagli che non ci sono piaciuti: prima fra tutte la telecamera che in molti combattimenti si rivelerà il vero nemico da battere, in quanto soffre molto di collisioni imperfette con i bordi dello scenario, andando a riposizionarsi troppo vicino al personaggio oppure portandosi di colpo davanti a lui e creando qualche problema di prospettiva durante i combattimenti (impedendo di fatto di avere una buona visuale complessiva sullo scontro). Questo problema però non inficia di certo la qualità dell' azione che risulta sempre ai massimi livelli, diventa invece un po' problematica quando si cerca di eseguire particolari combo (che richiedono l'utilizzo di indicazioni direzionali) soprattutto in ambienti stretti o in aree ad angolo. Il secondo non è un problema vero e proprio, ma può diventarlo seriamente però nel caso non siate avvezzi alle sfide d'altri tempi (avete mai tentato di finire un Ghost's & Goblins?): stiamo parlando proprio della famigerata difficoltà del gioco. Nel 2005 venne pubblicato "Ninja Gaiden Black" riedizione del titolo uscito l'anno precedente che oltre ad aggiunte minori includeva un nuovo livello di difficoltà: il cosiddetto Ninja Dog. L' implementazione di questo livello, che tanto dispiacque a Tomonobu Itakagi, permetteva di scalare dalla difficoltà normale a quella Dog (facilissima) nel caso si fosse riusciti a morire per tre volte nel primo livello di gioco. Fortunatamente per la bile dei giocatori anche in questa versione per PS3 è stata mantenuta questa possibilità, che permette di godersi l'avventura senza eccessivi patemi. In conclusione Ninja Gaiden Sigma è a livello di gamplay un titolo pressochè perfetto, godibile in tutte le sue sfaccettature e divertente da controllare.

    Il dojo delle scatole di cartone

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    Dopo i primi risultati non di certo esaltanti ottenuti dalla PS3 in ambito grafico era lecito aspettarsi da una riedizione di un titolo vecchio di 3 un restyling corposo in grado di spremere a dovere la macchina, purtroppo NGS sotto questo aspetto non riesce a convincere.
    Analizzando innanzitutto i modelli dei nemici ci accorgiamo che il lavoro svolto è si vario, ma non è difficile notare l'ampio riuso dei modelli poligonali. Lo styling dei personaggi principali è abbastanza ispirato, le luci si riflettono bene sulla tuta nera di Ryu e gli effetti delle armi hanno una buona risposta in termini grafici. Ottimi anche i modelli dei boss sempre cattivi e grossi, proprio quelli che ci si aspetta da un gioco come questo.
    D' altra parte però i paesaggi sono decisamente sottotono: desing a parte, le locazioni appaiono decisamente spoglie, prive di qualsiasi interagibilità. Se il primo livello di gioco riesce a farsi guardare con un bel tramonto e qualche foglia di mandorlo volante (tutte drammaticamente uguali, come le felci e come gli schizzi di sangue) arrivati poco più avanti, è facile farsi prendere dallo sconforto. Modelli squadrati per qualsiasi cosa: rocce, edifici, scale, ponti.
    E' vero: il gioco raramente ci permette di perdere tempo ad osservare il paesaggio ma quando questo è possibile non ci si può non soffermare un attimo a pensare a quanto tutto questo sia... vecchio.
    Come se non bastasse poi sorgono anche vari problemi di compenertazione tra cadaveri e muri e non è difficile trovarsi difronte a texture di sangue che paiono volteggiare in aria tentando disperatamente di darsi un tono mentre sono spalmate su un muro invisibile.
    Per quanto riguarda il desing del gioco invece bisogna essere abbastanza propensi ad apprezzare uno stile che parte dal fantasy per migrare nello stempunk e tuffarsi nel cyberpunk.
    Questo bel giro di parole significa che dovrete prepararvi a scontri all' arma bianca ma anche a fronteggiare avversari armati di pistole, giubbotti antiproiettile e scudi. Questa gran mescolanza può piacere o meno ma conferisce al titolo una certa varietà e aiuta anche a spezzare almeno a livello di immagine la vuota monotonia stilistica dei livelli.

    Un pizzico di futurismo e qualche goccia di steampunk hanno fatto la fortuna stilistica di giochi come Final Fantasy o Fallout: siamo daccordo che una scelta stilistica di questo tipo -se applicata con gusto- riesca a creare delle atmosfere oniriche e magiche che ben si mescolano con curiosi artefatti meccanici ed offrono un panorama assolutamente esaltante. Bisogna essere parsimoniosi però: maneggiando il futuro ed il passato si possono creare ottime ambientazioni ma il baratro del paradosso è sempre dietro l' angolo. In Ninja Gaiden Sigma gli autori non hanno saputo controllarsi, passare dal Medioevo Giapponese ad un dirigibile senza un doveroso preambolo è già un bel colpo allo stomaco, ma quando il livello successivo propone Samurai in tenuta antisommossa con tanto di pistole automatiche forse persino J.Verne avrebbe storto il naso. In questo piccolo box volevamo dunque porre l' accento sull' indubbia discrepanza che i level desinger hanno creato nella realizzazione degli ambienti di gioco. Ovviamente qui si scivola sul parere personale e quindi utilizzate queste informazioni come meglio credete, adattandole alla vostra sensibilità stilistica: nostra intenzione era solo informarvi su cosa vi aspetta.
    La fantascienza ci piace così come lo steampunk, ma bisogna far attenzione a giocare con queste parole. Se il Castello Errante di Howl avesse avuto cannoni laser e se la Morte Nera si fosse mossa a vapore probabilmente sarebbero piaciuti a molte meno persone.

    Il sibilo della lama... e della chitarra distorta

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    Per quanto riguarda la colonna sonora del gioco essa segue l'alternanza dei livelli ed il loro modificarsi: troveremo quindi brani tendenti alla musica orientale nel primo dojo per poi alzare gli amplificatori e passare ad un rock elettrico e martellante nelle parti più avanzate. Anche questa scelta potrà o meno piacere in virtù della sua estrema varietà. Il comparto sonoro si attesta su buoni livelli ma senza far gridare al miracolo, il doppiaggio inglese è buono ed i sottotitoli in italiano, come i menu dopotutto, sono precisi (a parte qualche scivolone come la scritta "capitoRo" al posto di capitoLo durante i caricamenti"). Per la gioia di ogni vero otaku è presente anche il doppiaggio in lingua originale che riesce ad enfatizzare sicuramente meglio il tutto. Per il resto i suoni ambientali fanno la loro parte e gli effetti di armi e grida -per quanto assolutamente secondari- non sono certamente brutti.

    Ehi ehi! Passami altre 200 lire!

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    Un aspetto da analizzare con estrema attenzione è la longevità di questo titolo. Premesso che in modalità normale la durata effettiva del gioco si attesta sulle 30 ore è importante notare come queste possano aumentare davvero a dismisura a causa di alcuni passaggi ostici (spesso rappresentati dagli scontri con i boss). Fare una stima approssimativa risulta assai difficile, in quanto l'abilità del giocatore e la sua propensione al genere è davvero fondamentale.
    La modalità Ninja Dog aiuta a mantenere tempi e frustrazione a livelli più salutari ma questo non impedisce al gioco ed alle sue elegantissime meccaniche di combattimento di trascinarvi nel tunnel del titpo "un altro livello e smetto". Il sistema di salvataggi poi concorre nel creare un bel po' di ansia in quando i savepoint sono quasi sempre due per livello (all' inizio e a metà): raggiungerli sarà un obiettivo difficile ma altrettanto appagante.

    COMMENTO FINALE

    Ninja Gaiden Sigma è il primo titolo veramente d' impatto per PS3. La nextgent è ancora sepolta sotto gli ambienti spogli e la grafica rinnovata solo superficialmente, ma di questo ci importa poco. Questo è un gioco per duri, per chi non ha paura delle occhiaie alla mattina, per chi pensa che Kratos sia un pivello, per chi in sala giochi se la cavava con pochi spiccioli. Purtroppo non è un gioco nuovo e quindi è assolutamente consigliato a chi non ha avuto la possibilità di giocarlo su X-Box, ma tutti gli altri per questa volta potrebbero rinfoderare le spade. Il Team Ninja è già a lavoro per un seguito e basta la loro fama a farci fremere dall' attesa: la guerra tra
    piattaforme è iniziata e non importa da che parte stiate, cominciate ad affilare le lame perchè ci sarà da divertirsi. Ne siamo certi.

    GRAFICA E TECNICA: 7
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 7
    GIOCABILITA': 8.5
    LONGEVITA': 8.5

    VOTO FINALE: 8
     
    .
  12. jonny100000
     
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    User deleted


    Super Stardust HD

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    Sistemi: PS3
    Genere:Action/Platform
    Sviluppatore:Sony
    Supporto:ND.
    Età consigliata:ND.
    Lingua:ND.
    Giocatori:ND.
    Supporto online:ND.
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:ND.
    Res. video:ND.

    Ditribuito da: Sony

    Come Rifarsi il look...

    Remake del dimenticato Super Stardust uscito nel 1996 per Amiga e Pc, Super Stardust HD è uno shoot-em-up che rianima la vetusta produzione Bloodhouse con esplosioni particellari, plotoni di alieni e ammassi di meteore in alta definizione.
    Anche se non troppo acclamato ai tempi del suo debutto, questo sparatutto arcade ha saputo reinventare il genere presentando uno sviluppo sferico del campo di battaglia, corrispondente all’atmosfera di un pianeta, ed estendendo il concetto di azione a scorrimento ad una dimensione che rende la frenesia ed il divertimento un continuum senza tregua.
    Ignorare la reale esigenza di rinnovamento di cui ha bisogno un genere sottovalutato è tipico solitamente di molti titoli sviluppati solo per rassodare il mercato di una console, specialmente se questa è in commercio da poco tempo o è svantaggiata rispetto alla concorrenza nel fattore online. Rassettare quindi il negozio del Playstation Network addobbandolo con titoli come Super Stardust è quindi tutt'altro che una mossa sbagliata.

    Briefing della missione...

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    Una volta impugnato il Sixaxis, che non vede implementato in questo titolo nessun algoritmo per il proprio accelerometro, si è posti di fronte alla selezione di 2 semplici modalità: arcade e pianeta. La prima è la classica successione di livelli con graduale aumento di difficoltà; la seconda invece è una sorta di modalità missione singola in cui potremo scegliere di affrontare una delle battaglie tra quelle già sbloccate. I conflitti spaziali si terranno su 5 diversi pianeti, che subiranno l’attacco di alieni e meteore in 5 fasi per ognuno: nell’ultima fase è sempre presente un boss di fine livello con gli stereotipati attacchi caratteristici e punti deboli. Niente di così eclatante, si potrebbe pensare, ma è doveroso invece sottolineare come questo gioco sia in grado di far gioire gli amanti del genere shoot-em-up e nemmeno far allontanare i più esigenti.
    Assunto il completo controllo della nostra navicella starduster, capace di sparare con la levetta destra, spostarsi con quella sinistra, utilizzare bombe con R2 ed effettuare uno sprint con barriera mediante L2, la velocità ed il colpo d’occhio saranno le abilità richieste per sbaragliare le “armate nemiche”. Sarà fondamentale spostarsi e sparare contemporaneamente nella direzione giusta, reclamando sempre il buon senso della posizione. La sensazione che ne deriva, non appena i sempre più numerosi ostacoli sullo schermo incominciano a diradare i loro assembramenti, è di trepidazione spasmodica, rarissima ormai nei titoli attuali; ci si sente quasi degli eroi pronti a difendere il proprio pianeta natale da qualsiasi incombenza.
    Ad iridare un gameplay tanto solido ci sono poi la pretenziosità della componente tattica e dell’inventiva d’attacco dei nemici: la profondità del gioco si mette in luce proprio grazie alla possibilità di rendere più efficaci le proprie mosse utilizzando i tre diversi tipi di arma a seconda dell’avversario da neutralizzare. Ad esempio con il crasher si potranno sgretolare meglio le meteore rocciose, con lo splitter è più facile incrinare le navi spaziali aliene e i meteoriti di ghiaccio, mentre con il melter si potrà creare confusione con piccoli “bagliori” tra gli agglomerati di roccia aurea e i “vermi spaziali”. Il punteggio varia sensibilmente se al giusto tipo di asteroidi si contrappone il fuoco dell'arma corrispondente: i puristi del Record Score troveranno pane per i loro denti. Inoltre ogni arma è anche potenziabile in percentuale raccogliendo le apposite capsule rosse, blu e verdi (anche contenenti punti addizionali se colorate di bianco), così come si rimarrà immuni alle collisioni recuperando gli scudi in quelle viola.

    Unica vera pecca di Super Stardust Hd è la mancanza di una modalità cooperativa online, che viene rimpiazzata da una comunque divertente modalità cooperativa in locale. Bisogna però considerare che il gioco in questione non risente molto di questa carenza, presentandosi essenziale ma proprio per questo adatto a svolgere la mansione di “pulitore della mente”. Completa il quadro la classifica online dei punteggi migliori.

    Un cielo stellato un pò fasullo

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    La realizzazione tecnica di Super Stardust è ben curata. Giova molto la presenza dell’HD, che tuttavia è forse qualitativamente non troppo riuscita: i meteoriti sono dettagliati e ben renderizzati nel frammentarsi, gli effetti di luce e le esplosioni sono “disinvolte”, ma, allo stesso tempo, risultano “banali” e poco ispirate nel loro evolversi, producendo nessun impatto sugli altri elementi (Geometry Wars Retro Evolved su Xbox 360 è ancora il migliore da questo punto di vista), il modello della navicella è anonimo e poco evidente durante le sessioni più intense. Gli effetti sonori e i brani che risuonano durante le battaglie stellari, invece, sono coerenti e leggiadri, magari i bassi potevano essere equalizzati con maggiore fragorosità, però il tutto riesce a catturare il giocatore ed a proiettarlo in un ambiente ricolmo di stimoli sensoriali.


