Mara Carfagna: ero cenerentola, ora parlo da ministro

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  1. !Hysteria.
     
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    Per difendere le donne da soprusi e violenze ha varato la legge contro lo stalking. E dentro la maggioranza
    è tra i pochi schierati a favore delle coppie gay.
    Ma adesso la responsabile delle Pari opportunità ha molto da dire su Gianfranco Fini, che esaspera i toni. Sui giovani al governo, e su chi
    ce li ha portati. Sulla riforma delle intercettazioni,
    che «deve essere varata quanto prima». Sui tanti voti che ha preso alle regionali in Campania. Su Israele.
    E su un complesso d’inferiorità che non ha più.


    Intervista di Andrea Marcenaro

    Complimenti, ministro, la sua dichiarazione autocritica sulle case ai gay è stata una magnifica mossa.
    Non mi piace che si parli di una «mossa».
    La sinistra l’ha portata in palmo di mano.
    Questo riguarderà forse la sinistra. Per quanto riguarda me, nessuna mossa. Non faccio mosse.
    Non è uno scandalo se un politico le fa.
    Quel che ho detto al Quirinale era frutto di una riflessione, modesta forse, ma leale. Di una personale maturazione.
    Su cosa? Non credo abbia scoperto soltanto due mesi fa che i gay sono piuttosto discriminati.
    No, questo lo so da molto tempo.
    Però aveva negato il patrocinio al Gay pride.
    E lo negherò ancora, che c’entra?
    Come che c’entra? Chi nega il patrocinio è statutariamente omofobico. I suoi attestati di stima alla deputata Paola Concia erano invece statutariamente antiomofobici. Lei ha aggiunto, per di più, che era stata Concia a farle cambiare opinione.
    Non certo sulle discriminazioni che devono subire gli omosessuali, tanto è vero che il ministero ha sempre patrocinato seminari, forum e ogni tipo di manifestazione delle associazioni intenzionate a focalizzare il problema.
    Perché quell’accenno autocritico, allora?
    Perché una cosa è la conoscenza di una questione, cosa diversa è maturarne consapevolezza. Paola mi ha aiutato. Grazie a lei ho conosciuto meglio le difficoltà di chi vive quella condizione di minoranza, l’additamento, la derisione, il pregiudizio, le violenze.
    Le ha raccontato la sua storia personale?
    Non la sua, quella di molti.
    Siete d’accordo su tutto ormai?
    No davvero.
    Sull’equiparazione tra coppie gay e coppie tradizionali?
    Paola è un’interlocutrice molto ragionevole, non ne abbiamo mai parlato. Sa che su questo non concordo.
    Molti omosessuali la chiedono.
    E sono convinti di averne diritto. Quindi anche di poter avere e allevare figli. Molti altri mi dicono invece: non possiamo chiedere di equiparare due cose così diverse.
    Così diverse?
    La tutela giuridica della famiglia prevista dal nostro ordinamento è concepita per salvaguardare non solo i diritti della coppia, ma i figli destinati a perpetuare la specie. Non si può cambiare questo.
    Allora non si può cambiare niente.
    Come no? Ci si può meglio contrapporre al pregiudizio, si possono rompere muraglie che impediscono il godimento di diritti sacrosanti.
    Per esempio?
    Subentrare nel contratto di locazione, effettuare visite in ospedale sono normali diritti di una coppia che meritano un’attenzione negata troppo spesso. E una soluzione. Ma l’equiparazione non c’entra.
    Ha letto l’intervista dell’ex ministro Pietro Lunardi in cui parla con disinvoltura del fare e ricevere favori?
    Certo.
    La sua opinione?
    Non spetta a me criticare e dare giudizi.
    Lei è un ministro della Repubblica, guida un paese, e risponde di non poter esprimere un giudizio su un’intervista come quella?
