Ddl anti intercettazioni, internet e stampa a rischio censura

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    Frutto di un'Italia andata ormai a Fanculo!

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    Il disegno di legge che il Governo sta cercando di partorire in tutta fretta, già rinominato “la legge bavaglio“, sta proiettando nelle menti (web-addicted e non) scenari tutt’altro che piacevoli. Un unico articolo, 25 commi per 23 pagine intitolate “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine” che sta prendendo forma e sostanza sempre più velocemente, tant’è che il Governo ha avviato per ben tre giorni a settimana sedute mattutine e pomeridiane dedicate esclusivamente al ddl in questione.

    Se da una parte qualcosa rimane invariato, come ad esempio il tetto massimo degli anni di pena (cinque) per cui è possibile disporre gli ascolti, dall’altra le modifiche riguarderanno la rimozione di un giudice che rilascia pubbliche dichiarazioni sui procedimenti, il divieto di diffusione e pubblicazione di documenti e intercettazioni anche non segreti a pena di ammende e reclusioni che arrivano fino a 6 anni, l’introduzione del limite inderogabile dell’ascolto a 60 giorni, la distruzione automatica di documenti e nastri utilizzati in processi passati in giudicato, il limite massimo di spesa per ciascuna procura e il divieto di riutilizzo delle intercettazioni.


    Per avere un assaggio più concreto di ciò che il ddl promette, non basterà avere un “grave indizio di reato” per chiedere un’intercettazione a carico di un personaggio sospetto, ma si dovrà essere certi, come scrive la legge, che “le utenze siano intestate a soggetti indagati o siano agli stessi effettivamente e attualmente in uso”. E qualora la registrazione della telefonata dovesse riguardare “soggetti diversi” che hanno rapporti con l’indagato, si potrà procedere soltanto se, “sulla base di specifici atti di indagine risultano a conoscenza dei fatti per i quali si procede”. Non solo, dovranno esistere “concreti elementi per ritenere che le relative conversazioni o comunicazioni siano direttamente attinenti ai medesimi fatti”. In soldoni, prima ancora di richiedere e ottenere le intercettazioni che devono provare l’esistenza del delitto, il pm dovrebbe disporre ancora prima della prova che invece va cercando proprio con l’ascolto. Non solo: deve essere anche certo che “i fatti” per cui vuole “sentire” più di un telefono siano pure gli stessi. Inoltre, il relatore del ddl vuole punire con la reclusione fino a 4 anni chiunque registri di nascosto una conversazione ambientale in cui lui stesso è partecipe. In sostanza verrebbe a mancare uno strumento importante, quello della registrazione fraudolenta, ai commercianti che vogliono liberarsi dei loro estorsori, dato che registrandoli commetterebbero loro stessi reato per primi.

    Come se non bastasse il Parlamento, ogni volta che la magistratura farà richieste di procedere con le indagini, avrà 90 giorni di tempo per decidere se sospendere i processi per i reati extra funzionali a carico del presidente della Repubblica, del premier e dei ministri. Se venisse quindi a mancare il prefisso ‘disegno di’ la libertà di informazione subirebbe un duro colpo, anche a livello di rete. Si parla infatti dell’obbligo di rettifica a tutti i siti informatici entro le 48 ore pena sanzioni che oscillano tra i 7.500 e i 12.500 euro.

    Il primo pensiero va sicuramente ai numerosissimi blog di libera informazione che sguazzano pressoché spensierati nella rete concedendo agli internauti il lusso di gustarsi articoli privi di interessi diversi da quello di informare, ma non bisogna dimenticare forum, newsgroup, bacheche elettroniche e qualunque altro mezzo di discussione via internet, professionale o amatoriale. Contro la legge è già intervenuto il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, dichiarando che “se il ddl Alfano sulle intercettazioni fosse stato approvato in passato, oggi Riina e Provenzano sarebbero liberi” e aggiungendo: “continueremo a fare intercettazioni sui soliti noti, ma non sui soliti ignoti. Saremo disarmati verso i collusi, i concorrenti esterni e i colletti bianchi”. Non è da dimenticare infatti che i procedimenti mafia, a detta di Ingroia stesso, partono nella maggioranza dei casi da reati satellite, e l’individuazione di quest’ultimi sarebbe non poco penalizzata dalla legge in questione. Neanche il popolo di internet è rimasto a guardare con le mani in mano. Da pochi giorni è stato lanciato un appello tramite una pagina su Facebook intitolata Libertà è partecipazione (le adesioni sono in continuo crescendo) che chiede di scrivere ai senatori della Commissione di Giustizia affinché desistano dall’approvazione del disegno di legge. Oltre 10.000 persone hanno già firmato una petizione col medesimo scopo sul sito www.nobavaglio.it.

    Nei prossimi giorni si vedrà quale sarà lo sviluppo della situazione, ancora parecchio confusa. Se neanche gli appelli via web serveranno a fermare il ddl, l’unica cosa che rimarrà da fare sarà rivolgersi al capo dello Stato chiedendogli di intervenire per tutelare la sicurezza dei cittadini nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e il principio per cui la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni né censure.


     
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  2. sghizzo1989
     
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    Proprio un inno :Viva la libertà.
    Per un'intercettazione ci vuole un casino di prove indizi e qualunque altra cosa.
     
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1 replies since 13/5/2010, 20:44   67 views
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