    La tipologia di gioco di super Stardust non può evitare un raffronto diretto con quello che da molti viene definito il miglior titolo arcade per Xbox 360, e cioè Geometry Wars Retro Evolved. Da un ottica squisitamente tecnica la produzione Bizzarre Creations vanta una realizzazione più raffinata con maggior effetto di feedback sugli elementi dello sfondo e mirabolanti effetti luce; sul lato del game play invece, seppur molto vario, si sente la mancanza di azione libera da vincoli, proprio per la presenza del classico perimetro limite, invalicabile, che costringe a bruschi cambi di direzione: in quest'ottica, e anche per la presenza di una componente strategica (nel cambio delle armi) il titolo del Playstation Store sembra spuntarla.
    Nel complesso comunque entrambi i prodotti sono molto validi e tutti e due permettano alla mente di divagare e divertirsi.

    COMMENTO FINALE

    Caratterizzato da una solida giocabilità ed un comparto tecnico più che accettabile lo shoot-em-up della Housemarque dona al giocatore carica adrenalinica ed azione “senza esclusione di colpi”. Una rara sorpresa per i tempi che corrono nel mondo videoludico, funestato dalla mancanza di idee e di spirito artistico.
    Questo gioco è una buona scelta sia per neofiti che amanti del genere.

    GRAFICA E TECNICA: 7
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 8
    GIOCABILITA': 7.5
    LONGEVITA': 7.5

    VOTO FINALE: 7.5

    Calling All Cars!

    Sistemi: PS3
    Genere:Racing Game
    Sviluppatore:Scea
    Supporto:Download
    Età consigliata:PEGI 3+
    Lingua:Inglese con sottotitoli in italiano
    Giocatori:Multiplayer e Online
    Audio:Stereo

    A tutte le auto: ci sono evasi in circolazione!

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    Continua la riscossa del PlayStation Network con Calling all Cars, un gioco che per quanto possa essere considerato limitato per varianti ludiche, segna finalmente un progresso nell’ascesa dell’online service di Sony. Quest’ultimo ha visto la luce solo pochi mesi fa, annoverando titoli originali come Flow e riproponendo anche vecchie glorie del passato come Lemmins. Ciò nonostante molti utenti hanno avuto ragione nell’ignorare la bontà di queste uscite, vuoi per una troppo abusata riedizione del già visto, o anche per una non riuscita fruibilità dei nuovi titoli.
    L’online market delle piattaforme rivali resta ancora superiore per quantità e qualità, ma Calling all Cars ha tutte le carte in regola per staccare molti dei suoi avversari sul fronte giocabilità, stile, e soprattutto multiplayer online. Sviluppato dal team di Santa Monica, già famoso per Twisted Metal e God of War, Calling all Cars è frizzante, spassoso, godurioso. La giocabilità ricorda molto quella di un titolo per Amiga che molti ricorderanno: Super Off Road. Infatti, le auto presenti nel titolo Sony trasmettono alla guida lo stesso feeling di quel racing game così lontano; ma ora il motivo centrale è stato sovvertito: correre non basterà e dovremmo bensì sbattere in gattabuglia dei furfanti, cercando di far volare via il malviventi dalle auto avversarie, sistemarli nella propria e correre all’impazzata per scampare ai rivali cercando di raggiungere il distretto di polizia.

    Dove scappi ladruncolo.

    Detto così può sembrare monotono e scontato, ma il sistema alla base di Calling all Cars regala momenti di spensieratezza difficili da ritrovare anche in titoli dal costo più che quadruplo. Usando calamite, missili, martelli(altre armi potevano far comodo) e speronamenti ( nche con il turbo) saremo in grado di “rubare” il malvivente all’avversario; negli inseguimenti poi distruggeremo elementi dell’ambientazione che, anche se presenti per lo più a scopo estetico, spesso possono essere sfruttati per totalizzare più punti: ad esempio quando passa il treno, per allocare al fresco il vostro ostaggio, è possibile utilizzare i vagoni come rampa per raggiungere le celle che valgono più punti perché più difficili da raggiungere. Ovviamente chi ha catturato più delinquenti alla fine del tempo a disposizione, vince la partita.
    Ciò che più stupisce della giocabilità è di sicuro sono la “precisa confusione” che il titolo in questione offre per sbaragliare le auto rivali, tanto che il caos e gli imbottigliamenti vi terranno con il fiato sospeso fino all’ultimo istante prima di aver varcato la soglia del distretto di polizia: proprio sul più bello, infatti, quando siete magari già in volo per conquistare i 2 punti della cella con la rampa, potrebbe piombarvi addosso un’altra auto che da una direzione inaspettata ha caricato il turbo: così vi sarebbe strappato il ricercato e la possibilità di guadagnare preziosi punti.
    Certo la struttura delle arene è piuttosto semplicistica, senza che vi siano troppe rampe, salti o piani sopra elevati; a riguardo il sempre verde Mario Kart di Nintendo con la propria battle mode è sempre un passo in avanti. Ciò nonostante man mano che i livelli avanzano si presenteranno nuovi spunti di sfida: ad esempio nel livello innevato la prigione chiuderà i battenti a intervalli regolari, e nell’ultimo stage la stessa non esisterà per niente e bisognerà essere abili nel consegnare i criminali agli elicotteri o ad i furgoni blindati.

    Chiedo rinforzi sulla sesta strada, passo e chiudo.

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    Tutto sommato il gameplay ridotto all’esperienza in single player, con le sole modalità torneo ed evento singolo, potrebbe risultare tedioso, data la mancanza di molti contenuti sbloccabili a parte le automobili segrete da scoprire solo applicandosi nei vari livelli di difficoltà del gioco in singolo. Quindi il vero fulcro di Calling All cars è rappresentato inevitabilmente dall’esperienza in multigiocatore online e split screen (fino a 4 utenti), capace di occupare interi pomeriggi spensierati connessi alla rete o in compagnia di amici.
    Di sicuro qualche arma o modalità in più avrebbe incrementato la portata del titolo, trasformandolo in un “must have”: le sole 3 armi a disposizione possono risultare limitate, e l'unico modo per evitare gli attacchi avversari è il salto: concedere l’impiego di più armi e più maniere per svincolarsene avrebbe accresciuto la profondità di un gameplay dalle ottime fondamenta e dalla modestia strutturale.

    Il semplice non stufa.

    Per quanto concerne l’aspetto tecnico, si può sostenere che, considerata la classe occupata da questo gioco, esso è decisamente ben realizzato, curato nelle animazioni e nelle colorazioni, riecheggiante i fasti di Wacky Races per Dreamcast. La scena è ripresa con una visuale panoramica dall’alto tipo grandangolo delle partite calcistiche; numerosi sono i panning orizzontali e verticali che la camera compie per seguire la nostra automobile e nemmeno una volta si ha la sensazione di perdere di vista il centro dell’azione, grazie anche a dei comodi puntatori che ci guidano alla ricerca dei malviventi da catturare. Tutto scorre veloce e limpido senza rallentamenti, facendoci presto dimenticare di essere di fronte ad un titolo low budget.
    I suoni e le musiche, infine, sanno essere anche esse convincenti ed immersive grazie ad un perfetto stile cartoon che ben si sposa con la genuinità di fondo del titolo.

    COMMENTO FINALE

    Forse non un prodigio di tecnica, magari banale agli occhi dei più irriverenti, Calling all cars è il gioco più fresco e divertente attualmente disponibile su Playstation Network.
    La modalità multiplayer online fino a 4 giocatori (anche split screen), sommata alle auto sbloccabili con il raggiungimento di determinati obbiettivi pagano questo titolo con una longevità a lunga scadenza.
    L’ennesima creazione del team di Santa Monica è consigliata a tutti coloro che hanno voglia di divertirsi con poco, che non badano ai grandi stanziamenti per la produzione e che muoiono dalla voglia di giocare a guardie e ladri.

    GRAFICA E TECNICA: 8
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 7.5
    GIOCABILITA': 8
    LONGEVITA': 7.5

    VOTO FINALE: 7.5

    GripShift

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    Sistemi: PSP | PS3
    Genere:Racing Game
    Sviluppatore:Sidhe Interactive
    Distributore:Sony Online Entertainement
    Versione:PAL
    Supporto:Download
    Età consigliata:PEGI +3
    Lingua:Italiano
    Giocatori:1-4
    Supporto online: Si
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:Stereo

    Sito Ufficiale: Link

    Cosa succede a mescolare Buggy Boy, Mario Kart e Chip's Challenge?

    Un po' racing game, un po' rompicapo, con qualche spruzzata di platform e party game; una formula bizzarra ed ambiziosa già testata su Playstation Portable l'anno scorso da Sidhe Interactive;Gripshift è stato uno dei primi titoli “Low Price” della allor neonata console portatile Sony e proprio grazie all' ottimo rapporto qualità/prezzo riuscì a ritagliarsi un discreto seguito sia nella stampa che tra i giocatori comuni. Oggi lo stesso gioco viene riproposto sulla piattaforma Next Generation Sony con tanti aggiornamenti ed un nuovo metodo di distribuzione: il download dal Playstation Store. Il prezzo è ancor più competitivo di quello che aveva caratterizzato la precedente versione Handheld (7,99€) ma il rapporto qualità/prezzo del gioco stesso sarà rimasto invariato? Gripshift è un titolo capace di non sfigurare anche su questo hardware di ultima generazione?
    Sembrerebbe proprio di si...

    Un puzzle game?

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    Fondamentalmente Gripshift è un racing game. Il giocatore sceglie un alter ego digitale ed una vettura tra quelle inizialmente disponibili ed una volta completata la “burocrazia” ha inizio il gioco vero e proprio, che contempla due tipologie distinte di competizioni, la “Sfida” e la “Gara”.
    Nelle Sfide dovremo guidare la nostra vettura fino al traguardo prima dello scadere del tempo limite; nel contempo ci sarà chiesto di raccogliere delle stelle dorate disposte lungo il percorso e di scovare un oggetto speciale (il logo “GS” ovvero Gripshift) nascosto tra gli elementi del paesaggio.
    Proprio nella ricerca di questi bonus interviene pesantemente la discutibile fisica di Gripshift: le auto di cui siamo alla guida sono in grado di eseguire balzi estremamente lunghi e durante il volo possono variare la loro direzione, accelerare ma anche frenare bruscamente. Inoltre la planata si gestisce agendo sull'inclinazione del muso della vettura (con lo stick analogico ma anche tramite il Motion Sensor) ed applicando un'ulteriore spinta, grazie al turbo di cui siamo dotati, la si può prolungare. Il carburante per questo propulsore, ovviamente, non è illimitato e va ricaricato raccogliendo dei flacconi blu depositati sul tracciato al pari delle stelle e di alcuni orologi verdi che allungano di qualche secondo il tempo disponibile per completare lo stage.
    I percorsi su cui andremo a sfruttare queste bizzarre feature sono altrettanto particolari: innanzi tutto sono sospesi nel vuoto e frequentemente interrotti da voragini; le parti integre dei tacciati, oltre a presentare curve a gomito, paraboliche, saliscendi anche piuttosto accentuati e “giri della morte” a iosa, sono tempestati da piattaforme mobili, trampolini e giganteschi ventilatori in grado di sperire la nostra vettura ad altezze altrimenti irraggiungibili. La visuale panoramica sul percorso, che anticipa l'inizio di ogni livello elencando inoltre gli obbiettivi da conseguire, descrive un'ambientazione ben più simile a quella di un puzzle o di un platform game piuttosto che a quelle di un gioco di corse; i primi, lineari livelli cedono presto il passo a dedali di strade tempestate di pericoli. Le strette lingue di asfalto si incrociano, si dividono e si scompongono sotto i nostri pneumatici. Sono anche frequenti le escursioni “fuori pista”: gran parte degli oggetti più importanti sono situati su piccole isole che fluttuano in prossimità del tracciato. I modi per raggiungerle sono i più disparati ma soltanto un itinerario ben preciso consente al giocatore di raccogliere tutti i bonus e tagliare il traguardo nel tempo minimo.
    Al termine della gara verrà assegnato un punteggio calcolato in funzione del tempo impiegato a raggiungere la “Finish Line” e dei bonus raccolti. Nel caso in cui il giocatore riesca a raccogliere tutte le stelle ed il logo “GS” entro il tempo minimo richiesto a conseguire la medaglia d'oro otterrà, oltre ai punti, dei gustosi extra quali nuove vetture da usare durante qualsiasi gara, nuove livree con cui personalizzarle, vistosi cerchi in lega e brani musicali da ascoltare durante la partita.

    Oppure un Racing Game???

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    La seconda tipologia di competizione è la “Gara”, in cui quattro vetture si contendono il primo posto di una serie di competizioni disputate al meglio dei tre giri. Questa volta però avremo a disposizione anche delle armi oltre al famigerato “Turbo”; in realtà la varietà di questi equipaggiamenti (anch'essi si ottengono raccogliendo delle icone disposte lungo il tracciato) è decisamente limitata, ma la loro quantità all'interno di un singolo percorso è tale da trasformare la gara in una specie di guerra (almeno nei livelli avanzati). La modalità “Gara”, a sua volta, contiene varie tipologie di sfida, tutte piuttosto canoniche: potremo affrontare una sola competizione, sfidare il tempo nella modalità Time Attack oppure conquistare la vetta del Campionato. Per finire è possibile sfidare altri tre giocatori nella modalità multiplayer online, piuttosto semplice ma ben servita ed efficace.