    Ma no, ma no: mi limitavo a dire che non ho alle spalle una storia politica tanto ricca da potermi erigere a giudice degli altri e che non mi piace, per natura, mostrarmi col ditino alzato. Detto questo, lo scenario che emerge è gravissimo. Gravissimo. E offre un’idea di politica che non mi piace. Quando leggiamo interviste come quella, lo scoramento è forte e la delusione totale.
    Come spiega un tale candore, o una simile faccia tosta, da parte di un signore che ha fatto perfino un’esperienza da ministro?
    La delusione è anche figlia di questa circostanza, mi astengo dal dare giudizi…
    Di nuovo?
    Mi limito a notare che vicende simili sconvolgono un esercito di persone, impegnate in politica a qualsiasi livello.
    Un esercito forse è troppo.
    Proprio così, di persone corrette e in buona fede che si sono avvicinate alla politica come me, sapendo, certo, che esistono sacche più o meno consistenti di politicanti i quali pensano soprattutto al proprio tornaconto personale, eppure impegnate lo stesso con generosità e passione.
    Sacche molto consistenti…
    Le assicuro che sono molti di più gli altri. E che episodi come quello di cui stiamo parlando li mortificano.
    Significa che Silvio Berlusconi non è stato capace di formare una nuova classe dirigente.
    Al contrario.
    In che senso?
    Berlusconi è stato l’unico, in Italia, che ha avuto il coraggio di dare corpo a quel famoso rinnovamento generazionale di cui molti si riempiono la bocca senza combinare nulla.
    Non faccia l’elogio del capo.
    Guardi i fatti. Ha avuto il coraggio, due anni fa, di sfidare ogni tipo di pregiudizio e di portare al governo un gruppo di giovani in posizioni tutt’altro che marginali. Alfano, la Gelmini, la Meloni, Fitto, il ruolo di Lupi, io stessa: le pare nulla?
    Non mi sembrano proprio le fatiche di Ercole.
    E sbaglia. Le ire dei notabili del nostro partito sono state notevoli, molte aspettative di chi pensava di aver maturato il diritto ad avere il posto importante sono andate deluse. Non creda che sia stato facile.
    Nemmeno digerire l’affare Brancher dev’essere facile.
    Fintanto che magistrati e politici non torneranno a rispettarsi servirà un bello stomaco, temo. La magistratura ci ha ormai abituato a continue invasioni di campo nella politica; la politica ha cercato di reagire, non sempre in maniera composta. Questa vicenda ci ha fatto correre un rischio grave: quello di svuotare di senso, forzandone l’applicazione, un principio giusto.
    Lei si è rivelata molto più scaltra di quanto si potesse immaginare. Entrò in politica molto vicina a Italo Bocchino. Quando Bocchino si è schierato con la minoranza di Gianfranco Fini, addio Bocchino.
    Senta una cosa: nella mia vita la scala di valori è ben chiara e l’amicizia viene prima della politica. Visto che non è così scontato, ci tengo a dirlo.
    Resta l’addio.
    Politico, senza rinnegare i rapporti personali, l’amicizia e il senso di gratitudine che conservo nei suoi confronti. Dopodiché, le sue posizioni di oggi non mi convincono. Mi riconosco ancora nel progetto politico che portò Berlusconi e Fini a fondare il Popolo della libertà.
    Progetto che Fini subì, più che altro.
    Bisogna chiederlo a lui. A me è parso che ci abbiano creduto entrambi e che abbiano scelto insieme. In un partito che viaggia tra il 35 e il 40 per cento dei voti, poi, possono esistere contrasti di merito, anche aspri. È normale. Importante sarebbe che non venisse esasperato.
    Invece pare piuttosto esasperato. Come lo spiega?
    Non me lo spiego.
    La legge sulle intercettazioni va varata immediatamente?
    Due anni di discussione parlamentare, per una legge, non si può dire che siano pochi.
    Va varata immediatamente?
    Una delle cose che allontanano la politica dai cittadini è il tempo infinito delle decisioni.
    Forse va varata immediatamente.
