Scontri a Roma dopo il voto di fiducia al governo Berlusconi

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. sghizzo1989
     
    .

    User deleted


    SCONTRI A ROMA – Tre ore di scontri, centinaia di ragazzi contro le polizie nel centro storico di Roma, la capitale bloccata da barricate di legna in fiamme, turisti in fuga, commercianti asserragliati nei negozi, dieci auto bruciate e così venti cassonetti e un compattatore dei rifiuti, sei mezzi delle forze dell´ordine gravemente danneggiati, decine di pali divelti, centinaia di sampietrini lanciati, quattro banche sfondate. Dopo tre ore di scontri 97 feriti, di cui 57 tra le forze dell´ordine. E ventiquattro ragazzi arrestati, diciassette denunciati.

    Scorrendo le residenze dei fermati – Trento, Asti, Genova, poi Pisa, Forlì, Orvieto, Todi, Chieti, Teramo, Pescara e Napoli, Bari, persino la Francia – e le loro comprese età tra i sedici e i ventott´anni (a parte un 34 enne e un 37 enne) si comprende come la marcia dei centomila, pacifica dall´università La Sapienza fino alla residenza del premier, fosse formata da studenti medi e molti universitari di tutto il paese (c´erano anche veneziani, padovani, milanesi, bolognesi e gruppi di Urbino, Salerno, Benevento) più alcuni giovani greci e marcantoni dell´anticapitalismo tedesco molto attivi al telefonino. L´idea dello sfondamento della zona rossa, i palazzi del potere protetti da sessanta blindati a chiudere i varchi d´accesso del centro storico con milleseicento uomini riparati dietro, era annunciata da giorni dalla Generazione P. e la possibilità di una degenerazione violenta si comprendeva già dalle prime ore del mattino. «Uccidere un fascista non è un reato…», tornava a risuonare nei cori degli anarchici che impegnavano bandiere nere con il teschio.

    La prima deriva alle 12,46. La testa dell´ipercorteo, con gli ormai affermati book-bloc in prima fila, i libri da salvare dalle macerie Gelmini, scorre davanti a un presidio di blindati senza neppure fischiare, ma il gruppo di mezzo – i padovani, gli anarchici, i redivivi Carc – fanno seguire al tumulto il primo lancio di bastoni e bombe di vernice dentro palloncini e palle di natale. I carabinieri, da dietro i mezzi, tirano qualche manganellata. L´accerchiamento forzato della zona rossa prosegue lungo via delle Botteghe oscure e Largo Argentina. A fianco della libreria Feltrinelli, come due settimane fa, c´è l´unico varco lasciato libero: consente un ingresso stretto che porta a Montecitorio, ma quelli della Sapienza proseguono lungo corso Vittorio Emanuele II e scelgono di tentare l´assalto al Senato da corso Risorgimento, zona piazza Navona. Libri-scudi alti, caschi serrati: l´assalto, in realtà, sono altri quattro minuti di bombardamento dei blindati e della polizia che non si vede. I manifestanti fanno esplodere alcune fragorose bombe carta. La replica è un fitto sparo di lacrimogeni che ricaccia indietro il corteo. Una successiva carica tiene gli studenti lontani dai centri della politica.

    Si riparte in corso Vittorio, ma sui Nokia rimbalzano i risultati della politica “assediata”: il governo Berlusconi ha vinto la gara della sfiducia, la frustrazione di piazza è un contagio che ferma la musica, i tamburi, i balli. Quelli di “Uniti contro la crisi” (c´è l´intramontabile disobbediente Luca Casarini, il consigliere comunale e leader di Action “Andrea “Tarzan” Alzetta) usano il pertugio di Torre Argentina per raggiungere piazza di Montecitorio via Pantheon. In via degli Uffici del Vicario un altro blocco blindato, e giù altri lanci, petardoni. Dal corteo principale, che nelle cento assemblee della vigilia aveva posto limiti al conflitto, aveva chiesto di mantenere alto il consenso tra la gente, si staccano blocchi di ragazzi che iniziano a sfondare le vetrine delle banche (Carige, Banca di Roma e Barclays nell´ordine), tirar giù cartelli, portarifiuti in ghisa. Si approda in lungotevere, paralizzando definitivamente il traffico e facendo saltare cinquemila corse dei bus: non c´è l´ombra di un poliziotto e quando i centomila arrivano all´Ara Pacis lo stile “black bloc” prende il sopravvento. Due vetri sfondati a una Mercedes nera parcheggiata, una molotov dentro, il primo incendio.

    Attraversando via Tomacelli un gruppo va a sfidare i finanzieri a difesa di via del Corso: mortaretti e petardi contro lacrimogeni. La violenza cresce e alle avanguardie violente si affiancano studenti, ragazzini, molte ragazze. La polizia prima arretra, poi insegue i gruppi nei vicoli attorno al Corso e in piazza Augusto Imperatore prima i manifestanti danno fuoco a un compattatore dell´Ama (450mila euro di danni, sarà il calcolo totale dell´azienda dei rifiuti) con le spazzine in fuga e poi alzano barricate con i tavolini sottratti al ristorante “Gusto”. Tutti in piazza del Popolo, passando per le vie interne oppure dal lungotevere. Le forze dell´ordine confluiscono lì con ventidue blindati, ma spesso vanno sotto: la violenza ora è di massa, di una generazione intera. Molti agenti cercando lo scontro personale, gli universitari che vanno a terra vengono seppelliti di calci e manganellate, alcuni funzionari perdono il controllo e ammanettano a caso. Ormai, e sono le tre e quaranta del pomeriggio, i sanpietrini volano sui caschi di poliziotti, carabinieri e finanzieri dalle quinte del Valadier, le strade che s´affacciano su piazza del Popolo. Quelli di Terzigno, saliti dal Napoletano con i loro sacchi di spazzatura, mostrano la loro esperienza. Per attaccare i blindati alcuni usano picconi, addirittura, racconta la polizia, versa liquido infiammabile sulla carrozzeria. I cinque cortei iniziali, spezzati dalle cento cariche, sono diventati un rivolo di rivoltosi aggrumati in via Flaminia, nelle strade che si affacciano su Prati, lungo il Muro Torto. Gli automobilisti non applaudono più gli studenti, come hanno fatto per quattro settimane. Qualcuno rischia di essere travolto dai lanci di bottiglie e pietre e così chi si affaccia dalle finestre. I cassonetti con le ruote, come in un film di Spielberg, vengono dati alle fiamme e spinti contro la polizia. Le auto in fiamme iniziano a suonare da sole e poi esplodono.

    Gli studenti medi da un pezzo hanno lasciato la strada, quelli della Link, motore della protesta anti-Gelmini, hanno deciso di sciamare verso le metropolitane: ogni regola, che hanno provato a gestire, in questa giornata è saltata. A tarda sera scriveranno: «Non volevamo essere coinvolti negli scontri di piazza a seguito di iniziative separate dal resto del corteo». Ma chi è rimasto in piazza dice: «I black bloc non esistono, la rivolta è stata molto naturale, sostenuta da un sentimento collettivo. Quando gli agenti schierati sono indietreggiati sotto la nostra spinta in piazza del Popolo ci hanno applaudito tutti i manifestanti».

    Repubblica
     
    .
0 replies since 15/12/2010, 09:24   66 views
  Share  
.