    Alti e bassi

    Rispetto alla versione Playstation Portable questo Gripshift per PS3 riserva alcune gradite sorprese, la prima e più evidente delle quali riguarda la rielaborazione del comparto video: le vetture sono dei modelli poligonali ben realizzati ed abbellite da buonissime texture ed effetti luminosi più che adeguati; al pari delle vetture anche i tragitti si dimostrano sufficientemente curati, profondi nella visuale, vari e ricchi di particolari. Va evidenziato inoltre come il numero dei percorsi disponibili sia quasi raddoppiato rispetto alla versione PSP, raggiungendo la ragguardevole quota di centoventicinque tracciati singoli utilizzabili sia in modalità Sfida che Gara. Tutto quanto, infine, scorre a sessanta frames al secondo in modalità 720P. Altrettanto corposa è la dose di aggiunte musicali: la tracklist originale si è ampiata a dismisura e le tracce aggiunte sono anche piuttosto orecchiabili. Per concludere l'online gaming è una vera iniezione di linfa vitale per un gioco già di per sé piuttosto fruibile.
    Tra i tanti “plus” di questo remake di Gripshift c'è però una inaspettata mancanza: l'editor di tracciati. Originariamente presente nella versione Playstation Portable questa feature decisamente ben congegnata consentiva il trasferimento di una pista creata da noi alla memory stick di un altro giocatore mediante la connessione in rete locale. Sarebbe stato decisamente interessante ai fini della longevità del gioco per Playstation 3 la presenza di quest'editor ed il suo collegamento ad di un database online in cui tutti i giocatori potessero “uppare” le loro creazioni per condividerle con gli altri utenti, magari giudicando il lavoro svolto da altri.

    COMMENTO FINALE

    Gripshift è, insomma, un gioco piacevole se si considera la ridotta spesa dell'acquisto. Un buon comparto audiovideo, un gran numero di modalità di gioco, tanti tracciati ed extra da sbloccare sono le carte più alte in mano a questo riuscito porting. Sicuramente non è esente da difetti: la modalità Sfida dopo un po' di ore di gioco mostra i suoi limiti dettati, più che altro, dalla non eccessiva varietà di puzzle da risolvere; inoltre il buffo comportamento della nostra vettura in certi casi risulta fin troppo grottesco e difficilmente prevedibile, con conseguenti incidenti e fuori pista a tratti frustranti. Fortunatamente gli stages sono molto brevi ed invogliano il giocatore a ripeterne uno che in precedenza ci ha bloccato o anche solo per migliorare il nostro record.
    Un altro valido acquisto nella rosa dei primi titoli scaricabili dal neonato Playstation Store.

    GRAFICA E TECNICA: 6.5
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 7
    GIOCABILITA': 7
    LONGEVITA': 7

    VOTO FINALE: 6.5

    NHL 2K7

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    Sistemi: XBOX | XBOX 360 | PS2 | PS3
    Genere: Hockey su ghiaccio
    Sviluppatore: 2K Sports
    Supporto: DVD
    Età consigliata: 12+
    Lingua: All Italiano
    Giocatori: Multiplayer e Online

    Distribuito da: Take2 Interactive

    Ci spiace signore, ma il “Puck ghiacciato” non è un drink…

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    Ci sono gli attaccanti e i difensori… ci sono le reti e i portieri… ci sono i goal e gli offside… ma non stiamo parlando di calcio.
    Per quanto sia difficile per un’italiota mente accettare il fatto, lo sport praticato dai 22 in calzoncini non è l’unico che prevede questi elementi. A volere essere ancora più chiari (i più sensibili sono pregati di scendere al paragrafo successivo) non è l’unico sport in generale.
    Persi dietro agli scarpini dei vari Totti, Del Piero, Kakà e soci, non ci rendiamo conto che esistono una miriade di altre discipline altrettanto spettacolari e appassionanti, dove giocano atleti altrettanto abili e talentuosi (e spesso paganti molto meno delle nostre principessine) puntualmente seguiti da milioni di persone. Eppure i grandi eventi sportivi d’oltre oceano arrivano alle nostre orecchie solo in caso di successi internazionali (è il recente caso del Football), in un guizzo di dignitosa rivalsa prima di tornare nel cassettino degli oggetti smarriti.
    Tuttavia, nonostante questi commenti possano essere considerati tristemente veritieri, è indubbio che il poco riscontro che alcuni di questi sport hanno in Italia sia dovuto anche a fattori naturali. E’ il caso dell’Hockey, protagonista indiscusso di una delle ultime pubblicazioni firmate EA: nel nostro paese non siamo abituati ad avere a che fare con grandi distese di ghiaccio e temperature molto basse per buona parte dell’anno, né sentiamo l’insensato bisogno di primeggiare in ogni sacrosanto sport esistente, quindi è lecito che l’Hockey non abbia tifosi sparsi in tutta la penisola.
    Quindi cosa possiamo aspettarci da NHL 2K7, oltre che la simulazione di uno sport poco conosciuto? Forse un titolo sportivo di valore che pochi si aspettano?

    Ghiaccio bollente

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    I fan sapranno bene che la serie NHL 2K7, creata dai Visual Concepts sotto l’ala di Sega ai tempi del Dreamcast, rappresenta una realtà molto valida e che ogni anno si contende il titolo di migliore simulazione di hockey con la serie di EA Sports: volendo fare un paragone con altre serie sportive, potremmo dire che il titolo Take Two è un po’ il Winning Eleven dell’hockey, grazie alla sua solidità e alla resa simulativa assolutamente sopra la media.
    Partendo dal punto di vista tecnico, gli sviluppatori si sono ancora una volta superati offrendoci una cosmesi forse non aggiornatissima per quel che riguarda l’uso degli shader più recenti o di fonti di luce realistiche, ma assolutamente inarrivabile per quel che riguarda le animazioni dei giocatori e la loro “dinamicità” sul ghiaccio.
    Rendere correttamente il movimento di un corpo umano su una superficie come il ghiaccio è assai difficile: spesso in passato abbiamo visto veri e propri “marziani” in grado di eseguire correzioni improvvise e accelerazioni da centometrista, rendendo la giocabilità molto arcade ma lontana dalla riproduzione fedele della realtà. Con il passare degli anni e i vari tentativi però (senza togliere il merito alle nuove risorse messe a disposizione da Xbox 360 e PS3) abbiamo di fronte agli occhi finalmente uno scorrere realistico, che mette fuori causa chi non riesce a calcolare l’inerzia dei corpi sul ghiaccio e che al tempo stesso non vive di infiniti contropiedi “missilistici”.
    Tutto ciò giova moltissimo al titolo e considerando che è solo l’inizio c’è di che stare allegri.
    Per accentuare la sensazione di realismo del titolo entra il gioco anche il tanto bistrattato controller SIXAXIS, che svolge un ruolo fondamentale nel rendere l’esperienza più corposa e soddisfacente: basti pensare che muovere rapidamente in avanti il pad fa eseguire il contrasto ad un giocatore senza palla; la stessa azione può essere innescata con il tasto cerchio, ma in questo caso non rende altrettanto bene l’idea del contrasto: spesso sembra davvero di aver “fisicamente” conciato per le feste il nostro avversario e la sensazione di appagamento che si prova impedisce anche al più tradizionalista di tornare ad utilizzare il semplice tasto. Altra situazione di gioco in cui è possibile sfruttare il sensore è premendo R3 in difesa, attivando il controllo diretto del portiere: la visuale passa dietro al nostro ultimo baluardo e con un cono colorato viene rappresentata la zona di “parata”, che andrà spostata ruotando il pad lateralmente (per muovere la visuale da destra a sinistra) e in avanti/indetro (per abbassarla e alzarla). Sognate di fare il portiere di hockey ma non volete bardarvi con la loro pesante armatura? Questa è la soluzione che fa per voi.
    Caratteristica interessante, mutuata dalla serie NBA 2K, è la possibilità di attivare il passaggio “rapido”, visualizzando sopra ogni giocatore l’icona di uno dei tasti frontali, permettendo di fargli giungere la palla in modo preciso con la semplice pressione del tasto corrispondente, nonché di eseguire i tiri di prima con un doppio tocco del medesimo pulsante poco prima dell’aggancio: una comodità che permette di eseguire manovre più fluide, vista la difficoltà di far giungere il puck ai compagni se non indirizzandolo perfettamente (la direzione del passaggio è praticamente analogica in toto, nonostante la leggera tendenza a cercare il giocatore) e la bravura della difesa nell’intercettare.
    La precisione dei controlli risulta fondamentale in attacco, dove i portieri sono dei veri e propri maestri e per riuscire a bucarli spesso è necessario affidarsi ai tiri di prima: giocate veloci e ravvicinate sono l’ideale per segnare i gol, che risultano rari nell’uno contro uno, anche disattivando l’opzione di mira automatica. Siamo dunque ancora vittime del difetto che affligge i giochi basati su questo sport (un’eccessiva complessità di fondo), ma considerata l’esperienza globale sul campo non si può che chinare il cappello di fronte alla migliore simulazione di hockey su ghiaccio mai realizzata.
    Questo gameplay quasi perfetto trova adeguata espressione nelle diverse modalità di gioco: amichevole, campionato e carriera sono la base di numerose possibilità (per esempio è possibile giocare le amichevoli in campi ridotti, 3 contro 3 e con un numero di regole ristretto) a disposizione del giocatore; in particolare la carriera si presenta davvero completa con la possibilità di gestire i contratti dei giocatori, il loro morale e stato di forma oltre che tenere sott’occhio i campionati minori in cerca di nuove stelle.

    Il comparto sonoro resta qualitativamente elevato, ma non impeccabile. La mancata localizzazione della buona telecronaca è sopperita dalla possibilità di "vivere" le partite accompagnati solo dal sottofondo musicale, tuttavia la pletora di brani a cui NHL attinge non pare quella più adatta ad intensificare l'azione (si tratta di brani pop/rock senza troppa fama nel vecchio continente).

    COMMENTO FINALE

    Come già accennato nella recensione, NHL 2K7 è in assoluto la migliore simulazione di questo sport disponibile sul mercato e non dovrebbe mancare nella collezione di un amante degli sportivi in generale. Certo la difficoltà nel segnare inizialmente può scoraggiare ma, come in ogni simulazione che si rispetti, l’impegno e l’allenamento portano a risultati appaganti e stimolanti. Il supporto fino a quattro giocatori (davvero piacevole negli scontri 3vs3 a campo piccolo) e il gioco online completano il quadro di un’esperienza positivissima che ha come punto debole solamente delle piccole incertezze nel comparto grafico.
    Gioco da consumare in attesa della prossima edizione, con grande curiosità per quel che riguarda lo sfruttamento creativo del nostro SIXAXIS (già utilizzato in maniera sorprendente in questa edizione), nella speranza di vedere anche sotto l’aspetto tecnico i miglioramenti possibili grazie alle console di nuova generazione.

    GRAFICA E TECNICA: 7.5
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 8
    GIOCABILITA': 8.5
    LONGEVITA': 9

    VOTO FINALE: 8

    F.E.A.R.

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    Sistemi: PC | XBOX 360 | PS3
    Genere:Azione
    Sviluppatore:Monolith Productions
    Distributore:Vivendi Universal Games
    Supporto:Blu Ray
    Età consigliata:PEGI 18+
    Lingua:Italiano
    Giocatori:Single Player
    Supporto online:Si
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:Dolby5.1

    Sito Ufficiale: Link
    Distribuito da: Vivendi Universal Games
    Data di pubblicazione:
    Versione PS3 PAL: 20/04/2007

    F.E.A.R. giunge su Playstation 3 con un ritardo a dir poco imbarazzante. Se già i “dodici mesi accademici” che separarono l’uscita originale (su Personal Computer) da quella Xbox 360 facevano sentire il loro peso, oggi il secondogenito dei Monolith appare come un titolo evidentemente superato e sovrasfruttato, nel tentativo di offrire un inutile palliativo alla sete da FPS che sembra affliggere il popolo ludico, apparentemente già dimentico dell’ottimo Resistance: Fall of Man.
    Purtroppo le speranze di un successo quantomeno discreto e di una diffusione decente sono ormai ridotte all’osso. Superato tecnicamente da molti concorrenti, ormai portatore di un concetto non più innovativo, ma standardizzato e già esplorato con esiti più proficui, F.E.A.R. barcolla nella sua mediocrità. E in assenza di quell’estasi impulsiva che fece, all’epoca della sua comparsa, passare in secondo piano gli evidenti difetti strutturali, persino questi ultimi pesano oggi sull’ossatura provata del titolo in esame.

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    F.E.A.R. è uno di quei prodotti che ha accelerato la propria diffusione posizionandosi mestamente “in scia” alle sperimentali produzioni ibride che, riflettendo l’estro creativo di Resident Evil 4, hanno provato a mescolare la struttura visivo/narrativa dell’Horror con generi ludici ad essa solitamente estranei. Vale la pena citare in questa sede l’ottimo Condamned, titolo d’esordio degli stessi Monolith in esclusiva per Xbox 360. Da questo, F.E.A.R. riprende l’immersiva visuale in prima persona, sebbene il team abbia adottato nel secondo caso un gameplay ben più vicino agli shooter classici che all’action game dal ritmo non particolarmente serrato.
    Il gioco risulta quindi pienamente inserito nel solco degli FPS, dimostrandosi un decente esponente della categoria, forse ancora imbattuto per l’eccelso livello dell’Intelligenza Artificiale che regola i comportamento degli avversari. Eppure, quest’oggi il titolo deve fare i conti con esponenti ben meglio strutturati e completi anche dal punto di vista dei tratti principali del genere (quantità e qualità dell’armamentario, vastità e originalità delle ambientazioni), e decisamente molto più capaci nella creazione di un’atmosfera “da paura” (e basti citare S.t.a.l.k.e.r.).
    Rivelando così i suoi punti deboli, F.E.A.R. diventa molto meno interessante di un tempo, nonostante qualche pregio indiscutibile.