    Fini interpreta il regolamento. Giusto. Prima la manovra finanziaria. Va bene. Io non ho approfondito il funzionamento del regolamento. Ma so che quella legge dev’essere approvata quanto prima. Prima della manovra, dopo la manovra, non so: ma quanto prima. Non si deve perdere tempo inutilmente e non bisogna rinviare per ragioni estranee a un sano dibattito politico. E il dibattito c’è stato, in tutte le sedi immaginabili. Di più, francamente, suonerebbe strumentale.
    Dicono che si tratti di una legge bavaglio.
    Si tratta di un giusto compromesso fra i tre diritti costituzionali garantiti: quello del pubblico ministero a fare le indagini, quello del cittadino al rispetto del suo privato e quello dell’informazione.
    Il primo e il terzo non sono tanto garantiti, dicono.
    Era necessario porre un freno all’abuso dello strumento intercettazione, che questa legge non limita in alcun modo nella sua finalità seria.
    Tarpa le ali ai magistrati.
    Li responsabilizza nei confronti dell’abuso commesso finora, ledendo il diritto alla privacy, e nei confronti dei processi mediatici che troppo spesso massacrano un indagato, talora nemmeno imputato, prima dell’arrivo di qualsiasi sentenza.
    Taglia le mani all’informazione.
    Dev’essere impedito di poter mettere alla gogna un presunto colpevole. Punto. Eppure, i processi mediatici che ne calpestano la dignità sono diventati un’abitudine contro cui la giustizia non si muove. Anzi, che in numerosi casi promuove.
    Più colpevoli i magistrati o i giornalisti, secondo lei?
    Non dispongo di quel tipo di bilancino. So soltanto che il rispetto dell’individuo va riconquistato. E che si tratta di una battaglia nobile contro cui si è mossa una guerra con argomenti talora ignobili.
    Da chi ha imparato a fare politica? Non mi dica da Berlusconi.
    Da Berlusconi.
    Ecco.
    È vero, ho imparato ad ascoltare, ho imparato a studiare, a entrare nei dettagli delle cose. Lui studia molto, io studio molto, e imparo sempre. Berlusconi ha stimolato la mia passione per la politica e mi ha messo soprattutto nella possibilità di farla. Non sta bene dichiararlo? Che legga un libro, che assista a un dibattito, che guardi una trasmissione televisiva, io cerco comunque di imparare qualcosa.
    Mara Carfagna è una secchiona?
    Se vuole dire così.
    Ma un maestro vero, un punto di riferimento ideale?
    Oriana Fallaci. Trovo le sue parole sullo scontro di civiltà di una attualità stupefacente.
    Ancora uno?
    Giuliano Ferrara è un maestro vero.
    Lei ha espresso entusiasmo per l’ergastolo comminato al padre marocchino che uccise Sanaa. Colpiva, l’entusiasmo per un ergastolo sulla bocca di una donna.
    Perché?
    Una donna ha una capacità di indulgenza maggiore, rispetto a un uomo.
    Era un delitto nei confronti di una donna, compiuto con un’efferatezza di modi e di ragioni che non ammetteva alcuna scusante.
    L’ergastolo è per sempre. Non dovrebbe esistere il per sempre nei confronti di un essere umano. Suona come una sconfitta necessaria di cui non ci si dovrebbe entusiasmare.
    Non sono d’accordo. Che la bestia si nasconda in ciascuno di noi è vero. Ma è un concetto difficile da fare proprio, quando un padre ammazza in quel modo la figlia. Quanto alla differenza tra maschi e femmine nel giudizio di valore, non tirerei in ballo una supposta maggior capacità di indulgenza femminile. Non amo le generalizzazioni, preferisco distinguere tra persona e persona.
    Apprezza il linguaggio della Lega? I culattoni, cacciare i negri a casa loro, il torniamocene a casa dopo l’attentato in Afghanistan e tutti quei modi, chiamiamoli calderoliani, di parlare in pubblico?
    Nella mia posizione, più che al contenitore si dà rilevanza al contenuto. E la Lega che vedo quotidianamente in Parlamento, o nel Consiglio dei ministri, è estremamente pacata e ragionevole. Non usa quel linguaggio: ragiona.