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    Come Fps F.E.A.R. si comporta in maniera egregia. La sua caratteristica principale è quella di offrire un’intelligenza artificiale particolarmente sviluppata. Gli avversari presenti nel gioco reagiscono in maniera credibile alle stimolazioni sensoriali, ad esempio indagando nel caso avvertano rumori sospetti o intravedano il bagliore della torcia usata dal nostro avatar. Questo aspetto rende l’ esplorazione dell’ambiente di gioco un operazione da effettuare con cautela e circospezione, per non cadere in facili imboscate.
    E’ durante i combattimenti, però, che il gioco offre il meglio di sé. Le pattuglie di soldati nelle quali ci si imbatte non si offrono mai come un semplice bersaglio alla nostra mira. I soldati nemici tendono a sfruttare ogni riparo offerto dall’ambiente per proteggersi, variando la loro posizione ed il loro schema comportamentale per adattarsi ad ogni situazione. Tattiche coordinate di accerchiamento, supporto e copertura vengono applicate con precisione “militare” dai nostri oppositori. Ogni scontro a fuoco nel mondo creato da Monolith è un’ esperienza sempre diversa ed interessante, in quanto ogni rischio di ripetitività viene scongiurato.

    A rendere l’esperienza più gratificante, contribuisce in modo significativo il vasto arsenale messo a disposizione dagli sviluppatori. Pistole, mitragliette, bombe di varia natura, fucili di precisione, e molto altro ancora, costituiscono il materiale che si ha disposizione per affrontare le insidie del gioco. In ossequio al lavoro svolto per l’ IA, anche questo aspetto risulta particolarmente curato: ogni arma, se utilizzata nel giusto modo, renderà più o meno facile la vostra sopravvivenza nella situazione precipua. Il munizionamento segue il collaudato schema della raccolta dagli inerti cadaveri, ma spesso vi sono “luoghi” sicuri nei quali si può rimpinguare la propria dotazione.
    Da segnalare anche la varietà di nemici. Senza rovinare la sorpresa a nessuno ci limiteremo a dire che ai “normali” soldati si aggiungeranno, nel prosieguo della storia, elementi più temibili come soldati dotati di corazza ed altri alla guida di esoscheletri meccanici. Tutto questo giusto per completare il discorso sulla varietà delle situazioni.
    A questo dobbiamo aggiungere la possibilità di intervenire sul normale scorrere del tempo. Il nostro eroe infatti, è dotato di “poteri” che gli permettono di rallentare l’azione. Il tutto funziona in maniera similare a quanto offerto dal vetusto Max Payne: anche noi possiamo attivare una sorta di “bullet time”, che ci permetterà di muoverci al rallentatore (sempre a velocità superiore rispetto ai nemici). Questa possibilità limita fortemente l’esperienza di gioco. E’ pur vero che l’impietosa cattiveria degli avversari riduce spesso il protagonista allo stremo delle forze, ma data la velocità di ricarica del potere paranormale, ed il ritmo frammentato dell’azione, il “ralenti” facilita enormemente il compito del giocatore. Del resto proprio per dare spazio agli aspetti più “terrorizzanti” (ovvero tempi morti, attese, lunghi e voti corridoi bui e sequenze scriptate dei eventi paranormali), gli scontri a fuoco si offrono al giocatore con alterna continuità: questo fa sì che l’utilizzo del Bullet Time sia possibile in ogni caso, andando squilibrare la difficoltà. Una possibilità che lede di molto il coinvolgimento, e persino il senso d’oppressione: rimane la spiacevole sensazione di aver sempre una via di uscita, che ci permetta di “sfangarla” in situazioni troppo rischiose. Un pizzico di limitazioni in più avrebbero giovato a quest' aspetto del gameplay.

    Per il resto F.E.A.R. si rivela un prodotto non più al passo coi tempi. Basta considerare, ad esempio, il level design, che appare quanto mai canonico, visto che le ambientazioni proposte dal gioco sono state sfruttate a più riprese da altri prodotti simili, nonché vittime di un ampio riuso anche nel chiuso ambito della stessa singola esperienza. O, ancora, è sufficiente soffermarsi sulla scarsa longevità della modalità single player, che può essere terminata in una scarsa decina d’ore senza troppi problemi (visto anche il basso coefficiente di difficoltà). Persino il Multiplayer risulta troppo anonimo perché possa interessare gli utenti Ps3: nonostante una buona qualità del servizio e dei server dedicati, modalità classiche che ruotino attorno ad un gameplay ancor più classico non risultano in una formula così entusiasmante, ed il numero di utenti è molto meno rilevante di quello che ancora oggi affolla le mappe del già citato Resistance.
    Resta poi l’elemento narrativo dalle tinte horror, un tempo fattore di rilievo nell’economia del gioco, ma oggi mero strascico di una moda che ormai passeggia sul viale del tramonto. Il gioco parte da una premessa banale: come membro dell’unità d’elite F.E.A.R (First Encounter Assault Recon), siete incaricato di fermare il losco Paxton Fettel ed il suo esercito di soldati replicanti.
    Fin qui nulla di particolarmente nuovo. Le cose non cambiano quando compare una bambina (Alma) dotata di poteri psichici, che le permettono di provocare visioni e di incendiare le cose (o le persone): la scarsa ispirazione di questo personaggio sarà chiara a chiunque abbia adocchiato il famosissimo film “The Ring”, e sebbene tutto il canovaccio della trama risulti scritto discretamente, anch’esso sfrutta in maniera marcata (quasi plateale) gli stilemi della cinematografia di riferimento.
    Certo, alcuni dei Flashback che è lecito attendere come veicolo principale della narrazione risultano gradevolmente inseriti nell’avventura come sequenze interattive, ed il “montaggio” sul nastro visivo di improvvise apparizioni potrebbe in qualche caso aumentare il ritmo cardiaco dell’utente o solleticare il suo interesse, ma non serve molto perché tali inserti risultino “paurosamente” banali, prevedibili e raramente emozionanti. Mattonelle che volano, corridoi bui e ombre cinesi sono quanto di più canonico ci si possa aspettare (molto più riusciti erano i maniaci di Condamned, ma anche i demoni di Call of Cthulhu).
    L’aspetto nel quale F.E.A.R. risulta più penalizzato è proprio quello tecnico. Se infatti alla sua uscita il gioco lasciò basiti per la qualità grafica, giocoforza oggi non può avere lo stesso effetto. Le animazioni ottenute con la tecnica del ragdoll, le superfici rivestite da strati di normal e bump mapping, gli effetti di blur, ed altro, ormai risultano superati.
    Il mondo di F.E.A.R. oggi appare alquanto “scialbo”. Le texture che ricoprono le varie location risultano povere in dettaglio e scadenti in definizione. I personaggi animati mediante l’uso della tecnica ragdoll (il Ragdoll è quello scheletro formato da punti di articolazione su cui vengono costruiti i singoli modelli che poi ritroverete nel gioco), sono spesso vittima di morti assai innaturali: vi capiterà di imbattervi in cadaveri posizionati nelle pose più curiose.
    Il motore Havok, responsabile della fisica realistica del gioco, trova un’ applicazione assai modesta rispetto agli standard attuali; di fatto viene chiamato in causa per oggetti di dimensioni trascurabili. Infine effetti come il “blur” o l’illuminazione dinamica non stupiscono più di tanto, lasciando il tempo che trovano. Certo tutto si muove in maniera comunque fluida, senza evidenti cali di frame rate, nonostante quest’ultimo sia tutt’altro che elevato. E vista la povertà generale del comparto visivo, non solo la scarsa velocità di Refresh risulta difficilmente spiegabile (merito delle conversioni frettolose o disinteressate?), ma del tutto inaccettabili appaiono i biblici tempi di caricamento, decisamente estenuanti (al contrario di quelli, più snelli, delle versioni 360 e PC).
    Una doverosa precisazione va fatta per il sonoro: il doppiaggio è uno dei più scadenti mai ascoltati, caratterizzato da un livello di recitazione assai modesto; discorso inverso per le musiche che riescono a sottolineare in modo perfetto l'atmosfera del gioco.

    COMMENTO FINALE

    F.E.A.R. è un titolo che ha perso la sua identità. Venduto a prezzo pieno, su un hardware di cui non riesce a sfruttare le potenzialità (risultando anzi in una conversione di scarso livello), il secondo figlio dei Monolith è datato anche concettualmente. Il suo unico pregio è quello di dimostrarsi un discreto FPS classico, grazie soprattutto alle routine comportamentali degli avversari. Sfortuna che le potenzialità degli scontri a fuoco siano minate da un Bullet time troppo invadente nell’economia di gioco. In definitiva, considerato l’imbarazzante livello tecnico, la scarsa ispirazione dell’aspetto narrativo e delle situazioni che l’avventura propone, una longevità non eccelsa e tutt’altro che inorgoglita dalla modalità Multiplayer, F.E.A.R. resta oggi un prodotto di nicchia, riservato ai fedelissimi delle console Sony (che non possono giocarlo su Pc o 360) alla ricerca di un FPS alternativo a Resistance. Anche in questo caso, è bene sottolineare che il gioco mostrerà apertamente la sua natura di porting datato, commercializzato decisamente fuori tempo massimo.

    GRAFICA E TECNICA: 5
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 7
    GIOCABILITA': 7
    LONGEVITA': 5

    VOTO FINALE: 6

    Untold Legends: Dark Kingdom

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    Sistemi: PS3
    Genere:Gioco di Ruolo Online
    Sviluppatore:ND.SOE
    Distributore:Sony
    Supporto:Blu Ray
    Età consigliata:PEGI 15+
    Lingua:ND.
    Giocatori:Multiplayer e Online
    Supporto online:Si
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:ND.
    Res. video:1080p Data di pubblicazione:
    Versione PS3 PAL: 27/04/2007

    Il gioco di ruolo su console... Utopia?

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    Il gioco di ruolo come realmente è inteso, ovvero ragionato e creativamente impegnativo, difficilmente ha trovato terra fertile nelle lande consolare, più indicate per concept semplici o, nel caso di titoli di spessore che puntano a protrarre l’esperienza di gioco oltre il centinaio di ore, per storie già scritte e programmate in ogni singolo dettaglio per affascinare il giocatore e affiancare un sistema di sviluppo dei personaggi che negli anni è diventato sempre più complesso ma mai libero davvero.
    Per quanto vi siano mosche bianche, come la serie di Elder Scroll o di Gotich, che provano a esplorare le possibilità di una struttura piena di variabili e interpretabile da giocatore, non vi è scampo dal concludersi dell’avventura nel modo inteso dai programmatori.
    Volendo esprimerci con una frase azzardata, potremmo dire che nonostante gli anni e le tecnologie i titoli più fedeli al concetto di gioco di ruolo sono le avventure testuali disponibili sui primissimi computer… poiché in un contesto privo di rappresentazioni visive è l’essenza vera della fantasia del giocatore a prendere corpo e a permettere di giocare effettivamente interpretando un “ruolo”.

    C’è però chi non si rassegna e da anni sviluppa titoli che attingono a grosse manciate dagli universi fantasy (classi, magie, oggetti, mostruario, etc…) per costruire un intrigante guscio attorno a una basilare esperienza ludica: gli hack ‘n’ slash, ovvero titoli in cui l’obiettivo principale è esplorare l’esplorabile, raccattare il raccattabile e affettare l’affettabile… tutto questo cercando di rimanere in vita nonostante la consueta minaccia che aleggia sul mondo.
    Dal più celebre Diablo passando per i più recenti Baldur’s Gate e Dungeon Siege, il genere ha riscosso un successo che non sembra calare sui pc, ma che su console (in virtù del sistema di controllo che non si presta a gestire vasti menù di inventario, magie e mappe come possono mouse e tastiera) ha trovato pochi esponenti realmente validi e intriganti, nonostante il bacino di utenza più ampio a cui rivolgersi.
    Su Ps2 e PSP però, Sony Online Entertainment (da qui in poi SOE) è riuscita a mettere in luce dei titoli che hanno riscosso una discreta accoglienza da parte degli appassionati del genere: i due “Champions of Norrath” (sviluppati dagli “Snowblind Studios”) rappresentano forse la migliore implementazione di questa tipologia di gioco su home-console mentre gli “Untold Legends” (sviluppati internamente) disponibili su PSP, seppur non eccellenti, rappresentano una fonte di intrattenimento comunque valida per chi gli appassionati del “dungeon crawling”.

    Con la comparsa sul mercato del secondo monolite nero era dunque lecito attendersi la comparsa di un titolo targato SOE, cosa resa ancora più possibile dal fatto che Untold Legend: Dark Kingdoms è stato in pratica il primo gioco per PS3 a mostrarsi concretamente con immagini che non fossero tratte da target render, ma bensì con effettivi screens di una versione molto primitiva del titolo: non è chiaro se sia stata una scelta stilistica, un cambio di rotta o il semplice utilizzo di una grafica “stilizzata” per testare il gameplay, ma l’aspetto cartoon-gommoso delle primissime scene ha lasciato il posto al classica rappresentazione dettagliata e “cruda” già utilizzata dal team di sviluppo.

    Dunque le “Leggende Inenarrate” si presentano su Playstation 3 offrendo una trama epica, una grafica ad alta risoluzione, un rivoluzionario sistema di combattimento e una modalità cooperativa via internet: in pratica un capolavoro, almeno stando al retro della confezione…

    Partire male per continuare peggio...

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    Viste le gustose premesse, tuffarsi nell’avventura pare scelta obbligata per chiunque… e chi siamo noi per fare diversamente? Il BD del gioco rapidamente entra nella console e… rapidamente… ci sorbiamo il primo fastidioso caricamento.
    Ma non fa nulla, una musica quasi-epica ci accoglie e ci spinge nelle opzioni disponibili (modalità in locale o online, direi che abbiamo finito) facendoci optare per la classica storia per il giocatore singolo: quale dei tre personaggi scegliere come nostro alter-ego?
    Partendo dal presupposto che 3 personaggi sono un po’ pochi, valutiamo attentamente le potenzialità degli eroi a disposizione: partiamo dal classico buzzurro omaccione dotato di martello, lento come la fame e mortale… come la fame facendo passare molti giorni, passando per la donzella dotata di doppia spada (qualche fanatico di GdR potrà lamentarsi del fatto che siano 2 spade lunghe… ma sono dettagli) molto veloce e rapida nelle combinazioni a cui aggiunge un set di abilità magiche di tutto rispetto, per concludere con il mago, più o meno inutile a corto raggio rispetto agli altri due ma complessivamente avvantaggiato rispetto allo stereotipo della classe presente negli altri esponenti del genere.
    La rappresentazione dei 3 personaggi è discreta (i dettagli che servono ci sono, armi ben definite e abiti ricchi di particolari rendono la visione nel complesso piacevole) così come la personalizzazione che si limita ad una tristissima scelta del colore.
    Forse è esagerato puntare il dito su questo dettaglio, ma è anche inspiegabile che gli sviluppatori ci offrano degli stereotipi estremi e magari pretendano un’immersione da parte del giocatore.
    Capelli, altezza, corporatura, anche se in modo ridotto sono il minimo sindacale che dovrebbe garantito da un titolo next-gen di questo tipo.
    Superata l’ardua scelta, veniamo accolti da un’introduzione a immagini statiche che riesce nell’intento di sostituirsi ai classici filmati, seppur rimanga in parte la sensazione che questo stile minimalista sia più una carenza di impegno che una scelta stilistica.
    Ma nulla può preparare il giocatore al dramma che lo attende a pochi (interminabili) secondi di caricamento di distanza… il gioco vero e proprio!
    Se, dopo aver visionato chiaramente con i propri occhi la pochezza tecnica di un titolo di mezza generazione Ps2 portato in alta risoluzione (con l’aggiunta di qualche buona texture) che per giunta si permette di scattare in diverse occasioni, avete ancora un briciolo di ottimismo, ci penserà il tutorial a infrangere le vostre ultime e stoiche difese facendovi “teletrasportare” per ben due volte al punto di “spawn” del personaggio per eseguire le due-tre mossette basilari utili a sopravvivere… il che spinge a chiedersi cosa ci fosse di così difficile nell’implementare questi due brevi scontri in maniera sequenziale e corrispettiva al movimento del giocatore.
    Ma forse anche in questo caso ci stiamo comportando da pignoli: dimentichiamo i dettagli e proseguiamo nella nostra missione, senza lasciarci distrarre dagli scabrosi modelli poligonali dei nemici, la pochezza delle ambientazioni, i problemi di collisioni con i fondali (a volte capita di non riuscire a saltare poiché “incastrati” in una roccia… pur essendoci distanti: un classico problema di bounding box degli elementi di contorno mal gestito), la mancanza di sincronizzazione del parlato nelle scene di intermezzo, i problemi di IA dei personaggi controllati dal computer incapaci di eseguire semplici ordini come “radunati alla nave” senza trovare la cosa inspiegabilmente impossibile causa la presenza di altri png che impediscono a questo di raggiungere la propria posizione, con la conclusione di un continuo rimpallo tra il campo di battaglia e la posizione “di sicurezza” che compromette il completamento di un obiettivo necessario per proseguire nel gioco.
    No, di fronte a questo ammasso di incertezze e imprecisioni non si può definire pignoleria il risentimento verso un titolo che, false promesse di copertina a parte, si intasca i nostri 50-60€ lasciandoci con qualcosa che non può essere presentato come gioco next-gen su Playstation 3.
    Cosa che diventa in qualche modo ironica (quasi tragica) quando il titolo approda sugli scaffali italiani in concomitanza dell’uscita di God Of War 2 per Playstation 2, prodigio della tecnica che seppur su un hardware infinitamente meno potente di quello appena nato eclissa sotto ogni punto di vista il lavoro svolto da SOE per quel che concerne il mero aspetto estetico, arrivando a sfiorare la vera e propria umiliazione.

    Forse però chi punta a titoli del genere non mira ad un impatto grafico da urlo ma semplicemente ad un’esperienza di gioco piacevole e che lo accompagni per qualche ora in cui trafficare nel proprio equipaggiamento, vendere al mercante di turno gli oggetti trovati lungo la propria avventura, munirsi di oggetti curativi e fare a fettine i mostri sulla strada derubandoli al contempo dei propri possedimenti: sì, è proprio così, ma per concludere in bellezza anche in questo caso UL:DK delude le aspettative, in modo quasi clamoroso.
    Per quanto l’esperienza di gioco si aggiri intorno alle 15-20 ore (sensibilmente meno per chi punta a uscire dai dungeon incolume proseguendo nella trama), si tratta di un periodo nel quale difficilmente si vivono eventi memorabili e raramente si mette in moto il cervello per risolvere degli enigmi, a volte interessanti ma prevaricati dall’azione in una percentuale che in politica porterebbe non solo a escludere il ballottaggio al primo turno ma anche alle dimissioni in toto dei membri del partito rivale: per la quasi totalità del tempo ci si limita a pestare sui tasti per trovare la combo più efficace per poi ripeterla all’infinito fino alla scoperta di una nuova e più letale sequenza di colpi, ma è solo con le abilità magiche dei personaggi che è possibile dare un tono ai combattimenti, come per esempio le magie di supporto dell’esploratrice che immobilizzano e danneggiano nel tempo gli avversari, permettendo una tattica meno diretta negli scontri, o nel caso della spettacolare abilità del guerriero che permette di risucchiare diversi nemici in un nucleo che, colpito successivamente come un normale avversario, distribuisce i punti danno a tutti gli esseri rinchiusi all’interno.
    Neppure i boss di fine livello contribuiscono una variazione netta rispetto alla classica azione di gioco, rivelandosi spesso copie “in grande” di mostri già incontrati in precedenza e comunque mai in grado di rappresentare una sfida appassionante, limitandosi ad un uso indiscriminato delle proprie abilità per disintegrare il proprio bersaglio e tutti i fastidiosi seguaci che lo circondano.
    A gravare sulla poca profondità del titolo c’è anche l’assenza di un qualsivoglia mercante, sostituito dalla possibilità (nei save point sparsi generosamente nei livelli) di spendere i punti essenza guadagnati distruggendo nemici e/o pietre e/o sassi e via dicendo per creare nuovi oggetti dell’equipaggiamento e nuove pietre/rune da incastonare nelle armi, nonché di “disincantare” gli oggetti in eccesso nel proprio inventario per ricavarne ulteriore essenza.
    Essendo l’inventario ridotto, mancando oggetti curativi (sostituiti anche loro dalla possibilità di spendere nei savepoint l’essenza necessaria a ripristinare la salute o il mana) e considerato che gli oggetti indossati cambiano l’aspetto del proprio personaggio solo nel passare ad una classe superiore di equipaggiamento mentre le armi rimangono tali e quali se non con qualche modifica a livello di colore a seconda degli accessori equipaggiati, viene a mancare una seconda volta, in maniera definitiva e totale, la componente di personalizzazione del personaggio che tanto gioverebbe in questo complesso.
    Bocciato per la seconda volta in modo inequivocabile.

    Per chi volesse fare affidamento alla componente multiplayer, è disponibile la modalità a due giocatori in locale e una modalità online fino a quattro giocatori.
    Se già in locale l’esperienza globale migliora grazie alla compagnia (perché il gioco rimane quello anche in due, senza contare che la telecamera è liberamente controllabile da entrambi i giocatori i qualsiasi momento, portando ad attimi di vero panico nelle situazioni difficili), online è possibile invitare i altri giocatori a proseguire l’avventura di chi ospita importando i personaggi delle proprie partite in locale.
    Un discreto diversivo che, come nel multi locale, funziona più per merito del concetto di “gioco di compagnia” in sé che non per una struttura di gioco che sfrutti la presenza di quattro giocatori.

    COMMENTO FINALE

    Untold Legends: Dark Kingodm rappresenta tutto ciò che un appassionato di next-gen non vorrebbe mai vedere: concept semplicistici (badate bene, non semplici) e banali travestiti da esperienze memorabili, affiancati da un comparto tecnico che grida allo scandalo e spinge a domandarsi perché il gioco non sia uscito su PS2 e ottimizzato per l’emulazione su PS3, di modo da cogliere la più grossa fetta possibile di giocatori.
    Questa valutazione può apparire ad alcuni severa, ma ritengo che in una generazione di console nata tra squilli di trombe e promesse di miracoli tecnici entusiasmanti (vale anche per la concorrenza, sia chiaro), valutare in maniera quasi sufficiente questo titolo sarebbe un insulto al portafogli e il primo passo verso la tendenza ad accontentarsi di prodotti mediocri che, spesso grazie alla spinta mediatica e alla mancanza di scelta, vengono inspiegabilmente valutati come meritevoli di un investimento monetario consistente: in questo caso UL:DK si rivela più che altro un titolo da noleggio per pochi euro, da passarci il fine settimana senza troppi pensieri per poi riconsegnarlo (e dimenticarlo) senza troppi problemi.
    Bocciatura senza attenuanti per SOE, che attendiamo al varco di un futuro titolo che possa attingere al potenziale mostrato su Playstation 2 e sfruttare in maniera nuova e intrigante le capacità tecniche di un hardware potente come Playstation 3, con una modalità single player da sogno e un multiplayer online dedicato che possa offrire una seconda e diversa esperienza di gioco e non un riciclo della principale.

    GRAFICA E TECNICA: 3
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 6
    GIOCABILITA': 4
    LONGEVITA': 5

    VOTO FINALE: 4

    Genji: Days of the Blade

    Sistemi: PS3
    Genere: Action-Adventure
    Sviluppatore: Game Republic
    Supporto: Blu Ray Disc
    Età consigliata:ND.
    Lingua:Inglese con sottotitoli Italiano
    Giocatori: 1
    Supporto online:Download Contenuti
    Sito Ufficiale: Link
    Distribuito da: Sony

    Historia se repetit

    Similmente a quanto accaduto con la serie Onimusha prodotta da Capcom, (pensato per Ps one per poi essere riadattato alle potenzialità di Ps2) anche Genji: Days of the Blade nasce come titolo old-gen per poi proseguire il suo sviluppo sulla nuova console. Sony come Capcom cerca di sfruttare un impianto di gioco collaudato da abbinarsi ad una realizzazione tecnica in linea con le possibilità offerte dalla nuova macchina e tenta di raccogliere consensi fra un’utenza più ampia possibile, offrendo un prodotto basato su un brand già noto che tuttavia non possa essere legato - in maniera inequivocabile - alla passata esperienza ludica. Ed il seguito di Genji rappresenta il titolo ideale da poter essere impiegato in una tale operazione.
    Il primo episodio della saga di Genji, sottotitolato "Dawn of Samurai", ha raccolto un discreto successo sebbene perdesse il confronto diretto con mostri sacri del genere quali Onimusha, Devil May Cry o Ninja Gaiden; partorito dalla fervida immaginazione di Yoshiki Okamoto, famoso game designer ex Capcom, Genji - Days of the Blade si presenta sugli scaffali in contemporanea con il lancio di PlayStation 3, con l’intento di ritagliarsi uno spazio di rilievo nella line up iniziale della console Sony. Il risultato? Scopriamolo assieme.

    Il ritorno di Yoshitsune

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    Poco sorprendentemente il gioco si colloca, da un punto di vista temporale, esattamente dopo la fine del primo capitolo, illustrandoci la storia mediante l’uso di diverse sequenze in CG volte a narrarci gli accadimenti passati e quelli in procinto di avvenire. Il protagonista è ancora una volta Yoshitsune, il nobile spadaccino difensore del clan Genji, che dovrà ancora una volta affrontare la minaccia rappresentata dal bellicoso Heishi il quale, seppur sconfitto al termine del primo capitolo, farà il suo ritorno soccorso da misteriose forze demoniache.
    Questa volta saranno ben tre i comprimari che ci affiancheranno durante il corso dell'avventura e, come da copione, ognuno di essi si diversificherà per tipologia di arma, abilità peculiari e caratteristiche fisiche (forza/velocità). In aggiunta a questo va segnalata la possibilità, per ognuno dei personaggi, di sfruttare un’azione particolare utile per superare determinati ostacoli: Shizuka ad esempio potrà utilizzare la propria arma come una sorta di rampino per aggrapparsi e superare burroni mentre Benkei farà leva sulla propria forza bruta per distruggere ostacoli altrimenti insormontabili. Nella maggior parte degli scenari sarà possibile scegliere in ogni momento quale personaggio usare, ognuno assegnato ad una diversa freccia del pad digitale, mentre in alcuni livelli saremo costretti ad usarne solo un determinato gruppo in maniera tale da dover seguire determinati percorsi fino al ricongiungimento con gli elementi mancanti. Nonostante questo lasci presagire una grande varietà di situazioni infarcite di combattimenti tattici ed enigmi ambientali di varia natura, in realtà questo aspetto si rivela uno dei meno curati dell’intero gameplay a causa dei controlli imprecisi e legnosi e delle meccaniche di gioco poco curate. Le azioni, persino quelle più semplici, richiedono il perfetto posizionamento rispetto all’oggetto con il quale interagire rendendo l’azione di gioco estremamente lenta e frammentaria difetto aggravato da una regia virtuale che tende ad inquadrature sfalsate incapaci di far comprendere la propria posizione rispetto a nemici ed oggetti.
    Per il resto Days of the Blade è un’avventura mediocre incapace di offrire spunti particolarmente originale ed innovativi: la struttura di gioco appare scontata e banale soggetta a meccaniche di gioco fortemente inflazionate. Gli scontri con i vari gruppi di nemici appaiono noiosi e ripetitvi sia per l’IA degli avversari assolutamente deficitaria, sia per l’assoluta monotonia offerta dal sistema di combattimento il quale, non sfrutta minimamente la presenza di quattro personaggi controllabili assolutamente diversi tra loro: mancano del tutto situazioni tattiche che stimolino all’impiego di ogni singolo protagonista. Come se questo non fosse abbastanza ad azzerare del tutto la difficoltà del tutto si aggiunge la capacità dei nostri guerrieri di spostarsi in un piano dimensionale alternativo, durante il quale si attiverà un semplicistico QTE utilissimo per uscire dai rari momenti di pericolo.
    Discorso analogo per quanto riguarda gli occasionali puzzle talmente elementari da richiedere solamente l’uso dell’abilità giusta quando richiesto; strutturati in maniera estremamente rudimentale gli enigmi ambientali appaiono inseriti a caso nel contesto di gioco, allo scopo di fornire una parvenza di utilità ai vari personaggi. Trovarsi una porta sbarrata, dover seguire una via alternativa per poi tornare sui propri passi con un differente personaggio in grado di sbloccare la situazione, il tutto condito da un paio di azioni contestuali (tipo distruggere una catasta di legna, o superare un rigagnolo d’acqua aggrappandosi ad una statua) è il massimo che il gioco riesce a proporre. In definitiva nulla nel nuovo titolo Sony riesce ad innalzarsi fino a raggiungere la soglia della sufficienza rivelandosi un titolo poco più che mediocre.