    Ma le parole contano.
    È vero, non le condivido: titillare l’elettorato in quel modo non va bene; su quel terreno non marcio.
    Alle regionali in Campania 56 mila preferenze, mica male.
    Veramente un po’ di più. Ne sono stata felice.
    Capisco. Si possono prendere un po’ più di 56 mila preferenze in Campania, record assoluto, senza mai farsi sfiorare dalla camorra?
    Un’illazione del genere nessuno ha mai osato avanzarla nei miei confronti. Mai. E non le permetto di avanzarla adesso. Sono una persona di specchiata onestà. Specchiata. Ho girato la Campania in lungo e in largo, non ho mai avuto alcun tipo di segnale, nemmeno l’ombra di una richiesta. Evidentemente, laddove scenda a patti con la politica, la camorra sa scegliersi i propri interlocutori. Io non faccio parte di quel mazzo. Punto.
    Cosa pensa di ciò che è successo a Gaza?
    Non vorrei creare incidenti diplomatici.
    Non li crei.
    Sono dispiaciuta per i morti, ogni vita stroncata è qualcosa di gravissimo.
    Questo concetto non è in grado di creare il minimo incidente diplomatico.
    L’idea che mi sono fatta dai filmati è che i signori della Mavi Marmara se ne fregassero di portare viveri, coperte, aiuti. Che la loro sia stata una provocazione studiata, cercata. Poi so che Israele è permanentemente minacciato nel diritto a esistere.
    Quindi?
    Fino a quando ci sarà un paese che non si pronuncia sul diritto all’esistenza di Israele, il suo diritto a difendersi è sacro, per me. Gli errori che può fare, e ne può fare, sono ascrivibili all’interpretazione ansiosa di quel diritto e al fatto di viverlo troppo spesso in solitudine Non ad altro.
    L’Europa non la pensa così.
    Purtroppo. L’Italia, grazie a Berlusconi, non è ambigua rispetto al diritto di Israele. Sappiamo riconoscere la democrazia in un’area dove quel termine, diciamo così, non va forte. E aggiungo una cosa.
    Prego.
    Esiste un paese che a ogni ora minaccia di distruggere lo stato ebraico, magari con la bomba atomica. Mi chiedo perché non si reagisca contro quel paese con estrema durezza.
    Nei confronti dell’Iran sono state decise sanzioni.
    Abbiamo già visto che servono a poco. Occorre reagire in maniera inequivocabile contro chi rappresenta quel paese e la sua idea, tanto fissa quanto ignobile.
    Tornando alla Mavi Marmara?
    Si sono difesi da un linciaggio. Ciò che fa più rabbia è avere dovuto leggere menzogne anche su questo.
    Le sono mai giunte delle scuse per le volgarità lanciate su di lei?
    Più che scuse, alcuni riconoscimenti.
    Da parte di chi?
    Da Dario Franceschini e da Rita Levi Montalcini, che mi ha mandato una lettera bellissima.
    Vuole rendere pubbliche le sue parole?
    No, è una lettera privata.
    Non si è sforzata poi molto, la sinistra.
    A sinistra hanno un’attitudine particolare a salire in cattedra senza averne titolo.
    Il suo giudizio è legge.
    Ci hanno inculcato un complesso d’inferiorità da cui è faticoso liberarsi. Personalmente ce l’ho fatta: non ce l’ho più.


    Panorama.
     
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  2. sghizzo1989
     
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    Lo so io che eri prima e cosa sei tuttora.
     
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  3. !Hysteria.
     
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    Beh più che cenerentola,direi escort
     
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  4. cris9903
     
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    beh ragazzi voi dite così solo perchè è stata portata da Berlusconi...secondo me è una dei pochi politici che sta facendo bene
     
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