    Giappone feudale e ciliegi in fiore

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    Per quanto riguarda l’aspetto grafico il colpo d’occhio offerto inizialmente dal gioco è semplicemente superbo, peccato solo che passato lo stupore iniziale, ad un’analisi più dettagliata, il lavoro svolto dai Game Republic si presti a diverse critiche. Stupiscono in positivo le ambientazioni capaci di offrire alcuni scorci estremamente suggestivi, nelle quali è facile trovare diversi elementi animati (ad esempio le corpose battaglie di sfondo) e ricreate utilizzando costruzioni poligonali davvero notevoli. Queste location si alternano , però, a paesaggi estremamente vuoti in cui spiccano per contrasto i pochi oggetti con i quali interagire donando un aspetto davvero cupo al tutto. Discorso analogo per le animazioni dei personaggi: ottime quelle dei protagonisti, meno curate quelle dei nemici spesso manchevoli di fluidità. Così come le texture utilizzate e che ricoprono i vari elementi del gioco, capaci di rivelarsi estremamente dettagliate per Yoshitsune e compagni (riche di elementi decorativi) ma decisamente sbiadite e grezze per i loro avversari; il tutto mosso daun motore grafico dal frame rate costante e privo di qualsivoglia incertezza
    Nulla da ridire invece sul comparto sonoro, con musiche strumentali che ben si sposano con l'azione e con effetti sonori ben campionati e di discreta varietà. Il problema di fondo è che, da un punto di vista squisitamente tecnico, Days of the Blade tradisce le sue origini, presentandosi come un porting appena ottimizzato di un gioco appartenente alla passata generazione. Discreto ma nulla di più.

    COMMENTO FINALE

    Genji: Days of the Blade è un titolo mediocre, questo è il suo problema più grande. L'ultimo lavoro dei Game Republic ha, purtroppo, di next gen, solo una parte del comparto tecnico,che si esplica nella magnificenza offerta da alcuni livelli; il resto è un riciclo di meccaniche e situazioni di gioco già proposte (in maniera decisamente più riuscita) in altre produzioni simili. I controlli fallaci, il pessimo sistema d'inquadrature, la monotonia di fondo non fanno che aggravare una situazione già di per se abbastanza drammatica. In definitiva un titolo che non riesce a raggiungere la sufficienza, lasciando inesplorato tutto il potenziale di cui dispone.

    GRAFICA E TECNICA: 7
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 7
    GIOCABILITA': 5
    LONGEVITA': 5

    VOTO FINALE: 5.5

    Tekken: Dark Resurrection

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    Sistemi: PSP | PS3
    Genere:Picchiaduro
    Sviluppatore:Namco/Bandai
    Distributore:Sony
    Supporto:Download
    Età consigliata:16+
    Lingua:Inglese
    Giocatori:1-2
    Supporto online:Download Contenuti
    Audio:Stereo

    Prima di essere valutato dal punto di vista tecnico, dei contenuti e del gameplay, Tekken Dark Resurrection andrebbe collocato in un contesto decisamente diverso da quello con cui gli utenti delle console Sony sono abituati a confrontarsi giornalmente, ovvero il mercato del comune videogame venduto nei negozi o nelle catene specializzate di elettronica. Tekken Dark Resurrection fa parte dell'universo dei “Digital Download”, una nuova frontiera della distribuzione videoludica che soltanto nell'ultimo anno ha subito (almeno nell'universo del console gaming) quella brusca impennata che ne decreta il successo. La grande forza di questi contenuti aggiuntivi risiede nel loro vantaggioso rapporto qualità/prezzo derivante dal costo generalmente ridotto di ciascun download; come contro abbiamo un'offerta ludica a volte meno corposa o magari una realizzazione tecnica meno curata rispetto a quella dei giochi di ultima generazione ospitati su DVD o Blue Ray.

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    Nonostante Tekken Dark Resurrection appartenga a pieno titolo a questa tipologia di videogames è ben difficile definirlo semplicemente come tale: è un gioco nato per il mercato Arcade e successivamente ospitato su Playstation 2 e Playstation Portable prima di diventare patrimonio del Playstation Network, ma non lo si può catalogare come un titolo da “retrogaming”, in quanto proveniente da un'era videoludica troppo recente. Allo stesso modo non è però catalogabile come gioco originale per il mercato della e-distribution, anche se giunge su Playstation 3 con una veste grafica superiore e feature assenti dal gioco arcade. Gli unici fattori inequivocabili che lo collocano di diritto nella categoria dei giochi “scaricabili da Internet” sono l'impossibilità di reperirlo diversamente ed il prezzo contenuto.
    Tekken Dark Resurrection ha una serie di indiscutibili pregi ma anche piccole lacune, la cui entità fortunatamente appare da subito molto limitata dalle qualità dei plus offerti; questo gioco prodotto da Namco Bandai altro non è se non uno dei migliori Beat'em Up “uno contro uno” della passata stagione videoludica, un titolo incredibilmente complesso, vario e longevo, arricchito nella sua ultima edizione (la Dark Resurrection, appunto) da tre nuovi combattenti, un ulteriormente refinement della la forza dei singoli sfidanti ed una maggiore velocità dell'azione.
    Il Gameplay è quello di sempre: il giocatore seleziona il proprio esperto di arti marziali nella rosa dei trentaquattro guerrieri disponibili (trentacinque se si conta Jinpachi, selezionabile solo dopo aver terminato la modalità arcade) e con esso dovrà sopravvivere ad otto combattimenti di difficoltà crescente prima di giungere allo scontro finale con il boss, il bisnonno di Jin Kazama, “Jinpachi Mishima” che, come tradizione dei membri di questa dinastia, risorge dalla sua tomba colmo di collera e desideroso di organizzare un torneo di arti marziali in cui sterminare la propria prole...
    Il segreto del successo di Tekken alberga sicuramente nell'enorme lavoro di caratterizzazione dei singoli concorrenti al “King of the Iron Fist”: ogni combattente, anche quelli che in passato erano “estetiche alternative” dei personaggi principali (come Kuma con Jack o Nina con Anna) ormai sono lottatori completi, dotati di uno stile di combattimento unico e di un character design coinvolgente, con tanto di credibile profilo del personaggio e seria motivazione per la partecipazione al torneo. La varietà e la profondità delle tecniche di combattimento è cresciuta costantemente negli anni ed ora in Tekken sono annoverate decine tra le discipline marziali più famose nel mondo, ciascuna delle quali invita il giocatore a prediligere un certo approccio al combattimento. Ad un Marshall Law, che aggredisce l'avversario con lunghe ed inarrestabili sequenze di pugni e calci si contrappongono personaggi come King che, nonostante l'inferiore velocità, sono in grado di inserirsi nell'attacco avversario, bloccarlo e stenderlo al tappeto con una serie di leve e prese potenti e letali. Sicuramente alcuni combattenti sembrano meno “fruibili” al primo approccio, come Craig Marduk o Steve Fox, ma è altrettanto vero che basta un rapido tour delle mosse disponibili per inquadrare le potenizalità ed i punti deboli di ciascun lottatore, per quanto bizzarro possa apparire il suo modo di combattere, all'insegna della filosofia che anima da anni i beat'em up Namco: “Easy to Learn, Hard to Master”.
    Le new entry di questo episodio sono Sergei Dragunov, Emily “Lili” Rochefort ed il già citato Jinpachi Mishima (anche se, in realtà, nel roster sono nuovamente disponibili Eddie Gordo ed Armor King, che non apparivano nel quinto capitolo della saga); il primo newcomer è un membro degli Spetsnaz incaricato di catturare Devil Jin e dotato di uno stile di combattimento (il “Sambo”) davvero brutale, basato su violente sequenze di prese e counter letali. Lili, invece, sale sul ring per il gusto di vincere il proprio avversario (e per mandare in rovina il leader di quella Mishima Zaibatsu che tante grane provocò all'azienda del padre di lei) e sfrutta un'arte marziale a cavallo tra lo street fighting e la danza, che si basa su rapide combo e repentini cambi di posizione d'attacco. Jinpachi Mishima, invece, combatte con il consolidato stile Mishima, caratterizzato da brevi ma potentissime combo. L'arzillo gentiluomo, che fu rinchiuso in una cripta da suo figlio Heihachi al termine di un combattimento, è riuscito ad evadere dalla sua prigione in seguito ad un sisma provocato da Devil Jin ed ora vuole riunire la famiglia.
    Come ormai consuetudine della serie le vittorie in combattimento sono premiate con un punteggio calcolato in base all'energia rimanente, alla difficoltà dello scontro e ad alcuni fattori definiti come “speciali”; questi punti trovano il loro utilizzo nella personalizzazione del nostro lottatore che, attraverso il negozio virtuale, potrà essere valorizzato nell'estetica da nuovi vestiti, occhiali, accessori e pettinature. Inoltre la versione Playstation 3 di Tekken DR prevede una connessione stabile al Playstation Store in cui sono disponibili dei contenuti extra da scaricare nell'Hard Disk di Playstation 3 in cambio di una modesta quantità di punti accumulati.
    Se durante i combattimenti Tekken Dark Resurrection si dimostra un prodotto assolutamente straordinario, capace di intrattenere un giocatore per lunghissimo tempo, analizzato dal punto di vista delle modalità di gioco mette in risalto i limiti intrinsechi del Digital Download. Attualmente questo titolo annovera soltanto tre tipologie di sfida: la canonica “Arcade”, l'immancabile “Versus” e la “Ghost Battle”, una specie di Time Attack in cui è possibile selezionare il successivo sfidante tra una rosa di quattro avversari caratterizzati da differenti livelli di abilità. Mancano Dojo, Tekken Force, Tekken Bowl e tutte le altre modalità di gioco che impreziosivano il gameplay delle controparti casalinghe e portatili di questo splendido arcade. Fortunatamente la loro assenza riduce in modo solo marginale sulla già impressionante longevità; delude invece un po' di più l'assenza della sfida via Intenet tra le opzioni del Versus Mode, un fattore che ormai dovrebbe essere consuetudine in qualsiasi titolo di questa nuova console generation.

    La migrazione al nuovo Hardware Sony giova al comparto video di Tekken Dark Resurrection, che si propone ai giocatori con un aumento della risoluzione video fino all'ormai agognato “Full HD”. Nonostante le ambientazioni ed i personaggi non siano stati “rimappati” (ed appare subito evidente) l'immagine si rivela molto più nitida e pulita. Anche i filmati introduttivi e le sequenze conclusive (per ora solo tre scaricabili dal PS3 Store) ricevono un simile trattamento e sono visibili ad una risoluzione superiore a quella a cui ci aveva abituato Playstation 2. Rimane invece immutato il comparto sonoro, un po' il tallone d'achille di questa saga (se mai c'è stato bisogno di un sonoro elaborato in un beat'em up).

    COMMENTO FINALE

    Tekken Dark Resurrection è un acquisto caldamente consigliato a tutti i possessori di Playstation 3 che hanno accesso al neonato Playstation Store; il prezzo a cui è attualmente in vendita è decisamente basso se paragonato a quanto offerto da questo titolo Namco/Bandai, pur considerando la mancanza di alcune modalità di gioco e di un supporto alla sfida via Internet. La natura stessa del prodotto, costantemente collegato ad un database online ed aggiornabile tramite ulteriori download, lascia presagire future implementazioni del gameplay e dei contenuti.
    Tekken Dark Resurrection sembra di più un assaggio di ciò che troveremo negli anni (ma forse nei mesi...) a venire accedendo agli Shop Online di Microsoft, Nintendo e Sony: videogames dai contenuti sempre più paragonabili a quelli dei “colossi” commercializzati dalle catene di videogames, ma offerti a prezzi inferiori proprio per merito della distribuzione diretta.
    Il futuro descritto da Tekken è soci sembra davvero interessante...

    GRAFICA E TECNICA: 7
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 6.5
    GIOCABILITA': 8
    LONGEVITA': 7.5

    VOTO FINALE: 7.5

    The Elder Scrolls IV: Oblivion

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    Sistemi: PC | XBOX 360 | PS3 | PSP
    Genere:Gioco di Ruolo
    Sviluppatore:Bethesda Softworks
    Supporto:Blue Ray
    Età consigliata:PEGI 16+
    Lingua:Sottotitoli Italiano
    Giocatori:Singleplayer
    Supporto online:Nessuno
    Audio:DTS
    Sito Ufficiale: Link
    Distribuito da: Take2 Interactive
    Data di pubblicazione:
    Versione PS3 PAL: 27/04/2007

    The Elder Scrolls IV: Oblivion è ormai il vessillo dell'RPG occidentale. Uscito oltre un anno fa su Xbox 360 e PC, il prodotto firmato Bethesda si è mostrato all'epoca come uno dei massimi esponenti del suo genere. Paradossalmente i detrattori di questo piccolo capolavoro sono stati proprio quei giocatori talmente “assuefatti” ad una concezione stereotipata del gioco di ruolo da non comprendere come le meccaniche di Oblivion siano una originale e decisa presa di coscienza delle radici ruolistiche che accomunano tutti i “figli” del fantasy classico. Nonostante le molte critiche, il titolo ha avuto un successo esorbitante (million seller su entrambe le piattaforme). Oggi, gli scaffali europei sono invasi dalla tanto attesa conversione per Playstation 3. Diversamente da altri “adattamenti dell'ultima ora” (Splinter Cell, ad esempio), la “riscrittura” del codice di Oblivion è supportata da motivazioni largamente condivisibili: da una parte c'è la consapevolezza che il titolo risulti ancora oggi fresco e divertente, dall'altra la sicurezza che non esistano attualmente (e forse neppure nel prossimo futuro) competitori diretti. E se si uniscono questi elementi ad una conversione attenta allo sfruttamento delle caratteristiche peculiari dell'hardware Sony, si capisce come l'impatto di Oblivion nel parco ludico Ps3 sia, nonostante l'età, ancora determinante.

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    Oblivion è un Gioco di Ruolo di concezione molto particolare. Fedele alla precisa ed inequivocabile occupazione descritta dalla parola “Roleplay”, il prodotto Bethesda richiede al giocatore una cosa, anzitutto: quella di “interpretare”. Creare un personaggio e cercare di vivere la vita che per lui si ha in mente, rapiti in un mondo fiabesco ma sempre coerente. Le deviazioni ludiche del genere catalogato come RPG (incarnate nella scuola ruolistica giapponese o nel filone dell'Hack 'n Slash) hanno forse fatto dimenticare ai giocatori quale sia il concreto e più permeante carattere del GdR Fantasy, scaturito dagli ancestrali antenati fatti di testo, carta, penna e dadi. Oblivion sembra invece voler riscoprire di prepotenza l'essenza più piena di questo genere, con pochissime mediazioni.
    Una tale decisione si riflette in molti aspetti delle meccaniche di gioco, e l'impatto è quantomeno spiazzante: Oblivion non è un gioco facile da capire. Il senso di disorientamento, la ripetitività dell'azione, il monotono alternarsi di architetture ambientali, sono aspetti che giocoforza si presentano integrati ad uno schema di gioco tanto aperto e libero, e votato alla creazione di un contesto locazionale uniforme e credibile. Da questo punto di vista, Oblivion non è un gioco “per tutti”. Eppure per chi riesca a metabolizzare le meccaniche di gioco, per gli onesti giocatori che cercano di sviluppare il proprio personaggio senza imbrogli, per chi sappia integrarsi con la struttura delle lande smisurate e rapportarsi con l'impostazione sociale della vasta Cyrodill, Oblivion risulterà così ben sviluppato e affascinante che sarà impossibile non esserne incantati.

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    L'avventura comincia, come tutti i capitoli della serie, in una logora prigione della capitale. Introdotto per mano del sovrano agli eventi che danno il via ad un'ipotetica Storyline principale, il giocatore si troverà ben presto di fronte all'editor del personaggio. Oltre ai pregi di un sistema dinamico per il Morphing facciale, sarà il gran numero di opzioni ad essere gradito. In aggiunta ai tratti somatici del proprio alter ego, l'utente dovrà deciderne sesso, razza, segno zodiacale e classe. Tutti questi aspetti influenzeranno piuttosto pesantemente il prosieguo dell'avventura: l'appartenenza ad un'etnia delle 9 presenti nel continente non è meramente estetica, ma si riflette sia sulle caratteristiche fisiche di base che su alcune abilità speciali (resistenza alle malattie, possibilità di incantare animali o di evocare spiriti). Analogamente gli astri regoleranno alcuni bonus, fondamentali per il futuro agire del personaggio (quantità di Mana e modalità di recupero dello stesso, ad esempio). Assieme alla scelta della classe (o alla creazione di una propria “categoria professionale”), sono le prime fasi di gioco che tanto pesantemente modificano l'intera esperienza. I programmatori hanno tentato di venire incontro agli utenti meno navigati, proponendo selezioni automatiche in base al comportamento tenuto dal giocatore nell'affrontare il primo dungeon, ma le conseguenze delle selezioni iniziali sono così pesanti che questo sforzo sembra essere poco proficuo. Con tutta probabilità i giocatori poco avvezzi al genere, che ancora non hanno una precisa idea di cosa vogliono dal loro personaggio, dovranno ripetere le prime battute di gioco dopo qualche scampagnata prolungata nelle lande di Oblivion. Del resto la classe non solo determina le possibilità dell'alter ego, ma lega a doppia mandata l'agire del giocatore con il graduale potenziamento dell'eroe. A tutti gli effetti la classe definisce quali fra le molte abilità del personaggio sono da considerarsi principali per la sua formazione. Esistono, come ovvio, abilità magiche (divise in sette scuole), taumaturgiche, belliche, furtive, alchemiche e altre di validità più generale. Soltanto allenando quelle principali il protagonista salirà di livello e guadagnerà punti da spendere per incrementare le proprie caratteristiche generali (ovviamente sarà possibile allenare anche le altre capacità, ottenendo i benefici del caso, ma senza ulteriore utilità). Se si considera poi che è il continuo e frequente ripetersi delle azioni “in game” che regola il progresso delle abilità si capisce quanto delicata sia questa scelta. Non solo perchè si rischia di rimanere costretti a compiere azioni che ci risultano noiose: il pericolo maggiore è quello di non riuscire a calarsi nei panni del proprio personaggio, perdendo gran parte di quella “magia immersiva” che fa di Oblivion un grande videogioco. Del resto le meccaniche di comportamento proprie del guerriero (basate sul tempismo di parate e fendenti, in un sistema che ricorda quello di Condamned) sono così diverse da quelle del mago (giocate sull'alternanza di incantesimi d'evocazione, di contatto, di cura) e del ladro (attacchi furtivi), che è impossibile considerare il gameplay di Oblivion come se avesse una sola faccia. Le meccaniche di gioco del titolo in esame sono poliedriche e sfaccettate: esistono in definitiva più linee guida da seguire, ognuna con un ben definito carattere.
    Un sistema di questo genere, se da un lato è in grado di far contento chiunque sia cresciuto sulle schede di D&D (o cartacei meno commerciali, per i veri cultori), dall'altro potrebbe presentare qualche ipotetico problema. Ad esempio c'è il rischio che, spazientiti dall'incedere lento e mossi dalla voglia di far crescere il proprio eroe, i giocatori si trovino ben presto a “macrare” vistosamente, saltando qua e là per aumentare le abilità atletiche o evocando spiriti in continuazione per dimostrarsi maghi preparati. Se questo aspetto sia o meno da considerare un difetto (la stampa non sembra aver avuto dubbi a riguardo), è una questione da rimettere all'etica professionale del videogiocatore: Oblivion non costringe ad imbrogliare. Un sistema che anzi regola la potenza dei nemici più comuni in base al livello del protagonista sembra funzionare da deterrente. Chiunque avrà la pazienza, la voglia e anche la giusta “educazione” ludica per lasciarsi andare, vagando per città e dungeon senza esagerare nel suo allenamento forzato (sia chiaro che un minimo è necessario), allora saprà godersi una delle più complete esperienze ruolistiche.

    Una volta che vi avrà condotti, attraverso le fogne, fuori dalla lurida prigione che vi avrebbe altrimenti visto morire, il destino smetterà di avere pretese sul vostro personaggio. Ciò significa che sarete liberi da qualsiasi vincolo narrativo definito. Nonostante esista una trama principale, dipanata attraverso una precisa sequenza di quest, il giocatore può permettersi di ignorarla senza rimpianti. Già sulla strada per arrivare all'abbazia che, prima di morire, il sovrano vi ha indicato, potrete trovare un'infinità di spunti per seguire gli innumerevoli intrecci interni delle sub quest. I punti di interesse disseminati nella mappa sono innumerevoli: locande in cui ascoltare dicerie, sotterranei e caverne da esplorare, altari dedicati alle divinità Daedriche. E ancora le grandi città popolate da commercianti e ladroni, ricolme di sacerdoti ed incantatori. Le immense distese di Cyrodill (circa 23 Km quadrati di mappa) sono un vorticare continuo di spunti per dedicarsi alle attività più disparate. La libertà d'azione, in Oblivion, davvero ridefinisce i canoni del Free Roaming game, applicando la filosofia del libero girovagare ad uno dei concept più adatti ad ospitarla. Non serve dunque molto perchè il giocatore trovi ambizioni alternative a quella di completare la Main Quest: diventare un membro delle gilde (dei Guerrieri e dei Maghi, o – per chi abbia particolari doti investigative- dei Ladri e degli Assassini), soddisfare le richieste dei principi che regnano sulle città, onorare le statue daedriche per ottenere i favori delle ignote divinità, intrufolarsi nelle dimore dei ricchi signorotti o ancora accumulare fortuna con il commercio, per potersi comprare una delle molte dimore (baracche o sontuosi castelli che siano). Non c'è limite alle possibilità offerte dall'ambientazione: esiste, in Oblivion, una molteplicità di linee guida che scorrono parallele e indipendenti, e l'utente può percorrere quelle che desidera, nell'ordine che desidera.
    Certo, la libertà d'azione è soltanto “a monte” di quelle che sono le varie quest: prese singolarmente, le missioni secondarie si svolgono in maniera piuttosto lineare (e seguendo, spesso, l'intramontabile sistema E.u.m.a.t.e.: entra, uccidi mostro, arraffa tesoro, esci). Eppure, anche grazie alla presenza di quest particolarmente ispirate, il risultato è perfettamente funzionale: lascia al giocatore totale e completa libertà decisionale nella definizione del proprio Iter.
    Naturalmente il fatto che ogni possibile “sentiero narrativo” abbia un rilievo così evidente all'interno dell'economia di gioco è conseguenza diretta del certosino lavoro che interessa la caratterizzazione di personaggi, ambienti, elementi di contorno. Senza l'esagerato numero di PNG, tutti diversi e con una personalità ben definita, senza i brani che è possibile leggere in qualsiasi biblioteca o nelle scuole di magia, senza insomma le linee di dialogo e di testo scritte per dare “carattere” all'ambientazione ed alle situazioni di gioco (e tradotte in maniera appena sufficiente, con qualche imperfezione dovuta all'inglese arcaico usato in origine), l'avventura di Oblivion sarebbe assai meno affascinante.

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    Visivamente il prodotto Bethesda è uno dei videogiochi più gratificanti che è possibile trovare sul mercato attuale. L'ambiente di gioco è modellato con cura, ricco di dettagli e decisamente evocativo. Il contesto ambientale non è, per la verità, molto vario: fedele ad un'impostazione naturalistico/realistica il regno di Cyrodill è composto per lo più da grandi vallate e smisurate foreste, che lasciano timidamente il posto a qualche zona più brulla laddove i morbidi pendii collinari cedono di fronte ai montagne dai profili più impervi. La vegetazione non è in generale moltissima: coerentemente con una zona in cui le condizioni climatiche non variano in maniera sostanziale, la scena visiva di Oblivion si staglia quasi monotematica. Ed è proprio questa costante “coesione” che, unita con la smisurata vastità dell'ambiente, dona al paesaggio ludico dipinto da Bethesda un fascino quasi soverchiante. L'alter ego e costantemente soverchiato da una spazialità quasi infinita, difficilmente esplorabile, sempre verosimile, che cela al suo interno, nelle architetture cadenti di forti in rovina, nelle creature che la popolano, nelle statue e nei tempi, storie fantastiche e straordinarie.
    Un accenno è doveroso alla struttura delle varie città che si incontrano nel continente. In ciascuna di esse si respira un clima diverso, ed ognuna si caratterizza per delle architetture particolari: le strade strette dei borghi più ricchi, soverchiate da imponenti costruzioni a due piani, i terrazzamenti della città montana, le costruzioni in legno nei pressi della palude, e le magnifiche forme slanciate della capitale, centro sociale brulicante di vita.
    A chiudere il quadro del colpo d'occhio troviamo modelli dei personaggi ben costruiti, anche se animati in maniera non troppo egregia. In ogni caso l'attenzione del giocatore sarà spesso calamitata sul volto dei vari PNG, espressivo quanto basta ma con qualche problema di Lip Synch.

    La qualità tecnica generale di Oblivion, nella sua versione PS3, è eccellente. Il lungo lavoro di adattamento appare evidente fin dalle prime battute, quando ci si accorge con sorpresa che i tempi di caricamento sono molto ridotti rispetto a quelli della versione 360. Anche la qualità visiva appare migliorata: sebbene continui a verificarsi un effetto Pop Up abbastanza vistoso, la qualità delle texture è sensibilmente maggiore (a causa, probabilmente, della stessa architettura di Ps3: il Chip grafico non transige sulla memoria da utilizzare per le texture in alta risoluzione). Sul monolite Sony dunque l'impatto visivo mostra colori più brillanti e elementi più dettagliati. Da segnalare la parziale risoluzione dei problemi che affliggevano il Framerate su Xbox 360: anche nei momenti in cui si può ammirare la smisurata ampiezza dell'orizzonte, concedendosi ben più di qualche attimo di fronte alle distese boschive rischiarate dal sole mattutino, la fluidità è meno compromessa rispetto a quanto non fosse sulla biancoverde console del colosso di Redmond. E se anche si verificano, di tanto in tanto, abbassamenti del refresh visivo, dato il ritmo di gioco non troppo elevato l'esperienza non è minimamente compromessa.

    L'aspetto sonoro di Oblivion è così curato che il prodotto ha meritato, nell'anno passato, moltissimi riconoscimenti. Le componenti acustiche più evidenti sono ovviamente quelle ambientali, che in ogni momento accompagnano il viaggio del giocatore. Ma a ben guardare è la perfetta alchimia fra sottofondo musicale e campionatura ambientale che rende così evocativo ogni scorcio. Le tracce sonore registrare per l'occasione fanno il loro preciso dovere: cullano con la loro melodia l'avanzare del protagonista, si fanno sentire con riservata timidezza, si avvertono, piuttosto che essere ascoltate. Eppure un orecchio attento saprà riconoscere il tocco del noto compositore Jeremy Soule, che è riuscito ad orchestrare brani di stupenda fattura.
    I dialoghi, rigorosamente in inglese, sono ben doppiati, grazie alla collaborazione con attori professionisti. Citiamo, per onor di cronaca: Sean Bean (Il Signore Degli Anelli, Equilibrium, Goldeneye), Terence Stamp (Superman 1 e 2, Star Wars Episode I, Elektra), Patrick Stewart (Star Trek, X-Men) e Lynda Carter (Serie TV Wonder Woman). L'inglese arcaico utilizzato per caratterizzare i timbri vocali piacerà ai cultori di un Fantasy elitario ed elegante.

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    Nella versione Playstation 3 di Oblivion, per farsi perdonare i mesi di attesa, gli sviluppatori hanno inserito la “maxi quest” aggiuntiva di Knights of the Nine, prima espansione ufficiale rilasciata qualche mese fa su Pc e Xbox 360 in Digital Delivery. Sfortunatamente, nonostante ad oggi sia disponibile sul Marketplace della console Microsoft e in download dal sito ufficiale Shivering Island, Add On di sicuro effetto e magistralmente confezionato, il Playstation Store è ancora orfano di questa creazione (restando per il momento una piattaforma ad uso e consumo di Sony Computer Entertainment). Un vero peccato, perchè Shivering Island è una piccola “follia ludica” in grado di aggiungere varietà ambientale e rinfrescare non poco il prodotto: speriamo che nel prossimo futuro questo corposo expansion pack possa raggiungere la piattaforma online di Ps3.
    In ogni caso la presenza di un'ulteriore linea narrativa è una regalia gradevole ma non così influente sul giudizio finale o sulla qualità dell'opera stessa.
    Le maggiori differenze fra le due versioni sono quindi tecniche, come sopra si accennava.

    COMMENTO FINALE

    Quella di Oblivion è una delle migliori offerte che sia possibile trovare su Playstation 3.
    Il lavoro della software house è encomiabile: tutti gli elementi di gioco, dal gamplay sfaccettato alla compresenza di molteplici linee narrative, e persino la coerente riproduzione ambientale, concorrono a creare un'esperienza unica, immersiva al massimo grado, affascinante. Certo, Oblivion resta un prodotto molto particolare, per certi versi complesso ed elitario: senza un'adeguata “preparazione” ruolistica, senza la predisposizione drammatica mirata ad “interpretare” il proprio personaggio, probabilmente l'avventura perderebbe gran parte della sua efficacia, pur distinguendosi per l'enorme quantitativo di quest, punti d'interesse, nonché per la vastità ambientale.
    Comunque si voglia vederlo, se dal punto di vista qualitativo o da quello quantitativo, Oblivion resta comunque un gran videogioco, in grado di tenere occupati (o affascinati) gli utenti per molto tempo. Ovviamente la pubblicazione del Gdr Bethesda lascerà indifferenti i possessori di una delle altre versioni disponibili (360 o Pc), eppure, visto anche l'ottimo sfruttamento delle risorse hardware, sfociato in un'ottimizzazione dei tempi di caricamento e della resa visiva, Oblivion non solo completa e infoltisce il parco ludico del monolite Sony, ma lascia intravedere un futuro piuttosto roseo dal punto di vista tecnico.

    GRAFICA E TECNICA: 9
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 9
    GIOCABILITA': 8.5
    LONGEVITA': 9

    VOTO FINALE: 8.5


    Full Auto 2: Battlelines

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    Sistemi: PS3 | PSP
    Genere:Racing Game
    Sviluppatore:Pseudo interactive
    Distributore:Sega
    Supporto:Blue Ray
    Età consigliata:12+
    Lingua:italiano
    Giocatori:1-8
    Supporto online:si
    Requisiti di sistema:ND.
    Audio:ND.
    Res. video:1080i

    Sito Ufficiale: Link

    Il primo episodio di Full Auto apparve sugli scaffali europei nel marzo 2006, portando su XBox 360 un videogioco di discreta qualità che mescolava elementi del genere racing con la possibilità di annientare gli avversari tramite mitragliatori, missili e mine di prossimità. Il gioco venne accolto tiepidamente dalla critica, in quanto afflitto da costanti cali del framerate e da una giocabilità sì improntata sull’azione arcade, ma comunque troppo limitata ed effimera che si manifestava evidentemente una volta superate le prime ore di entusiasmo.
    La casa del porcospino Sonic ora ci riprova, proponendo Full Auto 2: Battlelines su entrambe le console Next Generation: il team di sviluppo Pseudo Interactive riuscirà a riscattare il proprio discreto predecessore? Scopriamolo in questo test approfondito.

    A caccia di criminali a Meridiana

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    In Full Auto 2: Battlelines vestiamo i panni di un pilota professionista, incaricato di riportare la pace e l’ordine nella cittadina futuristica di Meridiana, perennemente afflitta dal dilagare della criminalità. Al nostro fianco avremo S.A.G.E., un dispositivo senziente governativo attivato nei casi di emergenza, che ci illustrerà le principali caratteristiche e i punti deboli dei nostri avversari, gli Ascendant: clan criminali composti da piloti e veicoli mortali, pronti a trivellarci di proiettili pur di fermarci.
    La trama fa da sfondo alla modalità Carriera, in cui verremo man mano istruiti da S.A.G.E. circa le missioni da portare a termine. Ogni livello di gioco presenta due tipologie di obiettivi: principali e secondari. I primi spaziano dalla semplice vittoria in una corsa all’eliminazione fisica del nemico, e sono indispensabili per avanzare nell’avventura; i secondi invece ci impongono traguardi più ricercati, quali terminare la missione entro un dato tempo o con la distruzione di un tot veicoli. Questi obiettivi di minor importanza, se completati, ci forniranno grafiche e carrozzerie speciali per le nostre auto.
    Una delle principali novità di Battlelines è data dall’introduzione delle battaglie in arena, che ricordano per molti versi le serie Twisted Metal e Destruction Derby. A differenza del predecessore, quindi, non correremo soltanto le canoniche gare su circuito: gli sviluppatori hanno deciso di valorizzare la componente action del titolo, privilegiando la distruzione alla ricerca del giro perfetto. Nonostante questa notevole aggiunta, il titolo non fa della varietà nella modalità Carriera il suo punto forte: che ci si trovi in un’arena o su un tracciato, si tratta sempre di guidare, mirare e distruggere. Una sequenza che genera inizialmente entusiasmo, ma che ben presto si spegne, per poi tramutarsi in ripetitività e monotonia.
    Prima di iniziare una qualsiasi missione, una serie di semplici menu ci permette di scegliere il tipo di auto e gli armamenti da montarvi sopra. Van, limousines e pick up sono solo alcune tipologie di mezzi a nostra disposizione, ognuna dotata di determinate caratteristiche quali velocità, resistenza e la possibilità di caricare armamenti pesanti o meno. Ogni livello richiede quindi strategia e tattica nella scelta del veicolo: i mezzi più pesanti saranno lenti, ma ci permetteranno di montare armi più sofisticate e letali, mentre quelli più leggeri guadagneranno in velocità ma non potranno essere caricati che con armi leggere. Ci interessa arrivare primi? Un mini van sarà la scelta migliore. Preferiamo annientare il nemico, per poi prendercela comoda e vincere con facilità? Un jeep in stile hummer sarà sicuramente conforme ai nostri scopi. Una volta scelto il veicolo, dovremo selezionare di quali due armi disporre (attivabili grazie ai tasti frontali). Anche in questo caso la scelta è vasta: si passa dai semplici mitragliatori alle doppiette, dalle cortine fumogene alle mine di prossimità, dagli scudi rinforzati anteriori a quelli posteriori, e così via.

    Il feeling della pista

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    Una volta in pista, il sistema di controllo potrà risultare inizialmente problematico e difficoltoso: la configurazione dei tasti non è infatti quanto di più tradizionale (l’acceleratore e il freno sono attivati dai trigger dorsali), mentre lo schermo di gioco offre ai nostri occhi numerose icone e barre di energia. Tra di queste, fondamentale è la barra presente nella parte alta a sinistra del nostro schermo, che verrà riempita in occasione di derapate, distruzione degli avversari e altre esibizioni delle nostre abilità da pilota. Il suo scopo è duplice: fornirci del turbo (attivabile tramite il tasto R1) o attivare la sequenza Recupero, per mezzo del tasto L1. Questa feature ci permetterà di ritornare indietro nel tempo per “recuperare”, appunto, un nostro errore di guida. Nell’ultima curva siamo usciti di pista? Tener premuto il tasto L1 ci permetterà di rifarci dell’errore, vincendo magari la gara. Uno stratagemma già visto nello stesso Full Auto e in altri combat racing.
    Una volta prese in mano le redini del gioco, Battlelines è indubbiamente divertente: devastare tutto ciò che si muove su schermo è quanto di più godibile ci possa essere in un arcade. Gli sviluppatori hanno inoltre dato particolare enfasi allo spettacolo: ogni distruzione di un veicolo avversario verrà accompagnato da una sequenza in slow motion, mentre premendo un tasto del DPAD attiveremo un replay che ci consente di ammirare gli ultimi 20 secondi di gioco. Purtroppo, l’hype iniziale si spegne dopo poche ore di gioco, afflitto da una ripetitività mai risollevata da una discreta varietà delle missioni o dall’interattività dei vari scenari, nonostante essi si evolvano dinamicamente in base al crollo di strutture portanti o costruzioni architettoniche. Il nostro scopo rimarrà sempre quello: guidare e distruggere, con un minimo di attenzione agli obiettivi del livello.
    L’intelligenza artificiale dei nostri avversari presenta degli alti e dei bassi: nel corso delle gare i nemici ci daranno del filo da torcere, ma nelle arene non è raro imbattersi in veicoli immobili per diversi secondi, quasi fossero indecisi sul da farsi; facili prede (purtroppo) per il nostro piombo rovente.
    La longevità del titolo si attesta poco sopra la media, con una durata della modalità Carriera di circa 15-20 ore. Oltre a questa modalità, avremo la possibilità di giocare in multiplayer, in split-screen o online (fino ad un massimo di otto giocatori e senza eccessivo lag) o in una rapida Gara Arcade, dove potremo mettere alla prova auto e armi ottenute nel corso della nostra Carriera. Il gioco online offre alcune interessanti opzioni, come ad esempio Assalto alla base (dove dovremo far saltare la roccaforte avversaria piazzando diversi esplosivi nell’edificio) e Gatto e Topo (il classico “nascondino” uno contro uno), che contribuiscono così a non far scemare in tempi troppo brevi l’interesse per Battlelines.

    Non solo Slow motion...

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    Tecnicamente, Full Auto 2: Battlelines è notevole. Gli stage sono tutti ambientati a Meridiana, una città futuristica dove tutto (o quasi) può essere distrutto dalle nostre auto e armi. Vedere i frammenti e i detriti generati da tanta distruzione è uno spettacolo per gli occhi e spesso porta allo stravolgimento dello stage stesso, con il cedimento (ad esempio) dei piloni che reggono un’imbarcazione in un cantiere navale. Queste evoluzioni introducono nella battaglia nuovi paesaggi segreti e nuove strade percorribili, ravvivando così le sei arene disponibili.
    I proiettili avversari e le fiamme influiranno in modo realistico sulle nostre carrozzerie, che si deformano e distruggono progressivamente. Un semplice sguardo al nostro veicolo ci permetterà quindi di renderci immediatamente conto circa il nostro stato di salute, vista anche la qualità e la definizione delle textures, apprezzabili appieno in modalità video 1080i.
    Purtroppo, una tale mole di poligoni in movimento provoca spesso un calo del frame rate. Il problema è stato radicalmente ridotto rispetto al primo Full Auto, ma non risolto del tutto: alcuni rallentamenti, specie in occasioni di esplosioni macroscopiche, rimangono. Un altro punto debole di Battlelines, nonostante la sua anima spregiudicatamente arcade, è la fisica che gestisce la guida e le collisioni del veicolo. Le auto risultano essere troppo “leggere”, spesso pronte a essere destabilizzate da un minimo contatto specialmente in curva. La sensazione insomma è quella di non avere alcun grip, come se si guidasse sul sapone.
    L’accompagnamento sonoro è affidato a semplici melodie di genere electro-rock, che ben si confà all’ambiente urbano futuristico della sceneggiatura. Le esplosioni sono ben campionate, mentre lasciano a desiderare i rumori delle nostre armi, troppo sotto tono e deboli.

    COMMENTO FINALE

    Un po’ Burnout e un po’ Twisted Metal, con l’aggiunta di Demolition Derby: ecco in sintesi Full Auto 2: Battlelines, titolo frizzante, frenetico ed adrenalico in grado di regalare (seppur solamente all’inizio) forti emozioni al videogiocatore. Bastano però poche ore per rendersi conto che il detto “tanto fumo, poco arrosto” corrisponde al vero: l’azione di gioco, nonostante i tentativi di variegare missioni e obiettivi, rimane sempre la stessa, ancorata ad un concetto “guida-spara” alla lunga noioso e ripetitivo. Nonostante un comparto tecnico di tutto rispetto, inoltre, il gioco presenta ancora problemi legati alla fluidità (i costanti cali di framerate), alla fisica dei veicoli e all’intelligenza artificiale dei nostri nemici. Battlelines racchiude quindi in sé tutta l’essenza dell’arcade: piacevole e irresistibile nelle prime sessioni di gioco, monotono e ripetitivo dopo qualche ora.

    GRAFICA E TECNICA: 6.5
    COLONNA SONORA ED EFFETTI AUDIO: 6.5
    GIOCABILITA': 6
    LONGEVITA': 6

    VOTO FINALE: 6

     
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  13. baldra_curva_sud
     
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    MGS4 ritarda e le azioni Konami crollano


    Il rinvio di Metal Gear Solid 4 - ora previsto nel secondo trimestre del 2008 - ha causato una notevole flessione nelle azioni della software house nipponica Konami. Secondo quanto dichiarato, il prezzo delle azioni sarebbe sceso del 6,8% soltanto nella giornata di oggi.

    Fonte: spaziogames
     
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  14. vito90
     
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    scriviamo anche gli aggiornamenti del paly station store .. ad esempio oggi ocsa hanno messo di nuovo ?
     
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    L'autore del topic (Jonny) in questo periodo non è attivo, purtroppo.
     
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